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Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”
A mezzanotte Vasto è deserta. Nell' oscurità di via Roma si muovono solo due ombre: sono Lina e Roberto Di Lello, appena rientrati da una lunga drammatica giornata. Li avviciniamo e, stranamente, questa volta desiderano parlare. «Fabio stava male, molto male...», sospira la signora come se avesse ripetuto mille volte queste parole dal giorno del delitto, quando suo figlio Fabio ha fatto la scelta più folle macchiando con il sangue una vita onesta: tre colpi di pistola sparati a Italo D'Elisa, colpevole di aver travolto e ucciso sette mesi fa in un incidente stradale l' amatissima moglie Roberta.
«L' incidente ha cambiato la vita di tutti. Fabio non è riuscito ad accettare la morte di Roberta. Andava al cimitero anche di notte, saltava il muro e stava lì con lei. Sempre, notte e giorno. Poi ha smesso con le notti ed entrava alle 7 del mattino, quando aprivano i cancelli, tornava a mangiare un boccone, poi di nuovo lì fino alle 6 di sera, l' orario di chiusura. Un' ossessione: suo fratello lo invitava a Roma e lui rifiutava: "E poi chi ci sta con Roberta?". Gli dicevo Fabio tu non puoi vivere così, ma lui si arrabbiava».
È stata una settimana da incubo per mamma Lina e papà Roberto, storico fornaio di Vasto dove lavorava anche Fabio. «Io mi vergogno a uscire di casa, mi vergogno di tutti adesso», scuote la testa questo padre affranto dal dolore, un omino mite dagli occhi buoni.
«Ogni tanto di qua passava Italo con la macchina nera della fidanzata, una piccola Chevrolet e Fabio si agitava: "C' è quello lì". Lo chiamava così il ragazzo, "quello lì". E gli dicevo "ma che t' ha fatto, Fabio?".
"Guardava dentro". Poi si girava: "Io l'accido quello lì"». Lo voleva uccidere? «Ma no, era solo un modo di dire. Lui faceva così: "Ci penso io" e se ne andava sbattendo a porta».
Tira un forte vento e fa freddo. La signora ci fa entrare in casa. E qui tutto parla di Fabio: un quadro, le foto del matrimonio, i ritagli di giornale quando lui giocava a calcio. «Lo chiamavano il Gladiatore perché sul campo era uno che lottava, per questo ha messo quell' immagine su Facebook, non per la vendetta».
Ci sediamo intorno al tavolo della cucina, la signora porta un liquore di genziana e un ratafià fatto dal signor Di Lello. «Roberta era incinta» «Oggi possiamo confermarlo, non avevamo mai voluto parlarne prima: Roberta era incinta. Volevano annunciarlo il 2 luglio, il giorno dopo l' incidente. Avevano organizzato una festa in famiglia proprio per questo... Grandi progetti, grandi sogni, pensavano di aprire un negozio con un minimo di ristorazione a base di pane. Erano felici...».
Dopo la tragedia la mente di Fabio si è ammalata. «Era in cura da tre specialisti. Due giorni prima del delitto avevo chiesto che fosse ricoverato perché lo vedevo male», rivela la madre. Perché non l' hanno fatto? «Perché la dottoressa mi ha detto che era possibile solo se lo chiedeva lui. Funziona così. Io sono laureata in psicologia, un po' me ne intendo...».
La signora parla a ruota libera mentre il marito si addormenta sul tavolo, stravolto.
«Non sapevamo della pistola» «Io so che a sei mesi dal lutto o ti riprendi o finisci nel tunnel e Fabio è finito nel tunnel. Non ce l' ha fatta anche perché non accettava certe cose che leggeva sull' incidente prima di Natale, tipo che Roberta non aveva il casco allacciato eccetera. Da quei giorni è andato sempre più giù».
ROBERTA SMARGIASSI E FABIO DI LELLO
A peggiorare la situazione, la pistola. Com' è possibile che girasse armato, con i fantasmi che aveva nella testa? Il signor Di Lello si sveglia. «Non sapevo che avesse una pistola. Lui aveva il porto d' armi sportivo perché andava a tirare al poligono. Dovevano toglierglielo. Chissà dove l' ha presa poi la pistola». In un negozio d' armi, a settembre. Una semiautomatica. L' ha usata mercoledì scorso premendo tre volte il grilletto davanti a Italo. Poi è andato al cimitero, come sempre.
«Da lì mi ha chiamato il papà di Roberta che era con lui - racconta la madre -. Vieni qui perché è successa una cosa grave. Oddio, si è ucciso, ho pensato. Sono corsa al cimitero e lui mi è venuto incontro. Mi ha abbracciato fortissimo, così forte da lasciarmi i segni qui. "Ti voglio bene", mi ha detto. Aveva ucciso il ragazzo...Ma perché, perché l' hai fatto?
Non potevi fare una scazzottata che almeno non moriva nessuno?».
Non riesce a dire altro la mamma di Fabio. Parla il papà: «Questa è stata una guerra, ci sono tre famiglie distrutte dal dolore. Roberta è morta e ora è morto anche quel ragazzo e io sento un grande dolore per lui e per la sua famiglia. Devono morire i vecchi, non i giovani. Non so più cosa dire, cosa pensare. Spero almeno che torni la pace fra tutti». Sono le due di notte, i signori Di Lello ci salutano tentando un sorriso. Ma è tutto terribilmente triste.
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