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Franco Vanni per “la Repubblica”
Le richieste di pena della procura erano severe. La decisione della prima Corte d’Assise in alcuni casi le ha addirittura superate. Nove anni di carcere a Giulia Maria Sergio, detta Fatima, la ventinovenne partita nel settembre 2014 da Inzago nel Milanese per la Siria, per combattere nello stato islamico. Stessa pena per Bushra Haik, cittadina canadese, condannata per avere indottrinato Fatima. Dieci anni per il marito della Sergio, Aldo Kobuzi, contro i nove chiesti dai pm.
Quelle di ieri sono le prime condanne in Italia a foreign fighters effettivamente partiti per il territorio della «organizzazione terroristica nota come Stato islamico», come recitano le imputazioni. Ed è proprio dell’accusa di terrorismo internazionale che rispondono Fatima, Bushra, Aldo, la madre e la sorella dell’uomo, condannate entrambe a otto anni. Secondo le informazioni raccolte dalla Digos, che ha condotto l’indagine, si trovano tutti nel territorio dell’is, arruolati nella jihad.
«Venite in Siria, qui tagliamo teste, presto lo faremo anche a Roma», diceva tramite Skype Fatima ai genitori, intercettata dagli investigatori. E ancora: «Se voi vedete i mujaheddin cosa fanno per amore di Allah. .. lasciano case, soldi, mogli e vengono qui a combattere». Li aveva anche convinti a lasciare l’Italia e a raggiungerla in Siria, «a combattere gli infedeli», perché «il miscredente va bruciato vivo», come insegnava Bushra nelle sue sessioni di propaganda online. Ma i genitori di Fatima, Assunta e Sergio Sergio, sono stati arrestati a fine giugno 2015, prima di potere compiere il viaggio.
MARIA GIULIA SERGIO ALIAS FATIMA
Assunta è morta tre mesi dopo, a seguito di un’occlusione intestinale. Il marito ieri è stato condannato a quattro anni di reclusione, per il reato di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo. Le indagini coordinate dai pm Paola Pirotta e Maurizio Romanelli — già capo del pool antiterrorismo milanese e oggi alla Dna — hanno dimostrato come il sessantenne abbia contribuito a istigare la moglie a partire per la Siria.
MARIA GIULIA SERGIO CON LA SORELLA MARIANNA
L’uomo, agli arresti domiciliari in Campania, è l’unico dei condannati a trovarsi in Italia e ad avere preso parte al processo. Per gli altri cinque condannati la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Ilio Mannucci, ha disposto l’espulsione qualora dovessero tornare dalla Siria.
Sergio Sergio è anche l’unico degli imputati a cui siano state riconosciute le attenuanti generiche. L’uomo nel 2014 aveva chiesto la liquidazione all’azienda in cui aveva lavorato come operaio; quei 25mila euro gli sarebbero serviti per raggiungere la Siria. Si era fatto crescere la barba. Dopo la conversione recitava il Corano, come un tempo aveva pregato da fervente cattolico. «Il mio assistito oggi ha rinnegato le scelte passate — dice il suo avvocato, Erika Galati — Sarebbe voluto partire per la Siria solo per ricongiungersi alla propria famiglia, con cui oggi non ha più rapporti».
MARIA GIULIA SERGIO PAPA E MAMMA
Da mesi Sergio Sergio non risponde alle lettere che la figlia Marianna, sorella di Fatima, gli manda dal carcere. Messaggi duri, con cui la ragazza accusa il padre di «non essere un vero credente». Di avere «tradito il messaggio del Profeta». La ragazza, anche lei arrestata a luglio 2015, lo scorso 23 febbraio è stata condannata con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
Da Inzago, dove da anni viveva tutta la famiglia Sergio, l’uomo ha deciso di trasferirsi a Casola, il paese della moglie. Lì sta scontando i domiciliari, e ha intrapreso un percorso di riavvicinamento alla religione cattolica, con dialoghi quasi quotidiani con un parroco.
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