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C’ERA UNA VOLTA IL “BIANCO” NATALE – MARCO BELPOLITI: “PER CHI HA PIÙ DI CINQUANT'ANNI L'INVERNO ERA LA NEVE CHE CALAVA ALL'IMPROVVISO E STENDEVA LA SUA SPESSA COPERTA OVATTATA SOPRA I CAMPI, GLI ALBERI, LE STRADE, I VIOTTOLI, I TETTI. LE COPIOSE E MAGICHE NEVI DI UN TEMPO SONO SCOMPARSE, IL RISCALDAMENTO GLOBALE HA STRAVOLTO LA NOSTRA PERCEZIONE DEL MONDO. L'INVERNO SIA PER VIA DELLA NEVE, MA ANCHE SENZA, È UNA TABULA RASA, UN MODO PER RESETTARE TUTTO E RICOMINCIARE DA CAPO..."
Estratto dell’articolo di Marco Belpoliti per “la Repubblica”
Là fuori tutto il mondo era sospeso. […] Scendeva la neve e noi guardavamo attraverso i vetri gelati in attesa di precipitarci fuori, anche se era già calato il buio: i fiocchi si spandevano senza tregua sotto le alte luci dei lampioni.
«E pu e' vnéva la nòta,/ e la matéina dop, a guardè ‘d fura,/ l'era tòtt un èlt mònd» («E poi veniva la notte,/ e la mattina dopo, a guardar fuori,/ era tutto un altro mondo»). Così scrive con la sua pensosa semplicità il romagnolo Raffaello Baldini in La nàiva. E adesso che quell'altro mondo non c'è più, adesso che la neve è sparita, come faremo a Natale? Per chi ha più di cinquant'anni l'inverno era la neve che calava all'improvviso e stendeva la sua spessa coperta ovattata sopra i campi, gli alberi, le strade, i viottoli, i tetti.
Cosa saranno i ricordi d'infanzia d'ora in avanti senza il gelo e il freddo intenso dell'inverno? In Fa freddo, una breve poesia, Gianni Rodari descrive lo Stivale ghiacciato con i gatti del Colosseo che battono i denti, i pattinatori sul Po come in un quadro di Bruegel il Vecchio, mentre un pietoso alpinista è partito da Torino per mettere un berretto «sulla cima del Cervino». Tutto finito.
Le copiose e magiche nevi di un tempo sono scomparse, il riscaldamento globale, il cosiddetto global warming, ha stravolto la nostra percezione del mondo. […] Era il 1985, ma sembra un secolo fa, quando una nevicata protrattasi a lungo, tre giorni senza interruzione, fu così abbondante da bloccare tutto il Nord. Tuttavia, a consultare gli annali meteorologici il record sarebbe stato nel 1978, quando caddero durante tutta la stagione 125 centimetri.
Come mostra una bellissima fotografia di Luigi Ghirri, la neve è una macchina del tempo, ci riporta continuamente all'infanzia, a quando tutto ha avuto inizio: è l'incanto. Il fotografo è uscito nella pianura e con la sua macchina ha fissato per sempre un campetto di calcio con le porte che emergono appena. […] Il mondo solito non c'è più.
Forse è proprio questo che ci mancherà: l'assenza della scomparsa. L'inverno sia per via della neve, ma anche senza, è una tabula rasa, un modo per resettare tutto — espressione che nella mia infanzia non c'era — e ricominciare da capo. È come scrivere su un foglio nuovo, magari costruendo pupazzi di neve. E se durante la stagione meno calda le montagne saranno solo rocce e terra e le pianure lande vuote?
[…] La neve è però anche leggerezza che si oppone alla pesantezza della terra, così che nella sua lezione americana Italo Calvino ha ripreso il verso di Cavalcanti: «e bianca neve scender senza venti». Per fortuna, almeno così mi sembra, la nebbia non è scomparsa.
Vero che riappare a tratti, e spesso certi giorni d'inverno non c'è, e poi non è più quel velo impenetrabile che un tempo calava a novembre e se ne andava solo con le brezze della primavera, a marzo, o più spesso ad aprile, quando cominciava a piovere, e il bianco sipario padano s'alzava inesorabile per lasciare il posto ai pioppeti. Le brume però ci sono ancora. Scomparsa è invece la galaverna, la brina o nebbia che diventa velo biancastro che copre la terra lasciando però intravedere il sotto: cristalli improvvisi sui prati, sui rami e sulle foglie degli alberi.
Le palme sono salite a Nord, come aveva previsto Leonardo Sciascia, e con loro tutta una flora che dalle sponde del Mediterraneo risale la penisola: l'Ailanto o Albero del Paradiso e i piccoli banani che si scorgono nei giardini prospicienti le villette geometriche su collinette inventate.
C'è caldo d'inverno e si può sedere all'aperto nelle ore più assolate per mangiare, e al pomeriggio inoltrato bere lo spritz, il long drink, che è a sua volta sceso al Sud colonizzando con il prosecco trevigiano i tradizionali aperitivi meridionali. Il clima omogeneizza e rende conformi le abitudini. Le stagioni si livellano, o almeno provano a farlo, mettendo fuori gioco le differenze che un tempo esistevano lungo la Penisola, composta da diversità rese palesi: siamo al Maremonti.
[…] Mentre i ghiacci si sciolgono, nasce la nostalgia di chi la neve l'ha vista e di chi invece l'ha solo sentita raccontare. […]
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