
DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È…
“NEL CENTRO DI ROMA ORMAI NON SI PUÒ PIÙ LAVORARE” – DOPO 60 ANNI CHIUDE “LA ROSETTA” AL PANTHEON, STORICO RISTORANTE DI PESCE DELLA CAPITALE. LA DENUNCIA DEL TITOLARE, MASSIMO RICCIOLI: “IL TURISMO HA PRESO UNA PIEGA MORDI E FUGGI. CI SONO GROSSE COMITIVE CHE SI ACCONTENTANO DI GUARDARE, TANTO PER QUELLO NON SI PAGA UNA LIRA. E L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA CHE FA? MI HANNO FATTO UNA MULTA DA 5.000 EURO PER UN METRO E MEZZO DI TENDA CHE NEMMENO TOCCA TERRA. NON NE POSSO PIÙ” – “NEGLI ANNI ’80 A PRANZO DA NOI C’ERA TUTTA LA POLITICA. VENIVANO QUELLI DELLA DC, POI CRAXI, ALL’EPOCA NON AVEVANO BISOGNO DI FINGERSI MORTI DI FAME, LE PERSONE VENIVANO E SPENDEVANO...”
Estratto dell’articolo di Carolina Pozzi per www.cibotoday.it
massimo riccioli - ristorante la rosetta
Il pesce solo di martedì e venerdì? Macché, tutta la settimana. I crudi di mare e i trionfali plateau di ostriche? La Rosetta li serve da quando ancora li si guardava dubbiosi. Forte di una reputazione che, in sei decenni di servizio, si è fatta tanto solida da essere chiamata all’estero, per portare in giro la prima cucina davvero marinara che sia stata proposta a Roma.
Nei giorni in cui il Rione Pigna perde uno dei suoi baluardi gastronomici —l’ultimo servizio è stato il 10 maggio, “ma per qualche mattina sto ancora qua, per quelli che non si sono sbrigati a venire” — abbiamo raggiunto un Massimo Riccioli sicuro della sua scelta ma anche un po’ esasperato: “Nel centro storico, ormai, non si può più lavorare”.
Un operatore cinematografico prestato alla tavola, diventato poi uno dei più inossidabili osti di Roma. Massimo, come ci si riesce?
Ho ascoltato il richiamo disperato di mamma, che nel 1982 era alle prese con una gestione caotica. Mio padre Carmelo ci sapeva fare con la padella, ma a livello amministrativo diciamo che avrebbe potuto fare di meglio. Sono arrivato al ristorante nelle pause tra un film e una pubblicità, e quando l’allora cuoco ha fatto le bizze sono entrato in cucina io. Ci sono rimasto fino a oggi, che sono uno splendido 71enne.
ristorante la rosetta al Pantheon
Però i Riccioli sono al Pantheon dagli Anni ’60, e non hai cominciato tu.
No, certo. È mio padre che ha realizzato il sogno personale di aprire un ristorante qui. Anche lui, come me, ha deviato da tutt’altro settore.
Ovvero?
Siciliano di Catania, è cresciuto con la passione della cucina del mare di casa, ma a Roma faceva il fotografo sportivo. Seguiva soprattutto il pugilato, e lavorava per due riviste di settore. Nel ’66 ha messo in mezzo anche mamma Romana — di nome e di fatto — e ha rilevato in Via della Rosetta un locale che portava già questo nome.
Portaci un po’ nelle osterie di quel particolare decennio. Spiegaci che significavano.
Ce n’erano di due tipi. Quelle per i fagottari, che davano solo da bere mentre il cibo se lo portavano gli avventori, oppure le osterie con cucina. La nostra aveva quella licenza lì. Però, mentre nelle altre si trovavano quei 3/4 soliti piatti romani, a La Rosetta si faceva solo pesce, tutti i giorni.
massimo riccioli - ristorante la rosetta al Pantheon
Solo che non eravamo sulla spiaggia di Ostia o sulla darsena di Fiumicino, ma in un posticino vista Pantheon. Come la presero i clienti?
Beh, ai tempi fu una specie di scandalo. Chi entrava non se lo aspettava, e quando vedeva le reti da pesca alle pareti quasi si impressionava e girava i tacchi. Non c’era niente di simile a Roma. Forse solo Il Corsaro, ma aveva un altro stile, un altro livello…
Facciamo ora un salto agli Anni ’80, quando il protagonista è diventato lei. Era la Roma godereccia che immaginiamo?
In quel periodo abbiamo lavorato come matti. Il centro era grandioso, specie quando hanno pedonalizzato Piazza della Rotonda ed è diventata per davvero il salotto della città. Non a caso Benigni, al Pantheon, ci ha dedicato una canzone.
Ci sveli un po’ chi passava allora dai tavoli de La Rosetta.
ristorante la rosetta al Pantheon
A pranzo c’era tutta la politica. Venivano quelli della DC, poi Craxi, Lombardi e molti altri che in seguito, a torto o a ragione, sono passati in mezzo a Tangentopoli. All’epoca non avevano bisogno di fingersi morti di fame e di non farsi vedere, le persone venivano e spendevano. Ma mica hanno cominciato a frequentarci solo allora.
Il ristorante quindi aveva già il suo bel seguito.
Certo, e fin dagli Anni ’60! Quanti attori… da Eduardo De Filippo a Marcello Mastroianni. E gli artisti: Franco Angeli, Alighiero Boetti e poi Mario Schifano, che si comportava come un principe. Per i 30 anni de La Rosetta mi ha fatto un quadro bellissimo, una specie di menu tutto scritto da lui, con tanti pesci…
Cosa mangiava da lei, tutta questa bella gente?
