“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Kumbh Mela 2025 - reportage di Gloria Bazzocchi e Alessandro Papa dal giubileo indiano
Gloria Bazzocchi e Alessandro Papa per Dagospia
kumbh mela 2025 foto di gloria bazzocchi e alessandro papa 4
Il Kumbh Mela 2025, il più importante festival religioso dell’India, sarà ricordato come il più grande raduno spirituale del mondo e, probabilmente, della storia dell’umanità. I numeri dell’edizione di quest’anno, che si tiene dal 13 gennaio al 26 febbraio, sono impressionanti: ogni giorno giunge a Prayagraj, una delle più importanti città sacre dell’India, una media di 10 milioni di pellegrini, per un’affluenza totale prevista di circa 440 milioni di persone.
Il festival del 2025 infatti è un evento speciale, un Maha (Grande) Kumbh Mela, che accade ogni 144 anni, calcolo basato sul calendario di Giove che, proprio in questi giorni, alla fine di un ciclo di 12 Kumbh Mela celebrati ogni 12 anni, si allinea con il sole e la terra rendendo molto propizio per i fedeli prenderne parte.
Prayagraj fino al 2018 si chiamava Allahbad, un nome troppo islamico per il governo nazionalista hindu di Modi, che lo ha cambiato con quello attuale, che in sanscrito significa “luogo del sacrificio”. Il centro delle celebrazioni è quello della confluenza di tre fiumi sacri (Triveni Sangam): uno occulto e sotterraneo, il mitologico Saraswati, e gli altri due visibili, il Gange e lo Yamuna (quest’ultimo, malgrado la sua sacralità, è purtroppo uno dei fiumi più inquinati del mondo).
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Il Maha Kumbh Mela non è soltanto un evento religioso eccezionale per gli indù, è una febbre che infiamma l’intera nazione al punto da contagiare anche noi, che ci troviamo in India per altre ragioni.
È così che all’improvviso decidiamo di raggiungere Prayagraj; proviamo a cercare voli e treni ma nei giorni a venire è tutto pieno. L’unica soluzione è arrivare nella vicina Varanasi per poi proseguire in bus coi pellegrini. Per percorrere centoventi chilometri il bus impiega 7 ore tra posti blocco, strade chiuse e traffico sempre più congestionato finché, a 10 chilometri dalla meta, l’autista esasperato apre le porte dell’autobus gridando a tutti di scendere e di proseguire a piedi.
Zaini in spalla e nervi tesi affrontiamo la folla e i mezzi che si accalcano in strada attraverso un grumo compatto di gente in ciabatte o scalza, con borse da viaggio in testa, scialli sulle spalle e occhi sgranati che brillano nel buio della sera.
gloria bazzocchi foto di bacco
Si muovono tutti nella medesima direzione insieme a bici, scooter, rickshaw, auto, suv e trattori. La maggior parte dei pellegrini è diretta verso una gigantesca tendopoli dove un posto letto costa solo 55 centesimi di euro a notte. Le aree dove si svolge l’evento e adibite all’accoglienza di santoni e fedeli sono enormi e si trovano per lo più nel letto sabbioso del Gange, che in questo periodo è in secca, occupando un’estensione complessiva di 4000 ettari, cioè 40 chilometri quadrati.
Noi ci sentiamo tranquilli avendo una prenotazione su Booking, ma arrivati all’hotel, ci guardano con un sorriso dicendoci che per via del Kumbh Mela è tutto pieno. Ci spediscono in un altro hotel rassicurandoci che lì troveremo posto e invece si ripete la stessa cosa: sorriso e rifiuto per mancanza di stanze libere. A notte fonda riusciamo a trovare una camera in uno degli hotel più cari della città.
La mattina seguente arriviamo finalmente in prossimità del Sangam (la confluenza dei tre fiumi) insieme a migliaia di pellegrini pazzi di gioia che si immergono nelle acque sacre, purificando così le loro anime e il loro spirito. Le abluzioni sono accompagnate da canti, preghiere, schizzi d’acqua, salti di gioia e grandi sorsi ingurgitati senza esitazione.
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C’è una ressa spaventosa; chi rimane sulla sponda per aspettare il momento buono d’immergersi brucia incensi e candele, prepara barchette di carta su cui posare riso e fiori da offrire alle acque dei fiumi. L’energia vitale che sprigionano i fedeli è così potente e contagiosa da permetterci di affrontare con serenità una situazione molto caotica e claustrofobica.
