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Alberto Mattioli per "La Stampa"
à l'irruzione della realtà «vera» in quella fasulla dei reality show. Nella circostanza, Koh-Lanta, versione francese, ambientata in Cambogia, del Survivor americano, un format diffuso in tutto il mondo e approdato anche in Italia nella variante con sedicenti celebrità come protagonisti: L'isola dei famosi, appunto.
Thierry Costa famoso non lo era per niente. Era il medico della trasmissione, aveva 38 anni e ieri si è ucciso nel suo albergo in Cambogia, sconvolto dalla morte di un concorrente, il 22 marzo scorso, al primo giorno di riprese della 16a edizione di Koh-Lanta.
E soprattutto dalle voci, subito rimbalzate su media e social network, che Gérald Babin, 25 anni, colpito da un malore, non fosse stato soccorso in tempo per non rovinare il bel dramma a favor di telecamera. Insomma, che il concorrente fosse stato usato come carne da cannone per l'audience.
Il dottor Costa ha lasciato una lettera manoscritta, sulla carta intestata dell'hôtel, chiedendo che fosse resa pubblica. La società Alp, Adventure Lines Production, che realizza lo show per la rete televisiva Tf1, l'ha pubblicata sul suo sito. à un documento sconvolgente.
Costa scrive: «Sono certo di aver trattato Gérald in maniera corretta, come un paziente e non come un concorrente. Ho agito conformemente al giuramento d'Ippocrate e circondato da veri professionisti».
Ma il suo nome, scrive il dottore, «è stato infangato sui media. Nei miei confronti sono state avanzate delle accuse e supposizioni ingiuste. Non oserò più incrociare uno sguardo in Francia senza chiedermi se non è pieno di diffidenza verso di me».
Per questo, Costa non rientrerà in patria neanche da morto: «Se ho una richiesta, è che il mio corpo sia cremato in Cambogia, senza mai tornare in Francia».
Venerdì, Alp aveva presentato una querela contro ignoti «per mettere fine alle voci diffamatorie» che si erano diffuse dopo la morte di Babin. In particolare, nel mirino della produzione c'era una testimonianza anonima, ripresa dal sito Arrêt sur image, che accusava i produttori di aver ritardato i soccorsi al concorrente.
Secondo questa fonte, era stato ordinato di non fermare la prova cui Babin stava partecipando ed era stato vietato al medico di intervenire davanti alle telecamere. Secondo un'altra, «per risparmiare» era stato scelto il battello e non l'elicottero per trasferire il concorrente all'ospedale che si trova in un'isola vicina a quella che ospita il set.
In effetti, l'avvocato della famiglia di Babin, Jérémie Assous, ha dichiarato (in tv): «à indispensabile che un'inchiesta sia aperta per fare luce su questa vicenda».
La polemica, già pesante, è diventata incandescente dopo il suicidio di Costa. Nonce Paolini, presidente-direttore generale di Tf1, ha firmato un comunicato durissimo: «Di fronte a questa tragedia, lascio davanti alla loro coscienza i responsabili delle dichiarazioni anonime sulle circostanze del decesso di Gérald Babin, così come chi le ha diffuse».
Arrêt sur image ha subito reagito con un controcomunicato: «Al di là delle testimonianze, Alp detiene due documenti decisivi: la sceneggiatura e le riprese dello show». Documenti che, secondo il sito, la produzione rifiuta di comunicare ai media. Dopo il primo decesso, la registrazione è stata sospesa, i concorrenti rimpatriati e la trasmissione rinviata sine die. Diciamo che è l'unico momento di ragionevolezza in un «irreality show» dove l'unica verità , per ora, è che è già costato la vita a due persone.
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