RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1 – “IN HUAWEI CI CHIESERO DI SPIARE E COPIARE IL PRODOTTO DEI RIVALI USA”
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
«Sapete benissimo che le nostre Risorse Umane erano molto bene al corrente di questi tentativi di violare la proprietà intellettuale di terze parti, perché il 19 marzo 2019 scrissi già a mr E. M. (e in copia al mio manager diretto e anche a mr Y.) che mr H. Y. aveva minacciato di "rispedirmi da mamma" (ossia licenziarmi) perché rifiutavo di fare reverse engineering (spiare e copiare, ndr.) sull'orchestrator di Cisco, Cisco Nso.
Ma le Risorse Umane e il direttore del laboratorio decisero una volta di più di ignorare la mia denuncia, e di continuare nei loro illeciti, e di penalizzarmi a causa della mia onestà e integrità».
La mail di uno dei whistleblower nel German Research Center di Huawei, ingegneri e fisici che si sono messi in contatto con «La Stampa», è stata spedita ai massimi dirigenti del centro di ricerca di Huawei a Monaco di Baviera, uno dei più importanti centri di ricerca aziendali in tutta Europa su network system engineering, e contiene la denuncia di presunte irregolarità molto gravi nell'azienda cinese: si sostiene che top manager di Huawei abbiano chiesto nei mesi scorsi a ingegneri del Center di spiare e copiare il pezzo centrale di Cisco, l'orchestrator dei network, Cisco Nso, ossia il cervello delle moderne reti Sdn, che consente di gestire in maniera centralizzata e automatica prodotti (per esempio router, ma non solo) di diverse aziende.
xi jinping con il ceo di huawei ren zhengfei
In sostanza, per farla chiara, come sembrerebbe da altre mail viste da «La Stampa» (e di cui tuteliamo mittenti e destinatari), almeno uno dei top manager cinesi avrebbe chiesto a ingegneri di Huawei (e messo in copia una parte della catena di comando) di fare reverse engineering proprio di questa parte del prodotto Cisco.
Il whistleblower denuncia anche una seconda presunta grave circostanza: «Nel team guidato da mr Y. accadono troppi episodi di razzismo e discriminazione». Che alcuni dipendenti, di colore, o di famiglia ebraica, avrebbero già patito.
Cisco Nso, tra l'altro, è anche un prodotto strategico per il dispiegamento dei servizi 5G: un fronte caldissimo nella cyberguerra globale, perché diversi Paesi, a partire dagli Stati Uniti, chiedono che tecnologia Huawei sia vietata nella costruzione del 5G in occidente, ritenendo l'azienda vicina al regime di Pechino (Huawei ha sempre negato recisamente).
Mike Pompeo ha reiterato la richiesta a settembre a Roma, al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L'Italia del governo Conte è uno dei paesi che non hanno vietato tecnologia Huawei nelle gare per il 5G, pur riservandosi una golden share in materia.
Dopo due mesi di lavoro e di interviste con La Stampa, uno dei whistleblower ha deciso di rivelare anche la sua identità: si chiama Daniele Di Salvo, è un fisico italiano nato a Ivrea con un notevolissimo curriculum, trent' anni in aziende del settore informatico e delle telecomunicazioni, sia in Italia sia all'estero, Europa, Nord e Sud America.
Da dicembre 2016 Di Salvo è uno degli ingegneri di Huawei con il ruolo di Senior Ip Test Design engineer, ed è in alcune chat interne in cui altri ingegneri, di cui proteggeremo l'anonimato, scrivono cose come queste: «Sono felice che tu l'abbia respinto, quando mr H. Y. voleva che noi facessimo del reverse engineering su Cisco NSO».
LA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI
Le richieste sono datate marzo, aprile 2019. Sostengono i whistleblower che il German Research center fosse stato allertato, ma poco o nulla avrebbe fatto. La Stampa ha contattato i vertici del Huawei Center a Monaco di Baviera, ponendo tre domande alla luce di queste denunce.
La prima: siete a conoscenza del fatto che alcuni dipendenti del Centro di Huawei a Monaco denunciano che sarebbe stato chiesto loro di spiare e copiare prodotti Cisco? «Huawei - hanno premesso dall'azienda - si impegna a rispettare completamente i diritti di proprietà intellettuale delle terze parti. La nostra azienda ha implementato un sistema di conformità (compliance) avanzato, che previene qualsiasi potenziale comportamento scorretto da parte di dipendenti o dei partner.
