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Massimo Pisa per “la Repubblica”
«Arrivi, vedi quei quattro segni di gesso sull’asfalto, la strada pulita e ti chiedi: tutto qui? Dov’era tutto quel casino che ho sentito alla radio, gli incidenti, i maiali? Per che cosa mi sono fatto otto ore di coda senza un cane che mi venisse a dare, non dico un po’ d’acqua, ma nemmeno uno schiaffo?».
Area di servizio di San Martino Ovest, ora di pranzo. Bolgia ovunque, alla cassa, al bancone, ai parcheggi. I profughi di una nottata e di una mattinata bestiali si sfogano. Mangiano, si tolgono le scarpe, chiudono gli occhi, bestemmiano. Fermi tutti, col termometro che già alle 9 dichiarava 36 gradi, fermi ad aspettare un via libera atteso nelle tenebre, poi all’alba, poi chissà.
Renato Passiatore doveva (deve) arrivare in Puglia con moglie e due figli di sette e tre anni, il viaggio con la sua vecchia Passat non lo voleva nemmeno fare ma dove li metti tutti quei bagagli, le bici, le pinne? «Lo sapevo che nel weekend è bollino rosso — esonda dopo l’ultimo sorso di coca — e allora parti prima, prendi un giorno in più di ferie, mettiti in macchina di notte. Ero al casello alle 3, ho pensato: a pranzo pasta e cozze da mia madre, giù. E invece...».
Invece 13 chilometri di coda, lo stesso tir polacco come unico panorama sulla sua destra fino a mezzogiorno e mezzo, il signor Passiatore e famiglia restano incollati all’A1 insieme a migliaia di altri vacanzieri e lavoratori, intrappolati dal doppio incidente e soprattutto dal rovesciamento del rimorchio coi maiali. Dietro, a Fidenza prima e a Piacenza sud poi, c’è il tappo.
Davanti, le prime auto che seguivano il tamponamento hanno un piccolo sfiatatoio di una corsia. In mezzo ci sono loro, i dannati del chilometro 90. I più spiritosi prendono i racchettoni e usano la corsia di emergenza come il bagnasciuga. Si tirano fuori palloni, guide, smalti per le unghie. Tablet e smartphone, per socializzare gli sbuffi e la noia dell’attesa. Si chiacchiera e ci si ammassa sotto i cavalcavia, si dà fondo a thermos e borse frigo, si dà l’assalto agli agenti in moto e sulle pantere della Polstrada. Per chiedere, capire, sperare, imprecare.
Dopo le 9 poliziotti e anche i vigili di Parma, i sanitari della Croce Rossa e i volontari della Protezione civile cominciano a distribuire bottigliette gelate. Ma troppo poche, non per tutti, e qualcuno ci resta sotto. Anziani, soprattutto, due dozzine gli interventi delle automediche per i malori: niente che non si risolva sul posto ma l’effetto trappola amplifica il disagio.
«Ma non è solo questo — argomenta la signora Giovanna Baudino, dall’alessandrino verso l’Elba con figlio e nuora, al quarto thè alla pesca di giornata — è che i tabelloni non segnalavano niente. Non abbiamo visto indicazioni, o se c’erano non ci hanno detto dove uscire. E noi siamo partiti alle 6, quando la situazione per loro era già chiara».
Via Emilia satura, la Serravalle già gonfia, dicono alla radio che il bingo lo si faceva prendendo la Piacenza-Cremona, e da lì la statale per Parma, per poi tornare sull’A1. Sarà. Quando a mezzogiorno si ribalta un camion poco dopo Fiorenzuola, ammassando altri cinque chilometri di colonna, si capisce che non è giornata. «Le lamentele dei cittadini ci stanno e le incassiamo — sospira il vicequestore Simonetta Lo Brutto, dirigente della Stradale di Bologna — perché il disagio era tanto. Ma avevamo fuori tutte le pattuglie, le informazioni c’erano e i tempi si sono allungati per recuperare i maiali ed evitare che andassero in mezzo alle auto in corsa».
Ma la rabbia, anche adesso che il peggio è passato e che la sosta all’autogrill ha stemperato gli animi più caldi. «È 49 anni che scendo giù in macchina a Taormina con mia moglie — il signor Alfio Rapisarda ne dichiara 77, due in meno della gentile consorte — e di code, incidenti e buche sa quanti ne ho visti? Ma questo schifo mai, soli e abbandonati da tutti, potevamo morire. L’hanno prossimo prendiamo il treno».
Che qualcosa non abbia funzionato lo ammette anche Maurizio Mainetti, responsabile della Protezione civile emiliana: «Ogni volontario ha dato la sua disponibilità, ma li abbiamo dovuti chiamare in casa e non c’erano tutti. Il disagio c’è stato, non abbiamo raggiunto tutti. Sul funzionamento del sistema faremo una verifica puntuale».
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