kissinger intelligenza artificiale

L'ULTIMA PROFEZIA DI KISSINGER SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, MINACCIA PER IL MONDO LIBERO (CON UN SISTEMA "ALIMENTATO DA DATI E ALGORITMI IN CUI GLI INDIVIDUI SI TRASFORMANO IN DATI E I DATI DIVENTANO SOVRANI”) – “SARÀ NECESSARIO UN ORDINE GLOBALE ANCHE IN TEMA DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE, CON UNA AGENZIA INTERNAZIONALE CHE POSSA REGOLARLA, COSÌ COME ANNI FA SUCCESSE CON LE ARMI E L’ENERGIA ATOMICA” - CON L'AI ACT L'EUROPA HA APPROVATO IL PRIMO DECRETO AL MONDO SULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE...

Estratto dell’articolo di Stefano Mannoni* e Guido Stazi** per Mf – Milano Finanza

 

kissinger

Chiunque sia incorso nella sventura di abbracciare la carriera accademica sa che spesso si rimane prigionieri della propria opera prima. Nessuno illustra meglio questo caso di Henry Kissinger.

 

Il suo orizzonte intellettuale è stato tracciato dalla sua tesi di dottorato, poi trasformata in un libro di successo, sul Congresso di Vienna. Il suo mondo è restato popolato dai grandi protagonisti di quella epopea: Castelreagh, Metternich, Talleyrand. Figure con cui si è sempre misurato con l’ambizione, non di rado soddisfatta, di uguagliarli in statura. Ma soprattutto il paradigma filosofico è restato lo stesso: il realismo, l’equilibrio tra le grandi potenze, l’ordine scaturito dalla diplomazia tra Stati sovrani. 

 

Un realismo, quello di Kissinger, segnato però da una nota di pessimismo frutto del trauma biografico dell’esilio dalla Germania nazista, condivisa come tale con un altro grande esiliato tedesco, Hans Morghentau, non a caso vedette assoluta di questa corrente di pensiero. Non sorprende pertanto che nella straordinaria cavalcata di Kissinger in ben otto anni alla guida della politica estera statunitense, non vi sia grande spazio né per il diritto internazionale, né per i diritti umani o per istituzioni come l’Onu.

KISSINGER AGNELLI

 

Si capisce allora come abbia potuto commentare la vittoria di Salvator Allende in Cile con il supremamente cinico commento: “non si può lasciare che un paese diventi marxista solo perché i suoi elettori sono irresponsabili”. Immorale? Certamente sì nella misura in cui ha permesso, o meglio: favorito, lo scivolamento in una spietata dittatura di un paese che si distingueva nel Sudamerica per il suo costituzionalismo democratico.

 

 No, non vi sono giustificazioni plausibili per questa macchia nella sua carriera anche se Kissinger avrebbe potuto replicare che vi era moralità anche in questo esercizio di brutalità geopolitica. L’ordine internazionale è incombenza delle grandi potenze ed esige un prezzo: se a pagarlo sono le “comparse” del palcoscenico, siano esse il Cile, il Bangladesh o i cambogiani, ebbene questo è pienamente giustificato dalla somma aritmetica finale. Discutibile assunto il suo però. 

NAPOLITANO KISSINGER

 

(...)

 

E allora vi sono poste positive nel suo bilancio? In che cosa pretende di uguagliare i grandi del 1814? L’apertura alla Cina senza dubbio. Un colpo da maestro il cui credito va condiviso però con Richard Nixon, con cui la storia è stata assai poco clemente nel riconoscergli genialità politica. Meno convincente è invece il bilancio della distensione con l’Unione Sovietica che secondo alcuni suoi agiografi ne avrebbe preparato l’uscita dalla scena del club delle grandi potenze. Non ci sembra che sia così. Kissinger non avrebbe mai definito come fece Ronald Reagan la Russia come “impero del male” e semmai è stata proprio la pressione esercitata sul Cremlino da una nuova corsa agli armamenti che non si poteva permettere a decretarne l’inarrestabile declino.

