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Giordano Stabile per la Stampa
Per Benjamin Netanyahu è semplicemente «terrorismo» e come tale «verrà trattato».
Un' ondata spaventosa di incendi ha investito Israele negli ultimi tre giorni e i servizi di sicurezza sono convinti che almeno la metà dei focolai sia di origine dolosa. Siccità e vento forte li alimentano senza tregua e la città di Haifa è circondata dalla fiamme. Ottantamila persone hanno dovuto lasciare le loro case, decine sono rimaste intossicate dal fumo e le forze di sicurezza hanno dovuto evacuare anche due prigioni.
La reazione del premier israeliano è stata durissima.
«Ogni incendio doloso - ha chiarito - è un atto di terrorismo e così sarà considerato.
Ci sono incendi per negligenza e altri appiccati. Questi ultimi stanno crescendo. Fronteggiamo un terrorismo dei piromani. Chi cerca di bruciare la terra di Israele sarà punito con la massima durezza».
I fronti aperti sono talmente numerosi che i pompieri non possono intervenire ovunque.
Netanyahu ha chiesto aiuto ai Paesi vicini e alleati.
Italia, Turchia, Cipro, Grecia, Croazia hanno inviato tredici mezzi aerei. Da Roma sono giunti due Canadair. Altri mezzi-antincendio, mastodontici, sono in arrivo dalla Russia, promessi dal presidente Vladimir Putin in persona.
Gli Usa hanno fatto decollare il loro Supertanker 747, in grado di spargere decine di migliaia di litri d' acqua a ogni passaggio.
L' ondata di incendi è la peggiore dal 2010, quando ci furono 42 vittime.
Al momento non ci sono morti o feriti gravi ma 132 persone sono state portate negli ospedali, compresi quattro bambini, perché intossicate dall' inalazione di fumo. Si teme che il bilancio possa aggravarsi, soprattutto ad Haifa. La Prigione Sei, sulle alture del Carmel, è stata svuotata d' urgenza e i detenuti portati in altre strutture. Centinaia di persone sono state anche evacuate dalla Cisgiordania. Le fiamme hanno investito la superstrada che da Gerusalemme porta a Tel Aviv e che attraversa vaste pinete, da ieri chiusa al traffico. In fiamme anche i boschi intorno a Nazareth.
Ed è caccia ai piromani. Il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha detto che alcuni palestinesi sono stati fermati e dovranno comparire in tribunale con l' accusa di aver appiccato il fuoco. «Il 50 per cento degli incendi sono dolosi», ha confermato il ministro per la Sicurezza interna Gilad Erdan.
Lo Shin Bet, i servizi segreti interni, partecipa alle indagini.
I sospetti che i palestinesi stiano alimentando gli incendi per mettere in difficoltà Israele ha surriscaldato anche il clima politico. Il ministro per l' Educazione Naftali Bennett ha commentato: «Solo quelli che non appartengono alla nostra terra sono capaci di bruciarla». Con l' hashtag in arabo «Israele in fiamme» centinaia di commentatori hanno invece espresso gioia per le distruzioni.
Il leader della Lista Araba Unita Ayman Odeh ha respinto le accuse: «Non è questione di arabi contro ebrei - ha replicato -. Sono anche io un figlio di Haifa, ora l' unica cosa che conta è salvarla». Da Gaza, Hamas, secondo i media israeliani, ha lodato gli incendi, ma Fatah si è dissociata e il presidente palestinese Abu Mazen ha inviato quattro camion dei pompieri in aiuto agli israeliani.
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