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L’UCRAINA HA RISORSE PER CONTINUARE A FINANZIARE L’ESERCITO E LE ALTRE FUNZIONI VITALI DELLO STATO PER ALTRI QUATTRO MESI, NON DI PIÙ – FUBINI: “L’ULTIMA IPOTESI ALLO STUDIO A BRUXELLES: L’UE EMETTEREBBE DEBITO PER UN PRESTITO A KIEV GARANTITO, IN ULTIMA ISTANZA, DALLE RISERVE RUSSE CONGELATE PER ALMENO 140 MILIARDI DI EURO. I GOVERNI OSTILI ALL’USO DIRETTO DEI BENI DI MOSCA A FAVORE DELL’UCRAINA (UNGHERIA, SLOVACCHIA, BELGIO, MA ANCHE ITALIA E FRANCIA) POTREBBERO SUPERARE I LORO DUBBI. E ANCHE IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, CON QUESTE RASSICURAZIONI, POTREBBE SBLOCCARE UN PRESTITO ALL’UCRAINA DA OTTO MILIARDI DI DOLLARI FINO AL 2029. I GOVERNI EUROPEI DEVONO SCEGLIERE: ASSUMERSI PIÙ RISCHI PER SOSTENERE KIEV OPPURE ACCETTARE CHE LA RUSSIA GUADAGNI IL CONTROLLO POLITICO E MILITARE DELL’UCRAINA”
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
L’Ucraina oggi dispone di cassa per continuare a finanziare l’esercito e le altre funzioni vitali dello Stato per altri quattro mesi, non di più. […] l’ultima ipotesi allo studio a Bruxelles […]: l’Unione europea emetterebbe debito per un prestito a Kiev garantito, in ultima istanza, dalle riserve russe congelate per almeno 140 miliardi di euro.
I governi freddi o ostili all’uso diretto dei beni di Mosca a favore dell’Ucraina — Ungheria, Slovacchia, Belgio, ma anche Italia e Francia — allora potrebbero superare i loro dubbi, forse. E anche il Fondo monetario internazionale, con queste rassicurazioni, potrebbe sbloccare un prestito all’Ucraina da otto miliardi di dollari fino al 2029.
URSULA VON DER LEYEN VOLODYMYR ZELENSKY
Ma qualunque sia l’ultima prova di virtuosismo burocratico, di sicuro da sola non basta più. […] I governi europei devono scegliere tra due scenari entrambi poco attraenti: assumersi più rischi per sostenere l’Ucraina contro la Russia; oppure accettare il rischio che la Russia guadagni nei prossimi anni il controllo politico e militare dell’Ucraina e inizi a premere anche di più per destabilizzare l’Unione europea.
Se questo secondo scenario prendesse forma, Mosca arriverebbe a gestire un esercito potenzialmente da almeno due milioni di effettivi e addestrato alle tecniche più moderne di aggressione ibrida e aperta. La sola minaccia basterebbe a paralizzare o far fuggire gli investimenti e far impennare i tassi d’interesse su tutta la fascia orientale dell’Unione europea e iniettare un’incertezza senza precedenti sul futuro dell’intero insieme, delle istituzioni di Bruxelles e dell’euro.
vladimir putin emmanuel macron
Anche perché per la prima volta Italia, Germania, Francia e gli altri governi dell’area si trovano ora in una situazione speciale in questa guerra. Per anni si erano mossi al riparo del sostegno dell’America di Joe Biden all’Ucraina (per almeno 120 miliardi di euro); poi al riparo dell’idea che Donald Trump avrebbe portato una tregua, al punto che il solo vero piano europeo — gli stivali sul terreno dei «volenterosi» di Emmanuel Macron — si basava su di essa.
Oggi questi presupposti non ci sono più. Trump ha interrotto quasi del tutto l’aiuto americano all’Ucraina e, per ora, anche l’impegno per una tregua. Per la prima volta da quattro anni la responsabilità di puntellare l’Ucraina è solo sulle spalle degli europei. E i costi sono noti: circa cento miliardi di euro l’anno per la gestione militare e civile, di cui una decina spetterebbero all’Italia se si decidesse di non ricorrere alle riserve russe.
ursula von der leyen e volodymyr zelensky summit per la pace svizzera
Su questo sfondo, alcuni dei governi europei si stanno muovendo come se non capissero la posta in gioco. L’Italia esita, per frizioni nella maggioranza e forse perché teme sequestri di conti e impianti di gruppi italiani in Russia qualora si mettesse mano alle riserve di Mosca.
Parigi condiziona lo sblocco dei fondi congelati all’acquisto di armi francesi come gli obici Caesar (l’Ucraina trova più efficienti i propri Bohdana, che costano la metà) e teme ritorsioni di Putin con il sequestro delle quote multimiliardarie della francese TotalEnergies nelle russe Novatek e Yamal Lng. Germania, nordici e Polonia sono più lucidi, ma nel complesso gli europei trattano la questione ucraina come fosse un negoziato ordinario. Non una scelta drammatica e urgente. Così non fanno niente neppure per limitare l’uscita delle petroliere russe dal Baltico, il 60% dell’export di greggio per Mosca. La campagna militare del Cremlino non è inarrestabile.
emmanuel macron vladimir putin
In Russia si sta registrando un netto aumento dei default in banca, mentre l’economia è ferma, l’inflazione corre e gli effettivi da gettare nella fornace del fronte iniziano a scarseggiare. Dare fondi a Kiev per due anni — verificandone l’uso — manderebbe a Putin un messaggio: a un certo punto, dovrà scegliere tra continuare la guerra e difendere la stabilità del suo regime. Sempre che l’Europa si dimostri disposta a capirlo.
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