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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago,
ci sono dei momenti in cui ho l’impressione di appartenere a una razza inadatta al presente. Prendiamo questi ultimissimi giorni del dannatissimo 2020 in cui piovevano sul mio computer sfilze di auguri e laddove io per nessuna ragione al mondo invio degli auguri a qualcuno. Vengo e mi spiego.
Il 90 per cento degli auguri che ricevevo erano palesemente dovuti al fatto di stare io in una mailing list di non quante decine e decine di individui. L’autore degli auguri batte al computer una formuletta qualsiasi, clicca, e in un batter di ciglia la formuletta arriva ai suoi amici, o forse ai suoi clientes.
Ecco, di questi auguri io mi ci pulisco le scarpe e mai e poi mai ne invierei di similari. Poi ci sono quelli che mandano auguri accompagnati da foto della bottiglia di champagne che si accingono a bere o dell’albero di Natale addobbato a casa loro. Non li guardo nemmeno. Uno che peraltro è un uomo intelligente mi ha mandato una mail in cui mi raccontava tutto quello che aveva fatto durante l’anno, scendendo nei dettagli. L’ho letta con piacere, non ho risposto.
Ripeto, io non mando una mail di auguri a fine anno o per le feste comandate nemmeno morto. La mia politica è completamente diversa. In uno qualsiasi dei 365 giorni all’anno se mi capita l’occasione mando un messaggio strettamente ad personam e strettamente relativo al lavoro e all’identità di quella persona.
Dopo avere letto un loro articolo, mando un evviva a Fabrizio Roncone, a Michele Masneri e Simonetta Sciandivasci del “Foglio”, ad Alessandro Ferrucci del “Fatto”, più e più volte al mio fraterno amico Mattia Feltri e ovviamente a sua moglie, la pirotecnica Annalena Benini. Se Alfio Caruso scrive un suo libro, subito gli scrivo che attendo con impazienza di leggerlo.
E siccome non mi perdo una delle risposte ai lettori di Aldo Cazzullo nella sua rubrica sul “Corriere della Sera”, più e più volte gli scrivo a dirgli la mia consonanza con quello che ha scritto. Naturalmente scrivo due parole a Dago quando mette talmente bene un mio pezzullo, al punto da renderlo cento volte più attraente.
C’è che io sono interessato agli altri, mi interessa il loro lavoro e sono felice di farglielo sapere. In generale mi piace ascoltare, mi piace impararare, non sentire me stesso che da trent’anni ripeto la solita solfa. Nemmeno sotto tortura manderei una foto della bottiglia che sto per bere o promoverei una mia cosuccia scaraboccchiata da qualche parte.
mattia feltri con il padre vittorio premio e' giornalismo 2018
Ps. C’è stata un’eccezione al mio silenzio sul mio lavoro. La volta che ho invitato Mattia a dare un’occhiata a un mio scrittarello dov’era un cenno a suo padre. Con il quale ho lavorato tanto e mai una volta che mi avesse detto di spostare di un centimetro una virgola. Sì, a Vittorio Feltri voglio bene. Ci tenevo che Mattia lo sapesse.
giampiero mughiniibra auguri di natale
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