niccolò celesti

I FLOTILLEROS ORA SE LA DANNO A GAMBE! IL FOTOREPORTER NICCOLÒ CELESTI MEJO DI ARCHILOCO: INVECE DELLO SCUDO, GETTA LA MACCHINA FOTOGRAFICA E LASCIA LA FLOTILLA - “LA MISSIONE NON ERA ENTRARE NELLE ACQUE DI GAZA CONTROLLATE DA ISRAELE. NON VOGLIO RISCHIARE LA VITA. SE IL MINISTERO DELLA DIFESA CROSETTO E IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA TI DICONO DI TRATTARE PER VIE DIPLOMATICHE PERCHÉ NON POSSONO GARANTIRE LA NOSTRA INCOLUMITÀ, NON POSSIAMO NON DARE LORO CREDITO, SIGNIFICA CHE IL RISCHIO È REALE. NON SONO L’UNICO AD ESSERE USCITO, MOLTI LA PENSANO COME ME E SONO VENUTI VIA…” - DALL'EX SINDACA DI BARCELLONA ADA COLAU AL MOZZO GRETA THUNBERG, DAL NIPOTE DI MANDELA FINO AI PARLAMENTARI ITALIANI DI PD E M5S, DA CHI E' COMPOSTA L'ARMATA BRANCALEONE DEI MARI...

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Jacopo Storni per corrierefiorentino.corriere.it - Estratti

 

niccolò celesti

Il fotoreporter fiorentino Niccolò Celesti ha lasciato la missione della Global Sumud Flotilla.

 

Niccolò Celesti, dove ti trovi adesso?

Sono a Creta, in un porticciolo vicino Lerapetra, tornerò in Italia. Devo portare avanti l’altra missione umanitaria che svolgo in Ucraina e poi mi organizzerò per una nuova missione per Gaza. Sono uscito dalla mia barca passando dall’imbarcazione Family, dove ho chiarito le mie intenzioni di scendere a Thiago Avila, membro del comitato direttivo, che stimo per il coraggio come molti altri a bordo. Ci siamo stretti la mano amichevolmente e sono tornato a terra.

 

Perché hai interrotto la missione?

Perché non ero più allineato alle idee del comitato direttivo, si erano create troppe divergenze. Non sono l’unico ad essere uscito, molti la pensano come me e sono venuti via, ciò non vuol dire che non credo nella missione, anzi vorrei ancora essere a bordo ma ho fatto un passo indietro proprio per non creare tensioni all’interno del gruppo. È stato come abbandonare una montagna a pochi passi dalla vetta, è stata una scelta sofferta e ponderata per giorni.

 

Quali divergenze ci sono state?

niccolò celesti

Prima di partire, durante i training a Catania, ci era stato chiaramente detto che l’obiettivo non era quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza, che sarebbero palestinesi anche se sono controllate da Israele. Sono state divergenze ma con lo stesso obiettivo finale, aiutare il popolo palestinese. Io sono pronto a rischiare l’arresto, le difficoltà e i pericoli, ma non a rischiare la vita senza un’analisi seria delle modalità con cui si arriva a quella capitolazione, senza una reale possibilità di successo per Gaza, e senza una strategia concreta per proteggere la vita dei volontari e delle persone coinvolte in questo progetto.

 

Eppure lo slogan era rompere l’assedio?

Era uno slogan, a noi avevano detto che l’obiettivo era smuovere le coscienze del mondo attraverso questa sorta di azione provocatoria e restare in acque internazionali, ovviamente il più vicino possibile a Gaza.

 

Certo, non mi aspettavo di farmi una vacanza, il rischio era quello di un eventuale arresto in acque internazionali, sapevamo che Israele avrebbe fatto interventi sulle barche, ma la linea rossa era ed è quella di non entrare nelle acque israeliane e nelle acque controllate da Israele perché anche se non riconosciamo la sovranità di Israele in quelle acque, purtroppo in quel mare la legge internazionale non funziona e quindi significa andare a mettersi nelle mani di un esercito che sta compiendo un genocidio, e non credo abbia molto senso.

 

niccolò celesti

Quando hai capito che invece l’obiettivo era diverso?

La lampadina mi si è accesa durante la navigazione, quando ho scoperto che queste linee rosse che ci erano state assicurate prima della partenza, in realtà non erano più le stesse.

Le parole del ministro Crosetto e del presidente Mattarella hanno influito?

Beh, se il ministero della difesa e il presidente della Repubblica ti dicono di trattare per vie diplomatiche perché non possono garantire la nostra incolumità, non possiamo non dare loro credito, significa che il rischio è reale. Queste parole hanno influito perché per me trovare una soluzione deve includere ancora tutte le possibili strade, anche quelle diplomatiche.

Che rischio corrono adesso gli attivisti?

C’è il rischio che possa scapparci il morto, la situazione potrebbe sfuggire di mano. Anche ammesso che si riuscisse a rompere il blocco ed entrare nelle acque di Gaza, la distribuzione degli aiuti – che sarebbero comunque in quantità limitata – rischierebbe di trasformarsi in un bagno di sangue, per noi e per i civili palestinesi dato che lo sbarco degli aiuti potrebbe trasformarsi in un caos. E credo che tutti sappiano quanto questa possibilità sia, di fatto, irrealizzabile.

 

Quindi un po’ di paura l’hai avuta?

global sumud flotilla

Più che paura, è una visione diversa delle cose, io avrei fatto diversamente e l’ho anche proposto con una lettera. Le missioni umanitarie vanno fatte anche con un po’ di raziocinio, senza andarsi a cercare il massacro, e con un po’ di disponibilità a trattare diplomaticamente, senza rigidità estreme.

 

Cosa hai proposto?

