
DAGOREPORT - L’ANSIA ATTANAGLIA LA ‘’MILANO DEL BALLO DEL MATTONE’’. ‘’QUI SALTA TUTTO!’’,…
MILANO NON SI E' INVENTATA NIENTE: IN ITALIA DA SEMPRE È TUTTO UN MAGNA MAGNA. A ROMA ANCHE UN BRUCIA BRUCIA – MUSSOLINI INAUGURO' GLI STUDI DI CINECITTÀ NEL 1937, GRAZIE A UN INCENDIO MISTERIOSO CHE INCENERI' GLI STUDI DELLA ''CINES'' – DAL LIBRO “PANNI SPORCHI A CINECITTÀ”: “MENTRE I TEATRI VENGONO INGHIOTTITI DAL CALORE ROSSASTRO, QUALCOSA È GIÀ PRONTO A RISORGERE DALLE CENERI. QUALCOSA PER CUI FORSE C'È BISOGNO DI QUELLE CENERI...” – GUARDA ''IL CASO'': I TERRENI SU CUI FURONO EDIFICATI PRIMA LA CINES E POI CINECITTÀ ERANO AMBEDUE DI PROPRIETÀ DI UNA SOCIETÀ ANONIMA, MA RICONDUCIBILE AL PRINCIPE DI TORLONIA - LA CINECITTA' DI LUIGI FREDDI, IL FASCISTA HOLLYWOODIANO... - VIDEO
BRUCIA!
Da “Panni sporchi a Cinecittà”, di Ronnie Pizzo (ed. Editoriale Olimpia)
RONNIE PIZZO PANNI SPORCHI A CINECITTA
«Così morirono in quella notte del 26 settembre gli stabilimenti più gloriosi d'Italia»
Luigi Freddi
Al fuoco! Al fuoco!
Le urla riempiono l'aria di una tranquilla notte romana.
Al fuoco! Al fuoco!
Sono le due del mattino del 26 settembre 1935.
Al fuoco! Al fuoco!
Non lontano dalla stazione Termini di Roma, divampa un incendio. Le fiamme stanno divorando i teatri di posa degli stabilimenti Cines in via Vejo e hanno davvero fame. Il suono della devastazione. Anche se lo scoppiettio e il fragore del fuoco sono i primi vagiti di una creatura nuova.
Mussolini inaugura Cinecitta, 1937
Un tenebroso venire alla luce. Un vero e proprio mors tua, vita mea. Una fenice a tutti gli effetti. Mentre i teatri vengono inghiottiti dal calore rossastro, qualcosa è già pronto a risorgere dalle ceneri. Qualcosa per cui forse c'è bisogno di quelle ceneri. Qualcosa per cui c'è ormai troppa attesa in Italia e di cui si è parlato e confabulato abbastanza.
Qualcosa che, con natali così focosi, quasi in stile peccato originale, non può che promettere già grandi cose per il futuro. E allora lasciamo l'annuncio di un così importante evento allo stesso direttore generale per la cinematografia Luigi Freddi:
INCENDIO STABILIMENTI CINES VIA VEIO ROMA 1936
In una stanza di edificio rimasto intatto, mentre fuori i vigili del fuoco combattevano coraggiosamente le fiamme, mentre l'incendio non cessava di minacciare gli edifici attorno a quello stesso in cui noi eravamo, mentre i presenti guardavano con angoscia l'immenso braciere e pensavano a speranze distrutte e a progetti ormai irrealizzabili, fu in tale drammatico momento che nacque... CINECITTÀ.
Mussolini accolto da Luigi Freddi all'ingresso di Cinecitta
Sì, la nostra Cinecittà, la fabbrica dei sogni, la meta di speranze e desideri, la creatrice di miti e divinità, la casa dell'«arma più forte», il cinema. Come tutti gli affari edilizi resi possibili da poco chiari eventi devastanti, tra i quali il più gettonato è senza dubbio l'incendio, anche in questo caso i misteri e i dubbi sono molti.
