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(ANSA) - "Questa piazza mi dà il coraggio e la determinazione di andare avanti". Così il sindaco di Roma Ignazio Marino. "State scrivendo una pagina importante della democrazia di questa città" ha aggiunto.
(ANSA) - "Voi mi chiedete di ripensarci. Io ci penso e non vi deluderò". Così il sindaco dimissionario Ignazio Marino intervenendo in piazza del Campidoglio. "Noi siamo realisti vogliamo l'impossibile" ha aggiunto.
(ANSA) - "La democrazia non si esercita in stanze chiuse ma nelle piazze. Dobbiamo chiedere un confronto a tutti gli eletti".
(ANSA) - "Abbiamo certamente fatto degli errori ed io me ne assumo la responsabilità. Ma chi entrando in una casa distrutta ha il dono dell'infallibilità?".
(ANSA) - "Ci siamo fatti certamente dei nemici. Qualcuno vorrebbe fermare questo processo adesso che la città può ripartire". "Su queste scale si sono presentati con il saluto romano - spiega - Noi abbiamo portato le decisioni dai salotti cosiddetti buoni all'aria aperta. Abbiamo scelto sulla base del merito e non sulla base degli amici degli amici o alle tessere del partito".
(ANSA) - Rievocano lo slogan con cui Ignazio Marino ha 'conquistato' il Campidoglio, 'daje'. È iniziata così sul colle capitolino la manifestazione dei supporter del sindaco-chirurgo scesi in piazza oggi per chiedergli di ritirare le dimissioni. E sulla facciata di Palazzo Senatorio è stato srotolato uno striscione con la scritta "Daje più forte" con affianco il simbolo della Lista civica Marino.
Centinaia e centinaia di persone sono radunate sotto il Campidoglio dando vita ad un vero e proprio 'assedio sonoro' al grido di 'Ignazio, Ignazio, Ignazio'. In tanti in piazza hanno indossato delle fasce tricolori in plastica, simbolo dei primi cittadini. In piazza del Campidoglio a sostegno del sindaco dimissionario Ignazio Marino è sceso anche un 'marziano'. O meglio un cittadino di Ostia con un costume argentato, lo stemma con una 'M' rossa e tanto di antenne illuminate in testa.
Giovanna Vitale per “la Repubblica”
Ci credono, i supporter di Ignazio Marino. Oggi sarà «il giorno della svolta», scrivono a centinaia sui social che per settimane sono stati il motore dell’adunata convocata all’ombra del Campidoglio. Quando al rintocco di mezzogiorno almeno 5mila persone, questa la stima della vigilia, scenderanno in piazza per urlare «sei il nostro sindaco, ripensaci», ebbene sono convinti che «tutto cambierà e il Pd dovrà arrendersi».
Un tamtam inarrestabile, che mescola cittadini comuni e militanti delusi, frange ostili alla linea del commissario Orfini e deputati della minoranza dem in cerca di visibilità come Marco Miccoli, che propone di «offrire a Marino l’onore delle armi, consentendogli di formare una “giunta di scopo” per il Giubileo».
Condito da simboli («Vestiamoci con qualcosa di bianco, una sciarpa o un cappello») e animato da una speranza che potrebbe coincidere con la tentazione del chirurgo di far saltare definitivamente i nervi al partito di maggioranza: mischiarsi alla folla, farsi incoraggiare e infine annunciare «ho deciso, resto, è il popolo che me lo chiede». L’antipasto offerto già ieri durante il blitz al cantiere giubilare alla stazione Termini «chiuso in anticipo perché noi siamo un’amministrazione efficiente », si è vantato, ribadendo a proposito del suo addio: «Sto solo facendo ciò che la legge mi consente».
È il colpo di scena che tutti si aspettano. E che però — ragiona il “cerchio magico” — potrebbe essere rinviato di qualche giorno. Per tirare ancora la corda. E far implodere il Pd. Rimandando il ritiro delle dimissioni a fine mese, così da neutralizzare la melina sulla convocazione del consiglio comunale per votare la sfiducia, che a quel punto non potrà più essere scongiurata.
È in quella sede che il sindaco — preferibilmente fra il 4 e il 5 novembre, giorno di avvio del maxi-processo sul Mondo di Mezzo che vedrà alla sbarra Alemanno insieme a diversi esponenti dem — si presenterà da primo cittadino in carica. Per dire pubblicamente: «Vedete, sono i partiti di Mafia Capitale che mi vogliono cacciare». Un copione pronto ad essere recitato, qualora in Campidoglio non ci fossero le condizioni, nell’aula bunker di Rebibbia, dove si recherebbe con tanto di fascia tricolore per formalizzare la costituzione di parte civile.
L’obiettivo minimo, al momento, è uno solo: «Voglio parlare con Renzi», ripete Marino cercando un canale. Ieri tuttavia negato anche dal vicesegretario Guerini: «Il sindaco ha ritenuto di dover presentare le dimissioni, stiamo ai fatti», ha liquidato ogni previsione sul futuro. Che invece Nichi Vendola sembra intravedere: «Sulla questione scontrini si è determinato un corto circuito con la città, ma se lui in consiglio comunale è in grado di dimostrare che è un complotto dei poteri forti noi lo ascolteremo con molta attenzione ». Una boccata d’ossigeno, per Marino.
Convinto di potercela ancora fare. Contando sulle crepe di un Pd ormai a pezzi. Con cui da tempo è guerra totale. Al punto da non aver rinnovato la tessera né nel 2014 né nel 2015. E al quale non sono state neppure versate le quote che tutti gli eletti devono al partito (il 10% dello stipendio mensile) per un totale di 10mila euro.
Una battaglia a tutto campo che però anche un vecchio amico come Michele Meta gli chiede di abbandonare: «La situazione attuale non lascia spazio a incomprensibili forzature ». Fiato sprecato. Il sindaco non intende ascoltare.
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