tirreno power vado ligure

I PREDATORI DELLA CENTRALE PERDUTA – “C’È LATTE”, DICEVANO I MANAGER DI TIRRENO POWER PER I QUALI L’AZIENDA ERA UNA MUCCA DA MUNGERE A FAVORE DI SORGENIA – E PER I PM ANDAVANO IN SCENA FINTE BONIFICHE

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Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera

 

tirreno power centrale di vado ligure tirreno power centrale di vado ligure

«Hai presente il cannone come sta sparando adesso? Te lo spiego io. Non ci va una goccia sul carbone. L’acqua va tutta sul gesso e sulle piante». «Eh... Fate pulire dove c’è sporco». Fingevano di fare la bonifica degli impianti. Ma era una messinscena. Ecco il quadro che emerge dalle carte dell’inchiesta Tirreno Power appena conclusa con 86 indagati per omicidio colposo plurimo, disastro ambientale e abuso d’ufficio. Tra i quali, l’ex governatore Claudio Burlando e gran parte della sua giunta. Per i pm l’impianto altamente inquinante avrebbe provocato 400 morti. 

CLAUDIO BURLANDO CLAUDIO BURLANDO


Ma c’è di più. Nelle 50 mila pagine di atti, si racconta l’azione di svuotamento delle casse di Tirreno Power, società all’epoca fa controllata da Sorgenia (gruppo Cir della famiglia De Benedetti). I soldi tornavano alla Sorgenia stessa, attraverso una società di consulenza: la Manesa srl, della quale sono soci al 20% il presidente del Cda di Sorgenia, Andrea Mangoni, e il dg di Tirreno Power, Massimiliano Salvi. 

RODOLFO DE BENEDETTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MESSAGGERO FOTO OLYCOM RODOLFO DE BENEDETTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MESSAGGERO FOTO OLYCOM


Parlavano in codice i dirigenti Tirreno Power. E nelle intercettazioni fanno riferimento al «latte». Termine usato in finanza che allude alle casse delle aziende da svuotare («da mungere»). Per i pm si è proceduto a una «evaporazione del soggetto giuridico Tirreno Power» attraverso lo svuotamento dei fondi della società «a beneficio di pochi in danno dei restanti soci e dei creditori non inclusi nel gruppo ristretto». 


Nel giorno delle condanne all’Ilva fa effetto vedere e analoghe manovre per aggirare le prescrizioni anti inquinamento. Il cronoprogramma che consente di proseguire l’attività a patto di risanare. L’impegno a realizzare il «parco carbonile per mitigare gli effetti delle emissioni diffuse di polveri» del carbone all’aperto. Come a Taranto. «Concretamente solo tre cannoni nebulizzatori ad acqua che non hanno effetti». E la fine della vicenda: «Il parco a carbone è ancora a cielo aperto». Come all’Ilva.

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Poi la magistratura, il sequestro e le lobby politiche che si attivano. «Tutti i nostri amici del Pd fanno pressione», dicono i manager al sottosegretario De Vincenti. In un incontro al ministero dell’Ambiente si cercano soluzioni. In un’intercettazione la stesura del provvedimento. «Un’altra porcata» dicono ridacchiando il dirigente del ministero e il componente della commissione per l’Aia. La prima era stata quella dell’Ilva. 
 

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