RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giuseppe Colombo per huffingtonpost.it
Innanzitutto il tempo perso. Perché la prima fase della pandemia, con annesso lockdown, aveva suggerito al Paese, anzi imposto, di prepararsi al pieno ritorno sui mezzi pubblici e alla riaperture delle scuole in modo adeguato.
E tutti, dal Governo ai sindaci, a dire che “il ritorno alla normalità” avrebbe seguito il protocollo dell’urgenza e della precisione. Insomma tempo ce n’è stato, e in abbondanza, eppure alla prova dei fatti i mezzi pubblici si sono ritrovati sovraccarichi nelle ore di punta, con decine di passeggeri costipati sui bus o intenti a non farsi chiudere le porte della metropolitana in faccia piuttosto che sulla schiena.
Questa è la storia di un tilt che poteva e doveva essere evitato. E la colpa va condivisa tra tutti gli attori coinvolti: dal Governo, chiamato a monitorare l’attuazione delle disposizioni date a colpi di Dpcm e piani di intervento, alle Regioni, che hanno la competenza del tpl, ai sindaci, che hanno sottomano la vita quotidiana di mezzi pubblici e scuole, alle aziende del trasporto pubblico, ai presidi che le scuole le dirigono.
Ora che il danno è stato fatto, ora che viaggiare a bordo di bus e metro sta diventando un problema, tutti gli attori citati sanno ben individuare la questione, ma nessuno è disposto ad assumersi le rispettive responsabilità.
Il trasporto pubblico locale è diventato il capro espiatorio su cui riversare la grande colpa dell’impennata dei contagi, addirittura una delle ragioni per cui Vincenzo De Luca è arrivato a chiudere le scuole. Eppure questo pasticcio poteva essere evitato. Proprio da quella catena istituzionale che si è rivelata invece frammentata, dove ogni anello è andato per conto suo, tra misure non attuate e altre fatte alla carlona, che tanto la colpa è sempre dell’altro e comunque più di tanto non puoi fare contro un sovraffollamento fisiologico.
Lo schema scelto dal Governo è quello di una capienza a bordo dei mezzi pubblici fino all′80 per cento. A Roma significa che su un treno della metropolitana possono salirci in 960, 80 su un bus. Ma questo schema, fin dall’inizio, si regge su tutta una serie di disposizioni che implicano una compartecipazione attiva da parte di tutti gli attori coinvolti e di cui si diceva. Il Piano scuola è stato approvato il 26 giugno.
E già in questo Piano si diceva che “le istituzioni scolastiche, ove interessate da un servizio di trasporto appositamente erogato per la mobilità verso la scuola, comunicano singolarmente o in forma aggregata all’Ente competente, anche per il tramite dell’Ufficio di ambito territoriale, gli orari di inizio e fine delle attività scolastiche, tenendo a riferimento costante l’esigenza che l’arrivo a scuola degli alunni possa essere differito e scaglionato in materia da evitare assembramenti nelle aree esterni e nei deflussi verso l’interno”.
Queste righe dicono che le scuole possono prevedere orari scaglionati per l’ingresso e l’uscita degli alunni. Ma quanti presidi hanno ottemperato a questa disposizione? Né l’associazione che li riunisce né il ministero dell’Istruzione ha questi dati. Eppure i dati dei contagi nelle scuole si conoscono, annunciati un giorno sì e un giorno no dalla ministra Azzolina, costretta a sfornarli per difendere la scuola dell’accusa di essere il luogo della contaminazione.
Tra l’altro l’intento non è riuscito dato che De Luca, in Campania, ha chiuso tutte le scuole con una percentuale di contagio dello 0,075 per cento. I dati che implicano problemi, come quelli sugli orari scaglionati, invece non ci sono. Ma come si fa a controllare un fenomeno se non se ne conosce neppure l’entità?
La stessa ministra ha ricordato qualche giorno fa che gli orari scaglionati sono previsti già da giugno (l’ha fatto quando è stata messa sotto accusa da alcuni governatori), ma è tutto affidato alla buona volontà dei presidi. E se la Lombardia, una delle Regioni più colpite dal virus, pensa solo oggi alla “rimodulazione” degli orari e alla modalità di svolgimento delle lezioni, è evidente che gli ingressi scaglionati sono stati scritti sulla carta e lì sono in gran parte rimasti.
E anche i sindaci sono evidentemente a corto di memoria se solo da qualche giorno il presidente dell’associazione che li riunisce, Antonio Decaro, dice che “l’opzione migliore per evitare gli assembramenti a scuola e sul trasporto pubblico locale è quella di scaglionare gli ingressi a scuola, spostando almeno di un’ora gli ingressi delle scuole superiori”. Ma un sindaco non ha contezza degli orari delle scuole del Comune che amministra?
E lo stesso Governo, che ha definito “molto puntuale” la richiesta di Decaro, perché non ha chiesto conto alle Regioni, che hanno il tpl tra le loro competenze, del perché gli ingressi scaglionati sono stati fatti poco e male? E perché la questione diventa centrale solo ora per l’esecutivo, con la grande promessa fatta all’ultimo incontro con le Regioni e le aziende del tpl di sollecitare Azzolina a monitorare e intervenire sugli orari scaglionati?
Ma quello degli orari scaglionati delle scuole non è la sola cosa che poteva e doveva essere fatta per tenere in piedi lo schema della capienza a bordo dell′80 per cento. La lista è lunghissima ed è nota a tutti da inizio settembre. Allegato 15 del Dpcm del 7 settembre. Titolo: “Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del Covid-19 in materia di trasporto pubblico. Cinquantacinque pagine, incluse le indicazioni per la gestione dei focolai nelle scuole, dove sono previste una serie di azioni. Come gli orari differenziati “con ampie finestre di inizio e fine di attività lavorativa” per “prevenire i rischi di aggregazione connessi alla mobilità dei cittadini”.
Ma anche la differenziazione e il prolungamento degli orari di apertura di uffici, negozi, e servizi pubblici, oltre che delle scuole. E poi ancora l’aumento delle corse “soprattutto durante le ore di punta”.
E “interventi gestionali” per regolamentare gli accessi nei luoghi di accesso ai mezzi pubblici. C’è scritto anche che bisogna predisporre dei sistemi che bloccano l’accesso alle banchine nel caso ci sia troppa gente. Ma perché allora le banchine di molte stazioni della metro, e di tante città, sono state immortalate in foto e video dove neppure si riesce a intravedere il suolo a causa dell’affollamento?
E si arriva qui alle responsabilità delle aziende di trasporto pubblico, che affermano di aver sempre fatto rispettare la capienza dell′80%, ma che non possono negare che ci sono stati degli episodi di sovraffollamento. Perché i governatori e i sindaci che oggi chiedono più corse non l’hanno chiesto prima alle stesse aziende? E se è un problema di soldi possibile che 1,2 miliardi già stanziati dal Governo, anche per risarcire le aziende dei mancati introiti durante il lockdown, non bastano per coprire le esigenze nei territori? A tutte queste domande, e non solo, bisognerà dare una risposta.
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