Avremmo potuto trattare, e chiedere di seguire la consegna a Cipro degli aiuti fino al confine con Gaza, insieme a qualche attivista e qualche giornalista, ma la mia proposta non è stata presa in considerazione.

 

Ti sentivi di rischiare troppo?

Per come si sono messe le cose, direi di sì. Non ero venuto per martirizzarmi. O meglio: non ero venuto per martirizzarmi senza razionalità. Quando ci sono troppe incomprensioni, è chiaro che il rischio aumenta.

 

Cos’è stata per te la Flotilla?

Global Sumud Flotilla

Credo che senza questi ragazzi e ragazze, queste persone che sono disposte a tutto per difendere il popolo palestinese, siano arrivati a far parte di un evento storico, creando una attenzione ed un messaggio a livello mondiale e creando una pressione e una attenzione mia vista prima.

 

(...)

 

CHI C'E' A BORDO

Eleonora Camilli per “la Stampa” - Estratti  

 

C'è chi la definisce un'armata Brancaleone, piena di buoni sentimenti e poca responsabilità. E chi vede negli uomini e nelle donne a bordo di quelle navi il coraggio e la determinazione che sono mancati nelle cancellerie internazionali per ristabilire il diritto e l'umanità a Gaza. 

 

Di certo, la Global Sumud Flotilla, la più grande missione marittima civile mai tentata verso la Striscia, è un universo di mondi. C'è l'ala movimentista, ci sono le ong, i parlamentari nazionali ed europei, e poi scrittori, operatori umanitari e marinai. E gente comune.

ADA COLAU

 

(...)

Attualmente sono 43 le navi in viaggio. Hanno ripreso la rotta solo due giorni fa dopo una sosta tecnica a Creta, dovuta anche ai danneggiamenti subiti dopo l'ultimo attacco in mare subito la settimana scorsa, che ha lasciato ferme due barche: la Zefiro e la Family. Altre otto barche si sono unite sabato da Catania. Fanno parte della Thousand Madleens to Gaza & della Freedom Flotilla Coalition. Tutta la flotta dovrebbe arrivare nelle acque di fronte a Gaza, su cui Israele ha imposto il blocco navale, tra mercoledì e giovedì. A bordo delle navi ci sono anche 45 tonnellate di aiuti per la popolazione palestinese. 

 

«Alla meta mancano 400 miglia» ha annunciato ieri uno dei due portavoce della delegazione italiana Tony La Piccirella, pugliese, alla sua seconda missione. Nel luglio scorso era stato arrestato dall'Idf quando si trovava a bordo della nave Handala, intercettata insieme alla Madleen nel tratto di mare di fronte la Striscia mentre tentava la consegna degli aiuti. Veterana del movimento è anche l'altra portavoce italiana, ieri arrivata a Roma per provare a trovare una mediazione con il governo.

 

Maria Elena Delia, amica storica di Vittorio Arrigoni, detto Vik, attivista ucciso nel 2011 e diventato un simbolo per gli attivisti insieme al suo motto manifesto "restiamo umani". In tutto la delegazione italiana è formata da 40 persone (10 hanno deciso di sbarcare a Creta) tra cui quattro parlamentari: Benedetta Scuderi di Avs, Marco Croatti del Movimento cinque stelle, Arturo Scotto e Annalisa Corrado del Partito democratico. I due dem sono sulla barca Karma di Tom (Tutti gli occhi sul Mediterraneo) il progetto dell'Arci nato per monitorare la migrazione in mare. Nella stessa barca c'è anche Yassine Lafram, presidente dell'Unione delle comunità islamiche d'Italia (Ucoii). 

global sumud flotilla scotto corrado

 

Ma sulla flotta, che nasce da una coalizione internazionale in cui rientrano tra gli altri il Global Movement to Gaza, il Maghreb Sumud flotilla e il Sumud Nusantara, ci sono persone che arrivano da 44 diversi paesi. Il volto più noto a bordo è quello di Greta Thunberg la giovane attivista svedese leader del movimento sul cambiamento climatico, Fridays for Future. 

Anche Thunberg aveva già tentato l'approdo a Gaza nei mesi scorsi con il conseguente arresto. Era poi entrata inizialmente nel gruppo direttivo della Flotilla, poi in disaccordo sulle modalità di comunicazione della missione, ha lasciato il ruolo rimanendo però parte dell'equipaggio.

IL VIAGGIO DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

 

Insieme a lei è in viaggio l'ex sindaca di Barcellona, Ada Colau per «aprire il corridoio umanitario che dovrebbero aprire i governi». 

 

Tra i navigantic'è poi Nkosi Zwelivelile Mandela, detto Mandla, ex parlamentare, nipote di Nelson Mandela che ha deciso di imbarcarsi ricordando che «l'apartheid che sta subendo Gaza, è la stessa che ha già vissuto il Sudafrica». Della missione fa parte anche la scrittrice irlandese Naoise Dolan. «Quasi nessuno ha inviato giornalisti o scrittori su queste flottiglie ma qualsiasi cosa stiamo per incontrare ha bisogno di testimoni - ha sottolineato -. Io in particolare navigo in solidarietà con 221 giornalisti assassinati a Gaza». 

IL VIAGGIO DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA

 

L'attivista ed economista brasiliano Thiago Avila è, invece, il volto più noto del comitato direttivo. Avila anche lui al secondo tentativo di arrivare a Gaza è anche tra i principali organizzatori dell'operazione. Insieme nel gruppo direttivo ci sono tra gli altri la storica greca Kloniki Alexopoulou, Yasine Acar, turco tedesca impegnata nella Coalizione Flottiglia della libertà e Saif Abukeshek, palestinese che vive a Barcellona membro della Conferenza popolare per i palestinesi all'estero. 

 

 

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