
QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN…
M.G. per "Libero"
Sono un ribelle, mamma. Solo, evitiamo di strillarlo troppo forte che altrimenti hai visto mai. La storia di Cristian D'Alessandro, l'attivista italiano di Greenpeace recentemente rilasciato dopo aver trascorso due mesi in una prigione russa perché resosi protagonista di un blitz a bordo di una piattaforma petrolifera della Gazprom, si arricchisce di un nuovo, entusiasmante capitolo.
Riassunto delle puntate precedenti. Quando il D'Alessandro incappa nella detta sventura, la mobilitazione della società civile scatta immediata: appelli, petizioni, polemiche (tra le quali svetta irraggiungibile quella di un manipolo di deputati del Pd che attacca a testa bassa Al Bano, resosi colpevole di non avere emulato Paul McCartney inviando la propria protesta a Vladimir Putin), sensibilizzazioni a go-go.
Pertanto, una volta scarcerato (pare grazie anche ai buoni uffici dell'Eni), Cristian riceve poderosa copertura mediatica: con quel piglio da cavaliere tanto bianco quanto gradasso così diffuso tra gli attivisti di ogni risma, il giovane la butta sul battagliero: «Rifarei il blitz».
Affermazione non esattamente grondante buonsenso («Greenpirla», riassumerà in sede di titolazione questo quotidiano), ma la mistica del coraggioso combattente per la Causa questo prescrive. Peccato solo per la lettera. Che compare, il più imboscata possibile, nella pagina della corrispondenza di Repubblica di ieri.
Trascrizione integrale: «Sabato il richiamo in prima pagina dell'intervista a Cristian D'Alessandro titolava: "Caro Putin, combatterò ancora per l'Artico". Ci preme precisare che tale affermazione non è mai stata pronunciata da Cristian, il quale si limita a descrivere la propria situazione e spiegare le ragioni della campagna per salvare l'Artico, senza mai menzionare il presidente russo».
Firmato Greenpeace. Ora, che trovandosi nella peculiare situazione del D'Alessandro mettersi a pestare i calli all'amico Vladimir non fosse un'ideona era intuibile.
La vicenda è ancora in fieri (ballano anni di galera, mica multe) e a quanto si sa già Putin non pensa benissimo del nostro connazionale (qualche giorno fa La Stampa, non smentita, attribuiva al leader russo un virgolettato nel quale dava del «cretino» all'attivista). Smorzare i toni ed evitare di gettare ulteriore petrolio sul fuoco, a questo punto, appare nettamente la scelta più saggia. Sfortunatamente, però, la strategia risulta di difficoltosa compatibilità con la citata mistica del coraggioso combattente.
Ma come, un difensore dell'ambiente che non ha paura di andare in mezzo al Baltico onde risolvere a mani nude il problema dell'inquinamento globale si spaventa per due frasi uscite sul giornale? Uno che non ha paura di sfidare a viso aperto i violentatori della Madre Terra si mette paura e manda rettifiche perché sennò poi il tribunale chi lo sente?
Uno che non ha paura a tornare in mezzo ai ghiacci eterni (anzi sostiene di non vedere l'ora) e trema di fronte agli occhi egualmente glaciali dello zar Vladimir? Una volta si diceva che il guaio erano quelli che volevano fare la rivoluzione col permesso dei carabinieri. Adesso siamo a quelli che vogliono fare la rivoluzione portandosi dietro l'avvocato. A suo modo, è progresso anche questo.
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