Huawei ha tolleranza zero per qualsiasi azione illegale dei dipendenti che possa danneggiare i diritti di proprietà intellettuale di terze parti, e non esita a far rispettare tutte le misure legali più appropriate di conseguenza».
In sostanza l'azienda non smentisce l'esistenza di queste accuse, anche se non conferma la loro aderenza ai fatti.
Huawei sa che in alcune mail e chat interne sono stati denunciati episodi di razzismo al German Research Center? «La nostra azienda è multiculturale nella sua essenza, (...) ed è impegnata a perseguire e applicare in modo proattivo tutti i rimedi legali più appropriati contro eventuali comportamenti scorretti che possono essere attuati dai suoi dipendenti.
A tal fine, Huawei si affida al solido framework di conformità, che include canali di segnalazione di irregolarità dedicati e riservati (whistleblowing)». E qui veniamo al punto più interessante: Huawei fa sapere di avere una specie di blind trust, un collegio di revisori esterni, che si occupa di eventuali illeciti: «Non siamo in grado - rispondono i vertici di Huawei sul punto chiave - di fornire alcuna informazione su tali presunte circostanze.
Non siamo in grado nemmeno di confermare se si sono realmente verificate e se i dipendenti le hanno segnalate ai nostri canali di segnalazione (whistleblowing). Tutte queste segnalazioni sono infatti trattate con la massima cura e riservatezza, mentre un ristretto collegio di revisori esterni all'azienda è autorizzato a venirne a conoscenza». Il che serve, come appunto nei blind trust, anche a tutela di chi denuncia irregolarità o illeciti.
2 – LONDRA ANTICIPA LO STOP ALLA TECNOLOGIA 5G CINESE
Alessandra Rizzo per “la Stampa”
Il governo britannico accelera sul bando a Huawei per le forniture delle infrastrutture per il 5G. Scatterà già dal settembre 2021 il divieto per le aziende britanniche di telecomunicazione di affidarsi al colosso cinese per sviluppare il 5G.
Il premier Boris Johnson nelle linee guida relative alla legge - annunciata nei nei mesi scorsi e depositata ieri in Parlamento – prende di mira i «fornitori» del settore tlc considerati «ad alto rischio» per la sciurezza nazionale. Le linee guida sono state firmate dal ministro della Cultura, dei Media e del Digitale, Oliver Dowden.
In base alla proposta di legge le aziende britanniche saranno tenute a liberarsi di tutte le componenti fornite dal gigante cinese entro il 2027. Ma le indicazioni attuative di Dowden precisano ora che dal settembre prossimo non saranno più autorizzate ad acquistarne di nove e potranno solo continuare a garantire la manutenzione di quanto già acquistato.
Alle linee guida è poi allegata «una strategia di diversificazione della catena» dei venditori, in modo che il paese «non dipenda più da un pugno» di fornitori. La mossa del governo risponde ai timori di alcuni deputati sul fatto che le aziende di tlc avrebbero potuto accumulare e stoccare nei magazzini il materiale di Huawei fino al 2027.
BORIS JOHNSON USA UN TELEFONO HUAWEI
La Cina ha criticato la mossa mentre Huawei si era detta delusa dalla decisione britannica. Downing Street ha anche annunciato una nuova strategia per diversificare la catena di approvvigionamento per il 5G. Questa prevede lo stanziamento iniziale di 250 milioni di sterline, test in collaborazione con la giapponese Nec e la costruzione di centri di ricerca.
Gli operatori di telefonia mobile BT, Vodano e Three hanno già lanciato il 5G usando componenti provenienti da Huawei per gestire il sistema di accesso alla rete. Ma hanno poi cambiato rotta affidandosi a Ericsson e a Nokia. Se Londra accelera nel prendere le distanze dal consorzio cinese, anche la Lituania non rallenta: la compagnia Telia (svedese) non si affiderà a Huawei per il 5G e sostituirà anche tutto il materiale della rete 4G attualmente gestito dalla filiale lituana di Huawei. «il motivo per cui rinunciamo a Huawei è di carattere geopolitico. Sentiamo che questo è il momento giusto per farlo poiché Ericsson è un partner adatto» ha dichiarato Dan Stromberg capo di Telia in Danimarca, Lituania ed Estonia. In febbraio l'agenzia di controspionaggio lituana aveva detto che le infrastrutture di Huawei non dovevano essere consentite poiché i legislatori di Pechino obbligano l'azienda a con dividere le informazioni con l’intelligence cinese.-
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