donald trump abu mazen

I PALESTINESI LO STATO LO VEDONO CON IL BINOCOLO - IL RICONOSCIMENTO È UNO NODO INTRICATO EMERSO CON FORZA DURANTE IL VERTICE DI SHARM EL -SHEIKH: TRUMP HA RINVIATO OGNI POSSIBILE DECISIONE A DATA DA DESTINARSI, MA PER MOLTI PAESI ARABI È UNA CONDIZIONE IMPRESCINDIBILE DELLA NEGOZIAZIONE -  L’IMPRESSIONE È CHE “THE DONALD” NON ABBIA ALCUNA INTENZIONE DI COINVOLGERE IL MONDO PALESTINESE...

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Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”

 

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donald trump

La fase 1 è chiusa, il percorso della seconda è costellato di dubbi e balzi. L'approdo verso lo Stato palestinese, previsto pur se come aspirazione nei punti finali del piano Trump, è un nodo intricatissimo.

Il presidente Usa ha rinviato la decisione.

 

Parlando con i reporter che l'hanno seguito nel "tour de force" mediorientale, ha sottolineato che ci sono diverse posizioni al riguardo: «Molti vogliono uno Stato solo, alcuni propendono per la soluzione dei Due Stati. Vedremo, non ho commentato su questo». Ha quindi sottolineato che nelle ore trascorse in Egitto ha discusso di ricostruzione e non di assetti politici futuri.

 

il piano di trump per il medio oriente

Il riferimento è a una frase di Abdel Fattah Al-Sisi, presidente egiziano, che aveva esplicitamente evocato durante il bilaterale l'approdo a uno Stato palestinese che per molti Paesi – e i pagatori della ricostruzione di Gaza affacciati sul Golfo arabo – è una condizione imprescindibile nel cammino negoziale.

 

Washington, dice a La Stampa un analista vicino all'Amministrazione, ha un problema con il mondo palestinese al di là dell'indicazione sulla creazione di uno Stato. «Se non inizia a coinvolgerlo è un rischio».

 

In realtà quel che negli ultimi mesi l'Amministrazione ha fatto è tentare di isolare e mettere sotto pressione l'Autorità nazionale palestinese.

Ci sono almeno tre svolte che vengono fatte notare rispetto all'approccio di Biden. La prima è la decisione del segretario di Stato Marco Rubio – in primavera – di includere l'ufficio per gli affari palestinesi (Opa) all'interno dell'ambasciata Usa a Gerusalemme.

il messaggio di abu mazen all onu 2

 

L'Opa venne stabilito nel 2022 come una sorta di "risarcimento" ai palestinesi dopo che nel 2019 la precedente Amministrazione Trump aveva chiuso il consolato. Ma ai tempi di Biden gli uffici dell'Opa godevano di indipendenza. Non più con Rubio.

 

In settembre, inoltre, il Dipartimento di Stato ha negato il visto di ingresso a Mahmoud Abbas. Il leader dell'Anp avrebbe – come ogni anno – dovuto parlare all'Assemblea generale dell'Onu. Invece, sprovvisto del via libera, si è collegato.

 

donald trump

Washington ritiene che l'Anp sia corrotta e da riformare. È un'idea che già Antony Blinken sosteneva, ma pur invocando cambiamenti nella governance palestinese nella West Bank, l'Amministrazione Biden non aveva forzato l'isolamento e, soprattutto, aveva ritagliato, nei piani per il post conflitto a Gaza, un ruolo attivo per gli uomini di Mahmoud Abbas.

 

È un approccio che si salda con la visione dei Due Stati, terzo punto. Da 23 anni – giugno 2002 quando venne formulata compiutamente da George W. Bush e dai sauditi – è di fatto la policy ufficiale statunitense. Trump non l'ha smontata formalmente, ma in giugno il suo ambasciatore a Gerusalemme, Mike Huckabee, disse di «opporsi allo Stato palestinese». Aggiunse «in questo momento».

 

[…] la diplomazia Usa non ha mai fatto mistero di ritenere qualsiasi affermazione sul riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese «un ostacolo per il suo stesso raggiungimento». […]

 

tony blair

La questione più pressante resta l'avviamento della fase negoziale due che pone già due evidenti nodi. Uno è legato al disarmo di Hamas, che ieri Trump ha detto che deve avvenire e se non saranno i miliziani a farlo «lo faremo noi, anche con la forza».

Non ci sono secondo il presidente Usa spazi di manovra negoziale su questo punto.

Un altro aspetto è il ruolo ritagliato per Tony Blair, poco popolare fra i palestinesi. Al Sisi potrebbe sostituirlo nel "Board of Peace".

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