Ma forse è prematuro cercare di scoprire chi si nascondeva all'epoca dietro il nome di Principe di Torlonia, oppure perché sono stati scelti i terreni dove poi fu edificata, proprio quelli e non altri, oppure...
Meglio fare un passo alla volta, perché il cinema italiano esisteva già prima della nascita di Cinecittà. E non solo il cinema, ma anche tutto quello che si nasconde dietro a quest'arte da sempre così affascinante. E allora è meglio andare a conoscere i «genitori» di questa nuova creatura appena nata.
Due ambienti che avevano già regalato i loro piccoli scandali: mamma Cines e papà Istituto Luce.
Il principe Alessandro Torlonia
MEMORIE DI ROMA
Filippo Neri da Facebook
E’ successo più volte nella storia di Roma che, da oscure manovre di potere, siano nate grandi trasformazioni della città, a volte positive a volte negative. A cominciare dall’incendio del tempo di Nerone, passando per le opere di Sisto V e dei Barberini, fino a Roma capitale e al Ventennio.
Un esempio recente è quello degli stabilimenti cinematografici della Cines, che dal 1906, occupavano l’area di via Magna Grecia, tra via Veio e piazza Tuscolo. La produzione della Cines era stata rilevata nel 1926 dall’imprenditore Pittaluga, che ristrutturò radicalmente i teatri di posa, anche per l’arrivo del cinema sonoro.
Nel maggio del 1930 ci fu l’inaugurazione ufficiale dei nuovi teatri. Ma nel settembre del 1935 un vasto incendio, che pare fosse voluto, distrusse i teatri, che erano diventati di proprietà del senatore Carlo Roncoroni. Il Governo decise allora di realizzare Cinecittà, spostando gli studi nell’area sulla Tuscolana, su terreni dello stesso Roncoroni…
Mussolini inaugura Cinecitta, 1937
LUIGI FREDDI, IL FASCISTA HOLLYWOODIANO
Massimo M. Veronese per Corriere della Sera
L’idea, Luigi Freddi, la fissò sulla carta novant’anni fa, più o meno in questo periodo ed era un’idea folle come lui: costruire Hollywood alla periferia di Roma, tra la borgata del Quadraro, allora ultima appendice della città, e i Castelli, in via Tuscolana al civico 1055.
Lui che era nato a Milano ed era stato svezzato dalle suggestioni del futurismo meneghino, lui che la scuola, per i pochi soldi che giravano in casa, non l’aveva nemmeno finita: «A 18 anni ero futurista e volevo fare il giornalista - scriveva nelle sue memorie - sono autodidatta e ho imparato tutto da solo».
Un milanese ha creato il cuore di Roma, un milanese ha costruito la fortuna cinematografica della Capitale. Partendo dal niente se non dai propri sogni. Certo non è un tipo facile, Luigi Freddi. Il suo curriculum, nero come la pece, lo consegna a guerra finita al carcere e poi all’oblio, ma non al plotone di esecuzione.
Mussolini inaugura Cinecitta, 1937
Lo arrestano già ragazzino, con Marinetti e Boccioni, è via via volontario della Grande Guerra, legionario a Fiume con D’Annunzio, squadrista in camicia nera, padre degli avanguardisti, capo ufficio stampa del Partito fascista, inviato del Popolo d’Italia, il quotidiano fondato dal Duce, in un irresistibile crescendo di carriera che lo porta alla nomina con molte maiuscole a Direttore Generale della Cinematografia.
È l’eminenza grigia del cinema italiano, l’arma di propaganda più efficace nelle mani del Duce, il piedistallo su cui si costruisce il culto della sua personalità. «Il nostro regime ha ignorato il cinema commettendo un grave errore - spiega -, è il miglior strumento per parlare alle folle».