 

 Il Medio Oriente? Bene la distensione con l’Egitto, male la negligenza della questione palestinese. Si narra al riguardo un aneddoto. Si dice che Kissinger avesse ripreso Golda Meir ricordandogli “prima sono un americano, poi sono segretario di stato, e solo da ultimo sono ebreo”. Al che Golda Meir gli replicò: “in ebraico le frasi si leggono da destra a sinistra!”. 

KISSINGER DRAGHI

 

Aneddoti, battute, bon mots: nel mito di Henry Kissinger, da lui abilmente costruito, è una materia che non manca davvero. Play boy alla ricerca della compagnia delle grandi bellezze di Hollywood, pare però limitandosi alla passerella fotografica; grande socialite del giro newyorkese Henry Kissinger non si privava di nulla del bello della vita, guidato da una superlativa autostima, grondante di altrettanto straripante narcisismo. Ritagliando così una figura opposta a quella dell’unico altro accademico riuscito a scalare le vette delle istituzioni americane: l’ascetico Woodrow Wilson, da cui lo separava anche l’opposta visione delle relazioni internazionali: per Wilson ruotava intorno alla Società delle Nazioni, per Kissinger intorno al balance of power.

L intervista di Oriana Fallaci a Kissinger fu pubblicata su l Europeo del 16 novembre 1972

 

 

(…) Cosa resta oggi di Kissinger in un’epoca connotata dall’impero di una tecnologia straripante e anarchica che mette in un angolo i minuetti diplomatici? Non poco, si sorprenderà di scoprire il lettore, che introdurremo così all’ultimo colpo di teatro del grande statista. Nel giugno del 2018, aveva già 95 anni, pubblicò un lungo articolo per “The Atlantic”, forse la più antica e prestigiosa rivista americana, sulla fine del sistema di pensiero, l’Illuminismo, che diede vita secoli fa all’ordine mondiale contemporaneo.

 

Secondo Kissinger quell’ordine sarà sconvolto dagli sviluppi della rivoluzione tecnologica, di cui non siamo riusciti a tenere pienamente conto e “il cui esito potrebbe essere un mondo che si basa su macchine alimentate da dati e algoritmi e non governato da norme etiche e filosofiche: gli individui si trasformano in dati e i dati diventano sovrani”.

 

intelligenza artificiale

Nel momento in cui l’intelligenza artificiale mira a replicare i processi della mente umana, Kissinger evidenzia il completo rovesciamento di prospettiva rispetto a tutte le precedenti rivoluzioni tecnologiche, Internet compresa: l’automazione, anche quella informatica, si occupa di mezzi per raggiungere obiettivi prescritti razionalizzando o informatizzando gli strumenti necessari; “l’intelligenza artificiale, al contrario, si occupa dei fini e stabilisce i propri obiettivi”, sviluppando una capacità che in precedenza si pensava fosse riservata agli esseri umani.

 

Questo potrebbe condurre a interferire direttamente col pensiero umano, modificandone processi e valori, mettendo a rischio quelle capacità che, nei millenni, hanno costituito l’essenza della cognizione umana. L’Illuminismo, ricorda Kissinger, iniziò con intuizioni essenzialmente filosofiche, diffuse da una nuova tecnologia – la stampa – mentre il nostro tempo si sta muovendo in direzione opposta e ha generato una tecnologia dominante in cerca di un’ideologia guida.

 

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Di fronte ai rischi globali generati dal discorso che l’intelligenza artificiale potrebbe produrre nell’intera gamma di relazioni – umane, economiche, politiche e strategiche- che governano il mondo, Kissinger, anche qui offre la sua ricetta basata sulla conoscenza della storia e della politica: sarà necessario un ordine globale anche in tema di intelligenza artificiale, con una agenzia internazionale che possa regolarla, così come anni fa successe con le armi e l’energia atomica. È la sua ultima legacy, occorre tenerne conto.

 

*Professore Università di Firenze

**Segretario generale Autorità Antitrust

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