rivolta a napoli contro le misure anti covid

“I SOLDI MI BASTANO PER VIVERE ALTRI DUE MESI” - A NAPOLI CONTINUANO I TAFFERUGLI IN PIAZZA CONTRO LE MISURE ANTI COVID: “CHIEDIAMO UNA PATRIMONIALE. VA BENE SALVARCI DAL VIRUS E STARE CHIUSI IN CASA, MA VOGLIAMO UNO STIPENDIO DIGNITOSO” - IN CAMPANIA SI CONTANO 25 MILA ESERCIZI PUBBLICI: UN QUINTO È GIÀ A RISCHIO CHIUSURA. NEGLI ULTIMI OTTO MESI IL COMPARTO HA PERSO UN MILIARDO DI EURO - E POI CI SONO I LAVORATORI IN NERO CHE ORA NON HANNO SOLDI PER PAGARE GLI AFFITTI, IL CIBO, LE BOLLETTE…

Niccolò Zancan per “la Stampa”

 

RIVOLTA A NAPOLI CONTRO LE MISURE ANTI COVID

Chi c' è, proprio adesso, nella città in fiamme? Francesca De Rienzo, 33 anni, costumista: «Mi restano i soldi per vivere soltanto altri due mesi». Mimì Ercolano, sindacalista dei Cobas: «Chiediamo una patrimoniale. Va bene salvarci dal virus e stare chiusi in casa, ma vogliamo uno stipendio dignitoso». Poco più avanti stanno lanciando uova di vernice contro la sede di Confindustria. Diluvia e fa caldo.

 

In Piazza dei Martiri la polizia è schierata. Qualcuno urla: «Bastardi!». Qualcun altro vuole passare. Parte una carica. Esplode una bomba carta sui piedi degli agenti.

Volano pietre e manganellate. Così, per il secondo giorno consecutivo, la sera di Napoli è questo frastuono di sirene e bottiglie in frantumi, è fatta di lacrime per i gas e per la rabbia.

I nuovi scontri sono andati in scena mentre in prefettura si stava tenendo un vertice straordinario per l' ordine e la sicurezza.

 

RIVOLTA A NAPOLI CONTRO LE MISURE ANTI COVID

Il sindaco Luigi De Magistris ostentava calma ai microfoni di Sky: «Non sono preoccupato per un' escalation di violenza. Piuttosto per la fragilità psicologica del territorio, per la depressione che cresce e per la sfiducia. Più che militari, servono medici, infermieri, posti letto e risorse economiche». Ma la manifestazione dei disoccupati e dei precari, dei fattorini e degli insegnanti, dei lavoratori del teatro, andava avanti con rabbia. Sul lungomare, i mezzi della polizia con cannoni ad acqua erano piazzati agli angoli di strada a difesa del palazzo regionale. Lì, nel punto esatto in cui venerdì notte c' era stata la prima sommossa italiana contro il lockdown.

 

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Le due manifestazioni sono molto diverse. Ma una cosa in comune ce l' hanno: è la paura. Paura del futuro. Paura di non avere più soldi per vivere. Paura di non reggere alla paura. L'attrice Alessandra Borgia era esasperata: «Non sono arrivati sostegni, si sono dimenticati di noi. Il cinema, il teatro, i musicisti: non esisterà più nulla di tutto questo». Le auto dei carabinieri passavano a sirene spiegate accanto ai locali degli aperitivi di Chiaia, che avrebbero dovuto chiudere, come tutti gli altri, alle 23. Era il secondo giorno di coprifuoco, con un lockdown regionale già annunciato.

 

Ma se quella di ieri sera è stata una manifestazione riconoscibile organizzata dai centri sociali e da sigle di sinistra, più difficile è decifrare quanto accaduto venerdì notte intorno al palazzo della Regione Campania. Lì c'erano uomini bardati di nero con fumogeni e bastoni, c' erano baristi e fattorini preoccupati di perdere il lavoro. Chi li aveva fatti incontrare per incendiare la notte? «Erano manifestanti con provenienze diverse, ma modi simili», spiega un investigatore. «Molti sapevano muoversi in un contesto di cortei violenti». Certi avevano portato i fumogeni, altri lanciavano pietre. Gli unici due arrestati, già condannati per direttissima per resistenza e rilasciati a piede libero, hanno 32 anni e precedenti per spaccio.

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E mentre infuriava la battaglia contro le forze dell' ordine, già era arrivata la rivendicazione del partito fascista Forza Nuova. E sempre lì, nella calca che assediava l' ufficio del governatore De Luca, c'era Giorgio Mascitelli, di mestiere agente di cantanti neomelodici e figlio del camorrista Bruno Mascitelli detto O' Canotto. C' erano ragazzi del centro sociale Zero81. E c' erano fattorini delle consegne a domicilio. Ultras del Napoli.

 

Uno degli organizzatori si chiama Gigi Lista, ma si fa chiamare «l' insorgente» e si dichiara neo borbonico. Dopo la notte di guerriglia, ha pubblicato un video in cui ha usato queste parole: «Se c' è un colpevole di quanto sta accadendo, quello è Vincenzo De Luca, un idiota che fa il guappo seduto dalla poltrona di casa sua. Ha gettato benzina sul fuoco e ha scatenato l' inferno. Non poteva permettersi, con quella sbruffonaggine, di dire a tutti i campani "io vi chiudo, coprifuoco"».

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Il governatore De Luca, da Salerno, ha confermato le sue intenzioni: «È stato uno spettacolo indegno di violenza e guerriglia urbana organizzata. Noi continueremo a seguire la nostra linea di rigore, senza cambiare di una virgola, come è nostro dovere fare». Forse verrà chiamato lockdown regionale, forse zona rossa. Ma già si capisce che tutti i negozi dovranno chiudere molto prima e forse per tutto il giorno. I commercianti hanno annunciato per oggi un' altra manifestazione di protesta, questa volta al Vomero.

 

In Campania si contano 25 mila esercizi pubblici: un quinto è già a rischio chiusura. Negli ultimi otto mesi il comparto ha perso un miliardo di euro. E c' è un sommerso di lavoratori che nessuno vede, ma che esiste. Lavoratori senza tutele, precari e in nero. E per tutti sono stipendi che vengono a mancare, soldi in meno per pagare gli affitti, il cibo, le bollette. È questo che accomuna tutte le proteste di Napoli.

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«Non reggiamo un' altra chiusura senza aiuti», dice il presidente regionale di Fipe (federazione italiani pubblici esercizi) Massimo Di Porzio. È il titolare di un ristorante storico in Piazza dei Martiri: «I modi del governatore De Luca sono stati sbagliati. Prima di tutto, sarebbe servito un piano di sostegno da parte della Regione, come per prendere una pillola amara serve un po' di dolcezza.

 

 E invece, abbiamo saputo del lockdown, dall' oggi al domani, con una diretta Facebook. Questo fa rabbia. L' annuncio di De Luca ha creato enorme preoccupazione, ma niente può giustificare le scene di violenza.

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Noi a manifestazioni del genere non ci saremo mai».

Era quasi l' ora di chiudere i locali. Poliziotti e carabinieri restavano appostati. Notte di Napoli, notte senza luci. E nessuno sapeva dire come sarebbe andata a finire.

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