DAVVERO “I AM GIORGIA” SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENA A MAR-A-LAGO, QUALCHE SMORFIA…
Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera
Ha aspettato di essere «a casa». Lei che in questi giorni di tragedia e dolore aveva chiesto «di bruciare tutto», non minuti di silenzio. Lei che ha parlato non di mostri ma di «figli sani del patriarcato». Elena la sorella maggiore, Elena che non invoca l’ergastolo ma scuote le responsabilità della politica.
Elena senza la quale, probabilmente, il sacrificio di Giulia non avrebbe mai riempito Prato della Valle, non sarebbe mai stato trasmesso in diretta televisiva, non avrebbe mai raccolto le lacrime di un intero Paese. Elena Cecchettin c’era anche a Padova, nella basilica di Santa Giustina. È rimasta in silenzio, aggrappata al braccio di papà Gino. Ha mostrato al mondo il suo dolore più privato nel momento più pubblico. Ha scelto di parlare a Saonara, alla fine della cerimonia «ristretta» nella chiesa di San Michele.
Lo ha fatto per ultima. E chi aspettava Elena la pasionaria, l’attacco al governo e ai politici in cerca di passerelle, ha trovato invece il dolore, l’intimità fragile di una sorella che ha davanti agli occhi una bara bianca coperta di boccioli di fiori: «Ci sono tante parole che vorrei e potrei dirvi in questo momento, ma ho deciso di regalarvi un pezzo di Giulia, una parte di quella persona fantastica come la conoscevo io, sperando che vi lasci il segno, come ha fatto con me, perché me la porterò per sempre dentro».
Legge veloce, a volte torna su una parola pronunciata di corsa. Come temendo che da un momento all’altro la voce, il respiro, la forza possano abbandonarla. Racconta «la sorella Giulia». Non è un’orazione funebre, è un addio commovente. Sono ricordi di giochi da bambine, è la dolcezza delle piccole cose. Di scatole di latta collezionate «solo per riempirle con altre scatole»: «Giulia aveva la scatola delle scatole».
Prende fiato, dall’altare prova a resistere alle lacrime: «Era quella ragazza a cui era semplice fare regali, perché qualsiasi cosa vagamente buffa e carina la faceva andare in visibilio»: «Giulia non buttava via mai niente, nemmeno le cose rotte e rovinate. Giulia amava le passeggiate, amava passeggiare mentre ascoltava la musica. Giulia non amava decidere, per niente, tanto che faceva a metà con la mamma anche per la pallina del gelato o la pizza (“Se tu prendi un gusto, io prendo l’altro e ce li scambiamo”)». Eccola mamma Monica, scomparsa un anno fa, che riposa proprio nel cimitero di Saonara.
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ELENA E GINO CECCHETTIN AI FUNERALI DI GIULIA
Di aneddoti che in questi giorni sono stati condivisi in ogni casa: «Giulia aveva un impermeabile giallo preferito. Aveva una paura irrazionale delle cimici, tanto che una notte è andata a dormire sul divano perché ce n’era una in camera, io stavo dormendo e non potevo toglierla. Giulia mi faceva sentire speciale perché la salvavo dalle cimici». Eccola lì Giulia, sembra di vederla. «Era la mia sorellina, ma anche la mia sorella maggiore e mi diceva cosa dovevo fare quando non ero sicura. E mi dava sempre ottimi consigli che spesso non mi piacevano perché non era quello che speravo di sentirmi dire. Ma era onesta e dava ottimi consigli». Elena ricorda i nomi che dava ai peluches, i disegni «nel nostro spiazzo di cemento preferito». Racconta di serate su una «cesta di corda» quando «rimanevamo lì, a dondolarci piano, guardando le stelle e sentendoci infinite».
Giulia non sarà più su quell’altalena, ora l’assenza è soltanto vuoto: «Non è più bello senza di te perché guardo il cielo e ti vedo in mezzo alle stelle mentre fai a metà di un gelato con la mamma. Prima o poi ci rivedremo, te lo prometto. Continuerai a essere il mio angelo custode, perché in fin dei conti lo sei sempre stato».
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