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1. IL CORPO MARTORIATO DI REGENI: MOSTRARLO O NO?
Da il “Fatto Quotidiano”
Se siamo disposti a mostrare l' immagine di Giulio dopo le torture?
Se il 5 aprile sarà una giornata vuota, confidiamo in una reazione forte del nostro governo. È da quando Giulio è scomparso che aspettiamo una risposta. L' immagine è una cosa che comunque abbiamo, speriamo di non dover arrivare a questo per rispetto nei confronti di Giulio". Ha risposto così Paola, madre di Giulio Regeni, alla domanda del direttore di Repubblica Mario Calabresi. "Il suo volto - ha spiegato la donna - così come restituito dall' Egitto era diventato piccolo piccolo piccolo. Sul suo viso ho visto tutto il male del mondo che si è riversato su di lui". Se quelle immagini finissero in mano agli organi di stampa, sarebbe giusto divulgarle? Ecco le risposte, diverse, degli interlocutori che abbiamo scelto.
2. MARCO BELPOLITI: SOLO LA MADRE PUO’ DECIDERE DI FAR VEDERE IL FIGLIO MORTO
Da il “Fatto Quotidiano”
C' è una regola non scritta per cui i corpi che possono essere esibiti devono essere corpi giovani e belli. La pubblicità lo fa ogni giorno, perché i corpi sono desiderabili, e il rapporto tra il corpo e la merce è strettissimo.
Ma se il corpo che viene esposto è un corpo maciullato che ha senso esporlo? Ora, se è vero che Paola Regeni ha proposto di esporre le fotografie del corpo e del viso disfatto del figlio, possiamo accettarlo? Non è una persona qualsiasi; è la donna che l' ha portato in seno e partorito. Una madre. Credo che la minaccia di mostrare le foto del proprio figlio morto sia un gesto estremo, difficile da accettare, ma legittimo.
Cosa altro può fare una madre davanti al muro di gomma delle autorità egiziane? Sono immagini che turbano, ma non di più, o di meno, delle cose che sappiamo o meglio non sappiamo della fine del giovane. Solo lei, la madre può mostrarle. Non vanno pubblicate da un giornale se le riceve da altri. Sono legate al corpo di chi l' ha esposto al mondo, e che ora ha solo un corpo disfatto su cui piangere. Un gesto di umana pietà.
3. OLIVIERO TOSCANI: TUTTI DEVONO VEDERE E SAPERE, LA FAMIGLIA NON ATTENDA ANCORA
Da il “Fatto Quotidiano”
Non ci sono dubbi sulla possibilità di pubblicare le fotografie del corpo martoriato di Giulio Regeni. Se quelle foto esistono io voglio vederle e devono essere pubblicate perché sono una prova della verità.
Le immagini rappresentano il documento di quanto è avvenuto quel 25 gennaio in Egitto, della tortura alla quale quel ragazzo è stato sottoposto. Soprattutto, tutti devono essere messi nella condizione di vedere quanta violenza l' essere umano può essere capace di compiere verso un altro uomo, in questo caso più che mai si tratta di un atto dovuto all' intera umanità.
Drammatico è che la famiglia debba sentirsi costretta ad arrivare a fare questo gesto per ottenere un atto di forza dal nostro governo che finora è stato solo preso in giro dalle autorità egiziane. Per questo io credo che Paola e Claudio Regeni non devono aspettare ancora, ma farlo subito. Prima che il governo italiano arrivi a una soluzione di compromesso per chiudere in fretta la vicenda. Perché Giulio non è morto per un compromesso.
4. ILARIA CUCCHI: "LA PAROLA NON BASTA. E TOCCA ALLE DONNE"
Silvia D’Onghia per il “Fatto Quotidiano”
Le parole, purtroppo, a volte non bastano. Arriva il momento in cui, per dare una svolta non soltanto da un punto di vista mediatico, occorre aggiungere dolore al dolore e mostrare le immagini". Ilaria Cucchi ci è passata sei anni e mezzo fa quando, dopo aver convinto mamma Rita che non voleva ("mio figlio non approverebbe, ripeteva"), decise di rendere pubbliche le foto del cadavere martoriato di suo fratello Stefano. "Bisognava superare uno scoglio".
Cosa ha pensato l' altro giorno quando ha sentito parlare al Senato la mamma di Giulio Regeni?
Sono tornata indietro. Le storie di Giulio e Stefano sono diverse, ma hanno aspetti simili. Quando noi facemmo quella conferenza stampa per mostrare le foto di mio fratello, eravamo ancora storditi dalla perdita e dall' incredulità di quanto ci era accaduto. È stata la prima delle innumerevoli volte in cui abbiamo dovuto rivivere il dolore, un' ulteriore violenza dopo il dramma subìto.
Mostrare quelle immagini è stato un gesto sofferto, ma indispensabile, fondamentale.
Il vero momento di svolta. Solo che non posso non chiedermi perché una famiglia che è già stata sottoposta a una violenza inaudita deve pure trovare la forza per mostrare quello che è successo al proprio caro.
E che risposta si è data?
Se avessimo una giustizia giusta non ci sarebbe alcun bisogno di mostrarle. Ma evidentemente così non è. Noi avevamo uno scoglio da superare: mettere l' opinione pubblica di fronte a un fatto che avrebbe reso impossibile girarsi dall' altra parte.
Molto spesso, per una sorta di autodifesa, le persone colpevolizzano - pur se inconsapevolmente - la vittima. Dovevamo dimostrare che le parole con cui stavano dipingendo mio fratello e la sua morte, una banale 'caduta dalle scale', nulla c' entravano con quel corpo martoriato.
Lei, la mamma di Regeni, Patrizia Aldrovandi, Lucia Uva, Domenica Ferrulli, Claudia Budroni e altre figlie, sorelle, mamme. Perché sono le donne a combattere queste battaglie?
Ho capito che quando si prova un dolore tanto grande le reazioni sono due: o ci si chiude in se stessi oppure, come fanno le donne, si cerca di tirar fuori del buono da quel dolore.
Combattere serve a convincersi che quella morte non è stata inutile, fine a se stessa, e quindi a trasformare la rabbia in qualcosa di costruttivo. Serve a dare un senso.
Quanto deve essere spessa la corazza da indossare?
Se sei costretto a parlare in pubblico, tanto. Ma in realtà la corazza ce l' hai già. Quando mi comunicarono la morte di mio fratello, di fronte alle mie domande volte a capire perché e come, mi risposero: "Se non ci crede vada a controllare le carte, è tutto in regola".
Fu in quel momento che capii di aver di fronte un muro e che quelle risposte me le sarei dovute cercare da sola. È lì che indossi la corazza: non c' è tempo di piangere, sono troppe le cose da fare.
Cosa direbbe alla mamma di Giulio?
Di avere la certezza che tutto ciò che farà lo farà per suo figlio. Mai dovrà sentirsi in colpa, neanche se sceglierà di mostrare le foto di quel corpo irriconoscibile. Forse in alcuni momenti sentirà il bisogno di chiedergli scusa. Ma tutto ciò che farà servirà a dimostrare che la vita di suo figlio conta qualcosa.
REGENI
manifestazione per giulio regeni
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