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“HOOYAH HOOYAH HOOYAH” – IL GRIDO DI GIOIA DEI NAVY SEALS THAILANDESI CHE SONO RIUSCITI NELL’IMPRESA DI SALVARE I 12 RAGAZZINI. ECCO COME HANNO FATTO (VIDEO) – ADDETTI ALL’ANTI DROGA, I SOLDATI SI SONO GETTATI NELL’OSCURITÀ INSIEME AI VOLONTARI E ORA SONO DIVENTATI DELLE STAR IN TUTTO IL MONDO

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Marta Serafini per il “Corriere della Sera”

 

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«Hooyah Hooyah Hooyah». Difficile dire come festeggeranno per davvero. Ma di una cosa c' è da stare certi: a qualcuno dei protagonisti di questo salvataggio con la S maiuscola i produttori di Hollywood già accorsi sul posto lo chiederanno presto. Un film, un libro, un' autobiografia, che il titolo c' è già, facile facile, ed è il grido di vittoria che il mondo intero ha imparato a conoscere.

 

Due settimane di lavoro, 90 uomini, 40 Navy Seals thailandesi, 50 volontari internazionali, un dottore sul campo. «Quanti siete? Tredici, "Brilliant"!». Prima la ribalta è toccata ai britannici, Rick Stanton e John Volanthen, protagonisti del ritrovamento dei 13 dispersi.

 

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Due speleo-sub veterani, che nel 2010 tirarono fuori con le loro mani il corpo del collega francese Eric Establie, rimasto bloccato a 780 metri di profondità nel Sud della Francia. Poi, con il passare dei giorni, i protagonisti dell' operazione sono diventati i Seals thailandesi.

 

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Addetti generalmente a operazioni anti droga e anti terrorismo, questi soldati sono andati ben oltre le loro competenze. Giù nell' oscurità, a fianco del team «all star» dei volontari.

Due per ogni ragazzino, uno davanti e uno dietro, armati solo di bombole e muta, che nemmeno le pinne si potevano usare.

 

Guide nel buio e nella paura, oltre alla prestanza fisica ci hanno messo cuore e testa, facendo ridere i ragazzi quando la situazione diventava disperata, stando attenti a ogni segnale, senza lasciare che l' ansia prendesse il sopravvento.

 

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Umili e a testa bassa. Nemmeno la paura li ha fermati, dopo che il loro ex collega addetto al rifornimento delle bombole è morto cercando l' ultima bolla d' aria che non c' era più.

 

Anzi, è stato anche per lui che i Seals sono andati avanti, per Saman Kunan che si era preso le ferie per aiutare e ha smesso di respirare a Tham Luang. E per un sub buono, ce n' è uno cattivo, come il belga Ben Reymenants, cacciato con ignominia dal «dream team» per aver svelato il piano alla stampa.

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Luci e flash sempre più prepotenti. Mentre la pressione mediatica (e politica) cresceva, i Seals non si sono fermati davanti alle telecamere. A parlare con i giornalisti ci ha pensato il capo delle operazioni di soccorso, Mr. Narongsak Osatanakorn, che ieri quasi in lacrime ha detto: «Non ce l' avremmo mai fatta senza l' affetto del mondo».

 

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Per chi va in prima linea meglio unire le mani e abbracciarsi i polsi, a farsi forza prima della battaglia. Perché laggiù nel buio le telecamere non sono state certo di aiuto. Poi, ieri l' ultimo «Hooyah Hooyah Hooyah» e la foto ricordo dei quattro ultimi Seals con il volto coperto dagli occhiali scuri.

Come in ogni storia che si rispetti, c' è sempre chi cerca di accaparrarsi il ruolo di protagonista. Inosservato, di certo, non è passato il magnate di SpaceX Elon Musk, arrivato in Thailandia con minisommergibili per bambino al seguito.

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Un atto di generosità o sciacallaggio mediatico? Di fronte all' offerta i thailandesi non si sono troppo scomposti e, dopo che Mr. Osatanakorn ha detto «anche no, grazie», il delicato compito di rifiutare è stato lasciato al primo ministro Prayuth Chan-ocha.

 

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Più di aiuto invece sembrano essere stati gli israeliani di Max mesh che hanno fornito i walkie talkie fissati sulle pareti della grotta per comunicare e raccogliere dati. E non sono mancati gli italiani.

 

Niente speleologi o sommozzatori, di «nostro» c' erano le barelle Carrera Pro, utilizzate per trasportare i ragazzi e realizzate da una ditta del Parmense. Droni subacquei usati durante le ricerche, pompe per drenare l' acqua e maschere. E ora che la «mission impossible» è finita? «Non sappiamo se sia stato un miracolo, la scienza o qualcos' altro...

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», hanno scritto i Seals su Facebook. Ma per il mondo è già deciso: «Siete stati voi».

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