DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Concetto Vecchio per “la Repubblica”
«Troppe ingerenze. Forse i tempi non sono maturi. Meglio interrompere qui il processo di beatificazione di Aldo Moro: la sua anima, che sta già al cospetto di Dio, si salva anche così». Parole pesanti come pietre quelle dell’avvocato Nicola Giampaolo, il postulatore che da tre anni, per conto della Chiesa cattolica, coordina la raccolta delle testimonianze in favore della beatificazione dello statista dc ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978.
«La gente quando mi riconosce per strada si mette a piangere al ricordo della tragedia: mio padre era santo, e io lo sapevo già», aggiunge Maria Fida Moro, una delle figlie. «Ma concordo con Giampaolo: nel Palazzo la figura di papà divide ancora, e allora forse è meglio lasciarlo in pace».
Tutto ruota attorno a uno dei misteri irrisolti dei 55 giorni: il leader dc si confessò o no a un sacerdote, Antonio Mennini, nel covo di via Montalcini? È la tesi sostenuta dall’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga e dal portavoce di Moro, Corrado Guerzoni. «Non è vero niente», ha ribadito Mennini, oggi nunzio apostolico in Gran Bretagna, dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta Moro lo scorso 9 marzo. Buttando però lì una supposizione della vedova Moro: «Sarà stato un prete amico dei terroristi».
ALDO MORO IL COVO BR DI VIA GRADOLI
Ora Giampaolo cita alcuni articoli scritti da due dei promotori della causa di beatificazione, Luigi Ferlicchia, il presidente dei centri studi Moro, e Pietro Pepe, già presidente del Consiglio regionale in Puglia. Entrambi avrebbero sollevato dubbi sulla veridicità della deposizione di don Mennini. Giampaolo non ha gradito: «Non è ammissibile che due parti attrici della causa polemizzino con un prelato. Ciò rappresenta la rottura di un rapporto fiduciario che mette a rischio l’intera causa. Anche alcuni membri della Commissione parlamentare hanno posto in dubbio le parole di don Mennini: tutto questo crea un clima non sereno. Inoltre Maria Fida Moro è stata trascinata davanti al tribunale diocesano a mia insaputa. Brutti segnali. Il mio allarme quindi è un atto doloroso, ma necessario».
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