DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
1. LA VER GOGNA
Massimo Gramellini per “la Stampa”
C’è tanta nuova ancorché assurda normalità nella storia dell’adolescente torinese filmata e rilanciata da migliaia di telefonini mentre fa sesso con un «trombamico» nei bagni di una discoteca. Se a fine millennio (non scriverei «ai miei tempi» nemmeno sotto tortura) non era poi così strano avvilupparsi tra adolescenti negli anfratti di un locale, oggi è possibile allestire accoppiamenti acrobatici persino nei gabinetti della scuola. Se una volta era normale, anche se sgradevole, vantarsene con gli amici, adesso è diventato normale per entrambi i sessi vantarsene con il mondo intero, tramite un video o una foto.
Basta leggere quanto la ragazzina scrive su Ask.fm, discettando di «trombamici», letti sfondati ed eccitazioni assortite per capire che siamo di fronte a una normalità parallela, in cui il sito youporn mette a disposizione di chiunque centinaia di migliaia di video senza alcun senso del proibito. Una realtà banale come il male. Se gli adulti la giudicassero, si potrebbero soltanto scandalizzare. E quei ragazzi li guarderebbero come noi guardavamo le nostre nonne quando si scandalizzavano per chi non arrivava vergine al matrimonio.
Quella dei «trombamici» che usano la bomba atomica dei telefonini con la stessa inconsapevolezza con cui noi brandivamo la fionda dei bigliettini anonimi rappresenta per molti adolescenti (non per tutti, ovviamente) la nuova normalità. Per la nostra generazione certi video incarnano la gogna eterna, per la loro una modalità di espressione che utilizzano fin da bambini. Riconoscerlo non è una resa, ma il punto di partenza di un’impresa ai limiti dell’eroico. Comunicare.
PAGINA FACEBOOK SESSO NEI BAGNI DEL LOUD DISCOTECA DI TORINO
2. FILMATA MENTRE FA SESSO NESSUNO RIESCE A FERMARE IL VIDEO SU WHATSAPP - VITTIMA UNA 16ENNE. DENUNCIATI QUATTRO GIOVANI
Massimo Numa e Niccolò Zancan per “la Stampa”
Fuori dal bagno, frastuono di musica. Qualcuno urla nel microfono un conto alla rovescia: «Meno cinque, meno quattro... Battiamo le mani, dai!». Dentro al bagno della discoteca «Loud», in via Sacchi, pieno centro, appoggiati alle piastrelle grigie, lei e lui, 16 e 21 anni, stanno insieme. Due telefonini riprendono la scena dall’alto: inquadrano capelli, bocche, impaccio, tutto. Quella scena intima diventa un video che viaggia verso altri cellulari.
Quasi immediatamente viene pubblicato su WhatsApp e Facebook. E nel giro di due settimane, lo vedranno, secondo la polizia postale, non meno di tremila persone. Commenti tipo: «Novabbeeeeeeee ahahahaha». «Beccatevi questa ahahahaha». C’è chi, addirittura, apre una pagina dedicata: «I bagni del Loud». Foto, video, dettagli: 490 «mi piace» in due giorni. «E per chi non ce la fa a raggiungere il bagno, questa è la via...».
LA VITTIMA E GLI INDAGATI
La ragazza del video studia in un istituto tecnico. Vede ritornare indietro la scena sul suo telefonino. È uno scambio virale. A scuola tutti commentano. Fino a quando un professore - anche lui testimone della forsennata condivisione - convince la vittima ad andare alla polizia. Ieri mattina, la denuncia ha sortito i primi effetti: tre ragazzi e una ragazza, fra i 20 e i 22 anni, sono stati iscritti nel registro degli indagati per divulgazione di materiale pedopornografico. Sono figli di famiglie normalissime. Si dice sempre così, ma è proprio vero. Studenti. Belle case. Incensurati.
Le perquisizioni sono scattate alle sette di mattina. I genitori, lette le carte, li hanno difesi a spada tratta. Un padre è arrivato a dire: «Se quella è un tr..., che c’entra mio figlio?». Questo hanno sentito con le loro orecchie gli agenti mentre sequestravano telefonini e computer. I ragazzi a verbale, in fotocopia: «È?vero, ho messo sulla mia pagina Facebook quel video. Non pensavo ci fosse niente di male». È una storia in cui nessuno sembra averci capito qualcosa. La cosa peggiore è che adesso è praticamente impossibile cancellare quel video dal web. Mentre su Facebook si può identificare ed eliminare, i messaggi privati di WhatsApp non permettono questo passaggio tecnico.
INSULTI SULLA RETE
Il tono goliardico sui social network, appena si è saputo della denuncia, si sono trasformati in odio allo stato puro. Illazioni feroci: «Non ho visto il video, ma mi è stato detto che lei sapeva benissimo di essere ripresa e perdipiù guardava in camera». Falso.
LA MIGLIORE AMICA
La migliore amica della ragazza risponde con voce pacata. A suo padre non ha raccontato niente, neppure di essere stata sentita dai poliziotti. Lei c’era quel sabato notte. Tutti avevano bevuto molto. «Non è vero che la mia amica sapesse di essere ripresa. Ha chiesto a quel ragazzo, ha chiesto a tutti gli amici. Fanno gli gnorri...». Quando ha deciso di sporgere denuncia? «Quando il video è arrivato nella nostra scuola. L’hanno visto anche i professori. La mia amica vuole sapere chi è stato a fare una cosa del genere...». I telefonini da cui è partito il video sarebbero almeno due.
IL RUOLO DELLA SCUOLA
La scuola ha avuto un ruolo cruciale. Spiega il preside: «Sono state alcune compagne di classe ad avvisarci. Erano molto preoccupate. Insomma, parlando con la massima delicatezza, siamo risusciti a convincere la ragazza a sporgere denuncia».
PAGINA FACEBOOK SESSO NEI BAGNI DEL LOUD DISCOTECA DI TORINO
IL REATO CHE CONTINUA
Ed eccola la protagonista involontaria di quel video nel bagno della discoteca Loud, la vittima di questa storiaccia. Una settimana fa è andata dalla polizia postale. Ha raccontato tutto. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Anna Maria Loreto. I primi quattro profili Facebook con i video sono stati cancellati. Gli inquirenti lanciano un appello a chi si ostina a non capire: «Non diffondete quel video. Non solo state commettendo un gesto odioso nei confronti di una ragazzina di 16 anni, state commettendo un reato». L’ultimo messaggio sulla pagina dedicata ai bagni del «Loud» è di tre giorni fa: «Ebbene sì, ci stanno attaccando, ma non molliamo. Fatevi una risata e una s.... nei bagni».
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