Bisogna dire che quando ho cominciato non ero esattamente il Mozart dei fornelli eh. Il mio palato è nato nel ricordo di quello che mangiavo da piccolo a Catania, poi ho ripreso i pezzi forti di mio padre, che all’inizio erano piuttosto semplici. Tanto nero di seppia, la matalotta, la pasta con le sarde. Poi la parmigiana con le alici, la pasta con la muddica…
Si beveva anche molto meglio della media però, no?
Sì, perché in giro oltre al bianco e al rosso della casa non trovavi nulla. Mio padre aveva portato qualche bottiglia di vino siciliano, ma poi mi sono messo io a girare per fiere e produttori creando via via una bella cantina, con grandi vini italiani e molte chicche francesi. Anche attorno al bere, a La Rosetta, si è creato un gran fermento.
Non dimentichiamo però i crudi, sui quali voi avete un primato assoluto.
marcello mastroianni la dolce vita
Eh già, anche se un po’ tutti se lo sono dimenticato! Altro che sushi, io andavo quotidianamente alle aste e dai pescatori di Fiumicino, Anzio e Civitavecchia, lavorando il triplo ma abbattendo i costi. Del crudo, poi, ai tempi non c’era proprio cultura. Il pesce per me è sempre stato o crudo, o cotto, o marinato, nessuna via di mezzo. Infatti voglio ricordare un altro piatto, che per me è eccezionale: la spigola marinata all’arancia. Poi è stato super copiato, ma senza citare. Mica come me, che quando ho inserito lo spaghetto ghiacciato al caviale ho scritto sul menu che si trattava di un omaggio a Gualtiero Marchesi; cosa che trovo giusta e normale.
massimo riccioli - ristorante la rosetta al Pantheon
Ma il crudo, una volta introdotto, è sempre andato così forte?
Insomma. Dopo l’epidemia di colera a Napoli negli Anni ’70 fu proibita la vendita di frutti di mare e crudi in generale, e non si sono più mangiati per almeno una decina d’anni. Io però ci ho creduto ancora, e un po’ dopo ho sdoganato anche le ostriche.
Dice ‘sdoganato’. Cosa significa?
Significa che anche quelle non si sapeva praticamente cosa fossero. Noi non solo abbiamo cominciato a fare ponte con gli importatori francesi, ma ci abbiamo dedicato un intero locale, tutto incentrato sui crudi e quindi senza nemmeno i primi.
[…]
Insomma persone che amano mangiar bene e spendere quello che serve per una bella esperienza. È ancora così?
massimo riccioli con la moglie julia foto di bacco
Ma no, è cambiato tutto.
Da quanto?
I segnali, specie qui nel centro di Roma, si sono visti da prima della pandemia.
Preoccupanti?
A dir poco. Ovviamente il covid ci ha bloccato per due anni, e senza preavviso, pure se siamo riusciti a vivacchiare. Ma il turismo aveva già iniziato a cambiare, prendendo una piega più effimera e mordi e fuggi. Ci sono le grosse comitive che lungo il tragitto obbligato dal Vaticano a Piazza di Spagna passano dal Pantheon e si accontentano di guardare, tanto per quello non si paga una lira. Prima si vedeva un turismo bello, che si prendeva la responsabilità di tenere pulito e far lavorare le buone attività. E infine ci si è messo anche lo street food.
Cosa c’entra? Ci dica meglio.
Il problema del cibo da strada è che si consuma appunto per strada, con tanti incivili che poi a terra ci lasciano bottiglie, cartacce e monnezza di ogni tipo. Ormai da queste parti è solo un via vai del genere, per non parlare di chi si ubriaca la sera e dei clienti che poi giustamente non hanno piacere a cenare a due passi dai secchioni strapieni. Col rischio tra l’altro dei gabbiani che quasi li attaccano, tipo Gli uccelli di Hitchcock.
Ma l’amministrazione pubblica che fa? Sta a guardare?
No no, è molto zelante, ma forse non per le cose serie. Io resisto qui da sessant’anni, e li ho visti arrivare solo per farmi una multa da 5.000€ per un metro e mezzo di tenda che nemmeno tocca terra. Avevo già in mente di tenere aperto fino alla fine dell’anno e poi finirla lì, ma dopo questa non ne posso proprio più.
Certo che chiude. E al suo posto?
Al suo posto verrà uno di quei locali con amatriciana, carbonara e l’acchiappino fuori. D’altronde non sono io a dovermi prendere l’onere di trovare qualcuno che piaccia al Comune di Roma. Anzi no, forse a loro piacciono proprio quelli lì.
E dunque che fa, poi si riposa?
Intanto ho da trovare qualcuno che si prenda tutta la cantina; anzi grazie a questa intervista spargiamo la voce!
La spargiamo sì, chissà che assortimento. E una volta dismesse le bottiglie?
Ci sarà il tempo di riposarsi dall’enorme sforzo cerebrale di gestire un ristorante che esiste da 60 anni. Che scompare così, senza fare troppo rumore, perché non ho sentito mica nessuno del Comune spendere una parola per sostenere una realtà con questa storia.
Magari del Comune no, ma di clienti dispiaciuti ne lascia tanti.
Per loro mi piacerebbe scrivere un libro. O magari facciamo un film, per tornare al cinema, che a dire il vero è il posto da dove sono partito.
andy luotto e massimo riccioli foto di bacco
massimo riccioli
massimo riccioli
andy luotto jerry bortolan massimo riccioli foto di bacco
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