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M.Bo. per “la Repubblica”
«Risarcimento ridotto perché le vostre figlie non avevano la cintura di sicurezza: 70.000 euro per ciascuna, decurtati del 25%»: é arrivata come una nuova staffilata al cuore, la precisazione della compagnia assicurativa Ced ai familiari delle sette studentesse italiane che hanno perso la vita all’alba del 20 marzo scorso, a Freginals, in Catalogna, Spagna.
Le ragazze sono state vittime di un incidente del pullman che trasportava 57 persone, tutti studenti Erasmus, al termine di una festa.
«Amarezza e rabbia», ha espresso il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai familiari delle vittime. «Un’assurdità insopportabile per chi ha tanto sofferto e perso una persona cara», ha aggiunto.
L’ autista, immediatamente dopo l’incidente, ammise di essersi addormentato mentre era alla guida. E invece non è stato acclarato se effettivamente le ragazze indossassero, o no, la cintura. Sette sono state le vittime italiane, tra le tredici di quel tragico schianto: Valentina Gallo, Elena Maestrini, Serena Saracino, Francesca Bonello, Elisa Valent, Lucrezia Borghi, Elisa Scarascia Mugnozza. Avevano tra i 21 e i 26 anni e si trovavano tutte a Barcellona, per trascorrere il proprio anno Erasmus, di approfondimento di studio universitario all’estero.
A due mesi dalla tragedia, intorno al 20 maggio, i sette legali dei familiari hanno ricevuto una comunicazione dalla Ced, la compagnia assicurativa, che annunciava i propri calcoli: 70mila euro di risarcimento per i genitori, 20mila per i fratelli. E la rinuncia, in cambio, ad intraprendere le vie legali. Anzi, no. Secondo la Ced, le cifre andavano decurtate del 25% proprio perché le ragazze, al momento dell’incidente, non avrebbero indossato la cintura.
L’importo, che comunque i familiari delle studentesse avevano già deciso di devolvere in beneficenza così come ogni altro risarcimento che potrebbero ottenere in futuro, doveva essere accettato nel giro di dieci giorni: entro il 30 maggio. Così stabiliva, ancora, la lettera dell’assicurazione. Altrimenti la proposta sarebbe decaduta.
Nessuna delle famiglie si è fatta avanti, nessuna ha accettato un risarcimento che non potrà mai risarcire nulla, ma che, posto a queste condizioni, sollevando una sorta di “concorso di colpa” delle vittime nella dinamica dell’incidente, le ha ancora più saldate insieme, pronte a portare avanti la causa civile e penale in Spagna, ma soprattutto a tentare di trasferire in Italia quella civile. Inoltre, le famiglie sono sempre più compatte: stanno per fondare l’associazione “Parents of Erasmus Generation”, «perché non accada più nulla a chi parte per l’Erasmus», dicono.
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