giuseppe ghirardini bozzoli

IL MISTERO DELLA SCOMPARSA DI MARIO BOZZOLI, IL SOSPETTO CHE SIA STATO BRUCIATO NELL’ALTOFORNO. IL MARESCIALLO: ‘UN’ARMA DA IGNORANTI: PER LA CREMAZIONE DEL CORPO UMANO SERVONO 1200 GRADI, LA FONDERIA ARRIVA A 960. SE CI SONO RESTI, SI TROVERANNO’ - DOMANI IL MEDICO LEGALE LI CERCHERA'. MA IL GIALLO S’INTRECCIA CON BEPPE GHIRARDINI, L’OPERAIO CHE CURA IL FORNO ED È STATO RITROVATO MORTO PRIMA DELL’INTERROGATORIO

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1. BRESCIA, IL GIALLO DELL'IMPRENDITORE SCOMPARSO: "TROVATE TRACCE BIOLOGICHE"

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alla ricerca di tracce biologiche nella fonderia bozzolialla ricerca di tracce biologiche nella fonderia bozzoli

 

E' l'8 ottobre, poco dopo le 19.15. Mario Bozzoli è sparito nel nulla, e il forno della sua fonderia fa registrare una fumata anomala. Da qui, la convinzione che l'imprenditore sia stato ucciso in azienda, il suo corpo soppresso e poi distrutto nella colata del forno Rm Fomet 80. Ma finora poche certezze. Sul giallo di Brescia, che riguarda anche la morte di uno dei dipendenti, Giuseppe Ghirlandini, adesso si aggiunge un altro particolare: ci sono "tracce biologiche" all'interno della fonderia di Marcheno. Lo conferma il procuratore capo Tommaso Buonanno, che ha però anche aggiunto: "Ora bisogna vedere se sono ricollegabili a Mario Bozzoli".

 

 

2. IL MORTO, LO SCOMPARSO E IL FORNO DELLA FONDERIA “LÌ SI SVELERÀ IL MISTERO”

Piero Colaprico per “la Repubblica

 

ADELIO BOZZOLIADELIO BOZZOLI

Nebbie nere, montagne oscure, la Valtrompia non si ferma mai, si lavora giorno e notte, e anche alla ditta Bozzoli, a Marcheno, era così. Sino a quando dal cumulo di fabbriche cresciute accanto al fiume Mella non è nato un feroce enigma. Due uomini di 50 anni, che si conoscevano da ragazzi, e che — uno operaio e l’altro padrone — lavorano sotto la stessa ciminiera, e accanto allo stesso forno, sono scomparsi. Solo uno dei due è stato ritrovato cadavere.

 

MARIO BOZZOLIMARIO BOZZOLI

Anche l’altro, pensano gli investigatori, è purtroppo morto. Ed è stato ucciso in ditta, ma dirlo in pubblico non si può. Si usano giri di parole anche per indicare l’ipotetica arma del delitto, il forno che sale sino a 960 gradi di temperatura, per fondere il rame, metallo utile a ricavare lingotti di ottone, il business della ditta.

 

Un’arma, il forno incandescente, che evoca l’essenza stessa della Valtrompia, e un’arma spregevole, crudele, che rimanda al dio fabbro Vulcano, geloso e avido: «Un’arma da ignorante »,smitizza un vecchio maresciallo. «Per la cremazione del corpo umano servono 1. 200 gradi, molti più che per fondere i metalli, quindi nel crogiolo, dove si fermano gli scarti della fusione, potrebbe esserci qualche cosa, e l’assassino non lo sapeva. Ma qualcuno sta per andare a cercare, e se trova reperti… ».

GIALLO BRESCIAGIALLO BRESCIA

 

Questo qualcuno è Cristina Cattaneo, medico legale di grande bravura e di lungo corso, che domani indosserà la tuta e torna in fabbrica. «Per accusare uno di omicidio — continua il maresciallo — ci vuole un cadavere o una confessione, dice il codice, e per adesso non abbiamo niente, con i “si dice” fanno gli show in tv, noi non andiamo da nessuna parte ». È tanto vero che il comando provinciale dei carabinieri di Brescia, il procuratore Tommaso Buonanno e il sostituto Alberto Rossi sin dall’inizio si sono dati una parola d’ordine molto precisa: «Niente Cogne».

