silvia romano aisha

MI CHIAMO “AISHA” E SONO LA MADRE DEI CREDENTI - ECCO L’ORIGINE DEL NOME SCELTO DA SILVIA ROMANO - PROMESSA IN SPOSA DA BAMBINA A MAOMETTO, DIVENNE UNA LEADER POLITICA E MILITARE SIA AL FIANCO DEL MARITO CHE DOPO LA SUA MORTE. LA SUA OPPOSIZIONE AD ALI, CUGINO E GENERO DEL PROFETA, HA SEGNATO LA STORIA DELL’ISLAM. LE DIVISIONI TRA SCIITI E SUNNITI…

Viviana Mazza per corriere.it

A’isha è un nome arabo, significa «viva»: lo ha scelto Silvia Romano. Si chiamava così la compagna più intima e amata di Maometto, dopo la morte della prima moglie Khadija, ed è per questo un nome popolarissimo tra i musulmani di tutto il mondo.

SILVIA ROMANO

 

 

 

A’isha bint Abi Bakr era la figlia di Abu Bakr, uno dei capi più influenti della prima comunità musulmana, che divenne uno dei compagni del Profeta e poi, dopo la sua morte, il primo califfo dell’Islam. L’età del fidanzamento e delle nozze è tuttora oggetto di dibattito tra gli studiosi: secondo alcuni fu promessa in sposa al Profeta a sei anni, secondo altri a nove anni, e non è chiaro se il rapporto sia stato consumato quando raggiunse la pubertà.

 

 

aisha

 

L’influenza di Aisha

A’isha era una donna estremamente influente: quasi un sesto di tutti gli hadith «attendibili» (non solo sulla vita privata di Maometto, ma anche su questioni che vanno dall’eredità al pellegrinaggio) possono essere ricondotti a lei. Fungeva da leader politica, accompagnava a dorso di cammello il marito, che andasse in battaglia o a negoziare un trattato. ‘A’isha, come attestano tutte le tradizioni, era l’unica persona che poteva permettersi di rispondere a tono a Maometto. È tra le sue braccia che il Profeta dell’Islam è morto.

 

Sunniti e sciiti

L’antagonismo tra le fazioni di A’isha e ‘Ali, cugino e genero del Profeta, segnerà poi le divisioni tra sunniti e sciiti e la renderà un personaggio odiato da questi ultimi, al punto che ai nostri giorni hanno preso il suo nome anche brigate anti-sciite che hanno rivendicato attacchi contro l’Hebzollah.

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Gli ultimi vent’anni della sua vita, fino alla morte a 62 anni, trascorsero a Medina, lontano dalla politica, e si riconciliò con Ali. Oggi A’isha viene spesso citata da fronti opposti: da chi si richiama a lei per difendere la pratica delle spose bambine, ma era anche per esempio diventata simbolo delle femministe saudite che rivendicavano il diritto a condurre l’auto ricordando che lei «guidava» il cammello.

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