Quando siamo sul punto di andarcene l’eccitazione della folla subisce una repentina impennata: veniamo travolti dalla musica di un grande corteo festante di santoni e devoti vestiti di arancione con turbanti in testa, bandiere e tridenti giganteschi (simboli del Dio Shiva), che avanzano a passo deciso verso le acque.
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Li seguiamo. Alcuni di loro procedono a cavallo, altri su spettacolari carri d’argento riccamente addobbati. Mentre ci guardiamo intorno meravigliati uno di loro ci invita a seguirlo per assistere ai rituali che si terranno di lì a poco.
Si tratta di una ricca offerta alla divinità (puja) accompagnata da musica, canti, recitazione di mantra e spargimento di fiori, frutta, acqua, latte e fuochi che bruciano su un grande piatto dorato fatto ruotare su quello che è il simbolo supremo dell’unione degli opposti: il Lingam ovvero il pene di Shiva posto sulla Yoni, la vagina simbolo dell’energia cosmica femminile.
Finito il gioioso rituale i santoni che lo hanno celebrato si buttano in acqua accolti da una folla di pellegrini elettrizzati che li accolgono con grida d’esaltazione ed euforia contagiosa.
Il giorno successivo lo dedichiamo agli incontri con i santoni (Sadhu e Baba) che sono arrivati fin qui a migliaia da ogni parte del paese. Percorriamo la via centrale del mega accampamento, chiamata Akharas Line, dove le principali scuole spirituali dell’India hanno il loro headquarter. Sono 13 in totale gli ordini monastici che presenziano a questa edizione e tanti i pellegrini che dopo le abluzioni si recano qui a incontrare i guru per ricevere una benedizione, un consiglio spirituale o materiale, una divinazione o solo per fumare il cylum con loro.
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C’è anche chi sceglie di prendere i voti in queste circostanze propizie. I santoni sono attorniati da discepoli devoti che li adorano e li assistono in tutto; stanno sotto tende o capanne di paglia seduti sopra tappeti e stuoie. Sono molto diversi tra loro: chi indossa la classica veste arancione, chi è nudo con il corpo cosparso di cenere (Naga Sadhu), chi porta alti turbanti e vestiti fatti di Rudraksha, il seme magico usato in tutta l’India per pregare a mo’ di rosario.
Ognuno di loro ha un focolare dove accendere ritualmente il fuoco sacro con la cui cenere dà la benedizione sul terzo occhio del pellegrino, al centro della fronte. Allontanandosi dall’Akharas Line le tende proseguono per chilometri, ospitando altre migliaia di santoni e asceti indipendenti.
Qui troviamo la frangia più estrema dei Naga Sadhu, gli Aghora, che vivono nudi e in perenne contatto con la morte, coperti solo di cenere di defunti cremati. Costoro sono conosciuti per lo svolgimento di pratiche e rituali che infrangono i limiti e i taboo degli esseri umani (cannibalismo incluso, in certi casi). Ci hanno parlato poi di altri Baba che si sono guadagnati in India una certa fama per i loro comportamenti bizzarri ed eccessivi e che è possibile incontrare qui se si è fortunati.
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Alcuni sembrano più personaggi da circo che santoni: per esempio “Lilliputh baba” un nano puzzolente che non si lava da 32 anni, “Kabootar Wale Baba”, che convive da anni con un piccione vivo sulla testa, “Anaaj Wale Baba”, a cui cresce l’erba tra i capelli, “IAS Wale Baba”, che non parla da quarant’anni e si nutre solo di chai, il tè con il latte indiano, “Geetananda Jiri Baba”, che porta sempre sulla testa una corona di Rudraksha del peso di 45 chili.
Incontriamo poi un non identificato sadhu, completamente nudo e cosparso di cenere, in stato di evidente alterazione mentale, con una sciabola infilata nel pene che impartisce benedizioni a bastonate sulle spalle e sulla testa. C’è poi uno che sta per ore a testa in giù e tre Baba che stanno da oltre dieci anni con un braccio in su. Uno di questi, “Nakhon Baba”, ha la mano che tiene sempre alzata mezza incancrenita, ma l’altra che funziona benissimo…
Negli ultimi giorni è diventato involontariamente una star su internet a causa di un video divenuto virale in India, dove lo si vede rispondere scocciatissimo alle domande di uno youtuber e poi, alla terza domanda idiota, prendere un paio di grosse pinze di metallo con cui lo colpisce più volte violentemente.
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Un episodio, davvero simbolico, che rivela il conflitto in essere tra tradizione e modernità in una nazione gigantesca e multiforme, che vive un boom economico iper-accelerato sotto l’influenza di modelli culturali occidentali, inconciliabili con la millenaria tradizione spirituale del paese.
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