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SOLO LA MANAUS DI DIO PUÒ SALVARLI – NELL’ULTIMA SETTIMANA NELLA CAPITALE DELL’AMAZZONIA SONO STATE SEPPELLITE MILLE PERSONE, MORTE A CAUSA DELLA VARIANTE DEL VIRUS: I CIMITERI SONO AL COLLASSO, NEGLI OSPEDALI È ARRIVATO L’OSSIGENO MA BASTERÀ SOLO 48 ORE, E SI ALLUNGANO LE FILE DEI PARENTI DAVANTI AGLI UFFICI PER I CERTIFICATI DI MORTE - E IL PRESIDENTE DELLA CORTE SUPREMA FEDERALE PUNTA IL DITO SU BOLSONARO…
Sara Gandolfi per il “Corriere della Sera”
La buona notizia è che hanno trovato l' ossigeno per i 61 neonati prematuri ricoverati nelle terapie intensive di Manaus.
«È sufficiente per 48 ore», assicura il ministero della Salute brasiliano. Nessuno spiega cosa accadrà dopo. La brutta notizia è che i cimiteri, pubblici e privati, della capitale dell' Amazzonia sono pieni. Su 2,2 milioni di abitanti, la città ha superato i seimila morti per Covid-19. Solo nell' ultima settimana sono state seppellite mille persone, 8 all' ora nella giornata di venerdì, in maggioranza colpite dalla feroce variante del virus.
Molti muoiono in casa, senza cure. E si allungano fuori dagli uffici comunali le code dei familiari che chiedono certificati di morte per procedere con i funerali. «Per far fronte alla situazione - informa il quotidiano Diario do Amazonas - un team di medici sta andando di casa in casa per certificare i decessi».
Il coronavirus non guarda in faccia a nessuno: colpisce negli splendidi palazzi ottocenteschi dell' ex Parigi dei Tropici come nelle stamberghe del quartiere dei bordelli.
L' hashtag #OxigenioParaManaus è uno dei trend topic sui social network in Brasile.
Attori, cantanti e politici stanno facendo a gara in queste ore per donare ossigeno liquido o lanciare raccolte fondi.
In una corsa contro il tempo senza precedenti, stanno inviando nel cuore della foresta amazzonica, via aerea e via fiume, migliaia di bombole.
La richiesta, però, è continua e non s' intravede una fine. Ieri, anche il presidente della Corte suprema federale ha indirettamente puntato il dito contro il presidente Jair Bolsonaro, intimando al governo di adottare «tutte le azioni necessarie per risolvere la gravissima crisi sanitaria» e fornire «cure adeguate ai pazienti».
Sott' accusa finisce pure il governatore dello stato di Amazonas, Wilson Lima, contro il quale è stata presentata una richiesta di impeachment per collasso sanitario e «disprezzo per la popolazione».
Ora tutti sperano nel programma vaccinale, in forte ritardo. Ieri l' Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria ha autorizzato l' uso in emergenza del vaccino di AstraZeneca e del cinese CoronaVac, anche se quest' ultimo ha un' efficacia di appena il 50,38% (bocciato invece il russo Sputnik V, perché la sperimentazione non è ancora entrata nel vivo di fase tre).
La «variante amazzonica» del Covid - una delle due «nata» in Brasile - fa sempre più paura. «Ha proteine diverse dal virus originario che ne hanno aumentato notevolmente la trasmissibilità», conferma Ana Galdina, coordinatrice della Commissione per le infezioni della Fundação de Hematologia do Amazonas. Il rischio che si diffonda rapidamente in Brasile, e oltre, è reale, avverte.
La crisi sanitaria dilaga anche nei centri rurali dell' Amazzonia. Città come Manacapuru, Itacoatiara e Urucará hanno registrato un aumento significativo dei decessi. Pierre Van Heddegem, specialista di gestione di epidemie complesse, in Brasile con Medici senza frontiere, lancia l' allarme da Tefé dove al momento le scorte d' ossigeno coprono il fabbisogno solo di un giorno. «Sia qui che a São Gabriel da Cachoeira, dove è attivo Msf, c' è stato un brusco aumento di casi. La mancanza di ossigeno a Manaus ha un impatto anche negli ospedali di queste città, che dipendono dalla capitale per le forniture di bombole - racconta al Corriere -. Ed è diventato molto difficile trasferire a Manaus i pazienti più gravi. Settimana scorsa ne abbiamo persi tre così». Lo sforzo, aggiunge, è stato in realtà straordinario: «Durante la prima ondata, fra aprile e maggio, c' erano 140 ricoveri giornalieri, ora hanno superato i 250.
Mancano però medici e infermieri, e la richiesta crescente di ossigeno ha sorpreso tutti». Altrettanto grave è la mancanza di informazioni sulla situazione nelle comunità indigene, che spesso si trovano a molte ore di canoa dal primo centro medico. I morti, nei villaggi lungo i fiumi, non li registra nessuno.
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