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L’ENIGMA DI POMPEI – LA TESTA RICOPERTA DI FITTI CAPELLI BIANCHI, UN ORECCHIO PARZIALMENTE INTEGRO, PICCOLE PORZIONI DI TESSUTO UMANO ANCORA CONSERVATE: IL CORPO MUMMIFICATO DEL 60ENNE RITROVATO NEL PARCO ARCHEOLOGICO RIVELA TRACCE DI UNA SOSTANZA CHE POTREBBE ESSERE ASBESTO, UNA STOFFA USATA PER L’IMBALSAMAZIONE, ANCHE SE IN QUEL PERIODO I CADAVERI SI CREMAVANO - AD ALIMENTARE IL MISTERO, IL RITROVAMENTO DI DUE URNE… - VIDEO

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Laura Larcan per “il Messaggero”

 

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La testa appare ricoperta di fitti, esili capelli bianchi, un orecchio risulta parzialmente integro, piccole porzioni di tessuto umano sono ancora conservate. L'ultima sorpresa di Pompei è il corpo mummificato (in parte) di un uomo di circa 60 anni. Le ossa sono in perfetta connessione, ma c'è dell'altro ad emozionare gli archeologi e antropologi. Lo scheletro rivela tracce di una sostanza che potrebbe essere asbesto: «Si tratta di una stoffa particolare che si usava per l'imbalsamazione, per preservare i corpi o una parte di essi dalla decomposizione».

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Lo racconta con l'emozione nella voce il professor spagnolo Llorenç Alapont dell'Università di Valencia, esperto di archeologia funeraria, che ha coordinato la campagna di scavo sotto la responsabilità del Parco Archeologico di Pompei guidato da Gabriel Zuchtriegel.

 

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LE IPOTESI «Quell'uomo forse potrebbe davvero essersi fatto addirittura imbalsamare con l'intento di preservare il suo corpo dall'inumazione», riflette Alapont. Siamo nella necropoli di Porta Sarno, nella porzione orientale della città vesuviana, presso uno degli importanti varchi di accesso al centro urbano. Ed è qui che si sta scrivendo il nuovo, ennesimo, capitolo avvolto dall'aura del mistero. A riemergere dagli strati di cenerite compatta è stata una tomba a camera assai singolare.

 

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All'esterno, la facciata è decorata con figure di piante verdi su fondo blu, mentre all'interno la camera ha svelato la sepoltura per inumazione (rito usato in epoca molto più antica ma non a Pompei, dove i corpi degli adulti venivano sempre incenerati). Ad alimentare l'enigma, il ritrovamento di due urne: una, in vetro, appartiene ad una donna, Novia Amabilis, forse la moglie, per la quale si sarebbe usato un rito più propriamente pompeiano.

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Dall'iscrizione ritrovata, sappiamo che la tomba, che risale agli ultimi decenni di vita di Pompei (distrutta dalla furia del Vesuvio nel 79 d.C.) appartiene a Marcus Venerius Secundio, un liberto: ossia un ex-schiavo che aveva raggiunto un certo agio economico e sociale, abbastanza da potersi permettere una tomba a recinto (ad evocare l'immagine di un giardino felice). E tanto da potersi vantare, come si legge nell'iscrizione, di aver offerto «ludi greci e latini per quattro giorni».

 

Ecco, dunque, la prima conferma che nei teatri di Pompei si recitava pure in lingua greca. «Un'ipotesi che gli studiosi negli anni hanno avanzato più volte - ricorda l'ex direttore del parco Massimo Osanna - soprattutto dopo il ritrovamento di una piccola tessera circolare in osso con inciso il nome Eschilo». Lo stato di conservazione del defunto è impressionante: una miniera d'oro di dati scientifici.

 

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L'IDENTIKIT Perché la storia dell'uomo è incisa nelle ossa. «Doveva avere più di 60 anni e non aveva mai svolto lavori particolarmente pesanti», spiega Zuchtriegel. Ma resta il giallo della mummificazione. Una delle ipotesi è che il corpo del liberto fosse stato volontariamente mummificato, una cosa assolutamente non comune, «di cui non ci sono precedenti a Pompei». Un'altra possibilità, aggiunge, è che il corpo sia stato cosparso di sostanze naturali sempre con lo scopo di preservare: «Saranno le analisi chimiche a chiarirci il mistero», azzarda Alapont.

pompei, l'urna in vetro di novia amabilis, forse la moglie del defunto

 

Dopo i calchi, la mummia, insomma. Fino ad oggi erano state le tecniche sempre più sofisticate per realizzare i calchi in gesso dall'impronta dei corpi nella cenerite, a restituire nelle pieghe della pelle, gli abitanti di Pompei. Ora, arriva la mummia. Soddisfatto il ministro Dario Franceschini: «Pompei non smette di stupire e si conferma una storia di riscatto». Resta ora un altro nodo: la necropoli di Porta Sarno non rientra ancora nel percorso di visita perché al di là della ferrovia Circumvesuviana. E precisa il direttore: «Siamo al lavoro su uno studio di fattibilità».

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