GIALLO BRESCIAGIALLO BRESCIA

 

Cogne, con l’omicidio di mamma Franzoni contro il piccolo Samuele, come archetipo nazionale di «come non bisogna agire», con l’inquinamento maldestro della scena del crimine. Nella planimetria della Bazzoli srl lo scenario è stato tenuto in considerazione in modo da portare i detective a svelare il doppio mistero della Valtrompia, a scorgere, se c’è, o se non sia solo una formidabile coincidenza, quel legame mortale che sinora stringe Mario Bazzoli, l’imprenditore, e Beppe Ghirardini, l’operaio.

giuseppe ghirardini  giuseppe ghirardini

 

Bazzoli. O meglio dire «i Bazzoli ». Mario si è smaterializzato nella fabbrica e Adelio, il fratello maggiore, nega che lui c’entri. Né, sostiene, c’entrano i figli, Alex e Giacomo. Dov’erano tra le 19 e le 20 dell’8 ottobre? Papà Adelio non era in fabbrica, si trovava a Marcheno, nella villa di famiglia. È una villa in tutto e per tutto simile a quella del fratello Mario. Gemella e confinante, mattoni solidi e recinti.

 

I suoi figli? Alex, il minore, in fabbrica ci vive proprio. Ha un appartamento, ricavato da una casa colonica, sopra la modernità dell’impianto, e ci sta con moglie e bambini. Giacomo, il maggiore, abita lontano da Marcheno: la sua Porsche Cayenne va e viene dalla fabbrica, parte e torna, inquadrata dalle telecamere di sicurezza. Come mai era così indaffarato?

 

l auto ritrovata di giuseppe ghirardinil auto ritrovata di giuseppe ghirardini

Nessuno può elargire risposte certe, oggi si mettono in fila orari, luoghi, persone. Sono le 19.11 quando zio Mario chiama dal capannone l’adorata moglie Irene per dire «Mi cambio e arrivo». Hanno in programma una cena sul lago di Garda. Decenni fa Giorgio Scerbanenco scriveva: ‘I milanesi ammazzano il sabato, perché sino al venerdì lavorano. È giovedì, le abitudini sono cambiate, e il weekend lungo si può fare, ma si muore lo stesso’.

 

Il rullo trasportatore, che porta il rame e altri metalli verso il forno acceso, è in movimento. Il forno ha un grande portellone all’altezza del nastro trasportatore e ne ha un altro frontale, in alto, capiente, ma dal quale ci si affaccia salendo su una stretta scala a chiocciola. In una manciata di minuti, e la coincidenza preoccupa sin da subito, Mario, alto un metro e 90, 90 chili di peso, sparisce e il sistema di gestione del forno lancia un alert.

alla ricerca del cadavere di giuseppe ghirardinialla ricerca del cadavere di giuseppe ghirardini

 

Per una fumata anomala. Mario è dunque sparito, nel frattempo, mentre le chiavi della sua Bmw restano sull’armadietto degli abiti, e anche i suoi abiti sono là, il telefonino smette di funzionare. Ma nessuno fa niente, nessuno dice niente, finché, dopo le 23, trafelata, accompagnata dal figlio maggiore, arriva Irene.

 

«L’ho visto andare verso lo spogliatoio », dice Beppe Ghirardini, l’operaio che cura il forno, e che ha sempre un sacco di cose da fare. Con la morte nel cuore, Irene va il prima possibile dai carabinieri, vuole raccontare a verbale non solo quello che ha visto, ma anche che il suo Mario aveva paura dei nipoti, che li sospettava di rubare materiale in ditta. E che stavano per separarsi e diventare concorrenti, ma — questo la denuncia della moglie non lo dice — la fabbrica storica, quella ereditata dal padre, in via Gitti a Marcheno sarebbe rimasta a Mario, e Adelio e figli sarebbero andati via da lì, a Bedizzole.

 

adelfio bozzoliadelfio bozzoli

Beppe Ghirardini, l’operaio, che c’entra? Sarebbe sbagliato aggiungere fantasie a quello che si sa. E cioè che cinque giorni dopo la scomparsa di Mario, la fabbrica viene messa sotto sequestro. Sei giorni dopo Beppe, che sarebbe dovuto essere interrogato di nuovo, se ne va da casa. In quel piovoso, gelido mercoledì 14 ottobre compie un giro stralunato sui monti, per finire sui bricchi di Ponte di Legno, quota mille e 800 metri, neve e boschi silenziosi, senza turisti, con un misero impermeabilino.

scorie dell altoforno fonderia bozzoliscorie dell altoforno fonderia bozzoli

 

Lo trovano domenica scorsa, l’autopsia per ora esclude ferite, e non ha ancora escluso —gli esami sono in corso — l’avvelenamento. Il suo telefonino, che è stato cercato nel raggio di 500 metri dal corpo, non c’è.

 

Com’erano insieme nella fabbrica, così Mario e Beppe sono appaiati nelle indagini su questa fuligginosa Valtrompia, che ha per dio il denaro, e un credo, il lavoro: quello che si può essere pronti a fare, in nome di quel dio e quel credo, è diventata materia della Procura di Brescia.

mario bozzolimario bozzoli