Brillante, mondano, gran giocatore «amava tutto ciò che era nuovo e moderno» racconta la figlia Angela. Dopo aver incontrato negli Stati Uniti David Wark Griffith, uno dei padri di Hollywood, capisce, lui che è appassionato di volo e che è arrivato negli States con i trasvolatori di Italo Balbo, che il cinema è la nuova frontiera del mondo.
Ha idee, personalità, capacità organizzative. Per questo Mussolini gli chiede una dettagliata relazione sul cinema che gli viene consegnata il 28 febbraio 1934 ma che stranamente non riceve risposta. Una sera al Teatro Quirino di Roma Galeazzo Ciano, ministro della Cultura popolare e genero del Duce, chiama in disparte Freddi durante un intervallo: «C’è Mussolini che ti vuole parlare».
«E allora Freddi? - gli domanda il Duce - questa relazione sul cinema arriva o non arriva?». E Ciano a spiegargli l’equivoco: «Non hai capito niente: non è la relazione sulla situazione americana che gli interessa ma proposte, proposte concrete per noi, qui in Italia».
La proposta concreta arriva due mesi dopo, nero su bianco: si chiama Cinecittà. «Io sognavo una nuova Hollywood, tutta italiana, i più grandi ed efficienti stabilimenti produzione al mondo». Lo aiuta involontariamente l’incendio del 1935 degli stabilimenti della Cines di via Veio, la culla del primo cinema italiano: è da quelle ceneri che nasce la Mecca del cinema.
In 475 giorni la California di periferia è pronta, sono i primi teatri al mondo progettati per il sonoro, il Duce la inaugura il 28 aprile 1937. «Non avevamo creato solo il più bel centro di produzione del mondo - è sempre Freddi a raccontare - ma inventato anche una parola bellissima. Cominciai a chiamarla La Cinecittà, e un po’ alla volta è diventata per tutti semplicemente Cinecittà».
Vuole un cinema di Stato ma non di propaganda, più telefoni bianchi che camicie nere, film che piacessero più ai botteghini che ai gerarchi. Cinecittà non è solo la città del cinema, con i suoi stabilimenti, i teatri di posa, gli uffici, i magazzini, i laboratori, i ristoranti ma un mondo a parte, la città dell’immaginazione e del sogno, con i suoi tremila e passa film girati, 51 premiati con l’Oscar, un simbolo di Roma come il Colosseo e il Cupolone.
«Là dentro - diceva Roberto Benigni - ci sono tutta la nostra storia e i nostri sogni». Ma il primo tempo di Cinecittà si chiude con la guerra. Distrutta dai bombardamenti alleati, saccheggiata dai tedeschi, rifugio di sfollati rinasce con i dollari americani, i kolossal hollywoodiani, la Dolce vita fino agli Spaghetti western, il Gattopardo, il Padrino e l’arrivo della tv.
Luigi Freddi, caduta Salò a cui aveva aderito, cerca di espatriare in Svizzera ma viene arrestato alla frontiera e trasferito a Forte Boccea. Processato, viene assolto da 63 capi d’accusa, ma viene cancellato da tutte le cariche pubbliche, sparisce agli occhi di tutti quando la sua creatura vive il suo massimo splendore.
Lui continua a fare il giornalista con il quotidiano Il Tempo, scrive un libro pieno di dolore sul cinema, sposa la bellissima Marina Shaljapina, figlia del basso russo Fjodor, ma il cuore batte sempre per la sua Cinecittà. «Io non so quale sarà il mio destino futuro ma so con certezza che comunque io gioirò o soffrirò del destino del cinema italiano».
Muore a Roma nel 1977 a 81 anni anni, lo riscopre di recente, un docufilm dell’Istituto Luce «L’arma più forte» con la regia di Vanni Gandolfo, a dargli la voce è Diego Abatantuono. Perché la sua non c’è neanche registrata. Invisibile in tutto. «Perché chi lo osannava prima - dice la figlia Angela - lo ha distrutto dopo».
STABILIMENTO CINES
Cines
Cines
INCENDIO STABILIMENTI CINES VIA VEIO ROMA 1936
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