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Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Sabato 23 gennaio: New York si chiude in casa. Il governatore Andrew Cuomo dichiara lo stato d' emergenza.
Via le macchine dalle strade.
Negozi chiusi, città deserta.
Paura del ciclone «Jonas»?
«Ah ah». Erica Jong, 73 anni, ha appena scritto il suo ultimo romanzo Paura di morire (in Italia pubblicato da Bompiani) ed è diventata universalmente famosa con la sua prima opera Paura di volare , nel 1973. «No, no, io non ho avuto paura. Ma quando a New York arriva la neve, sembra sempre che sia la prima volta. Eppure abbiamo vissuto tante tempeste in questa città.
Niente: anche ieri nessuno sapeva bene che cosa dovesse fare, come si dovesse comportare». Lei che cosa ha fatto? «Ho provato a mettere il naso fuori casa, ma faceva troppo freddo e ho rinunciato. Ho aspettato a lungo un giornalista tedesco di Der Spiegel . Avevamo concordato tempo fa un' intervista sul mio nuovo libro che sta per uscire in Germania. Ha fatto un viaggio avventuroso, ma alla fine è riuscito ad arrivare».
Erica Jong è nata a New York in una famiglia, come ama raccontare, di artisti. È figlia di immigrati: suo padre, Seymour Mann, era un musicista ebreo di origini polacche. Sua madre, Eda Mirsky, una pittrice e disegnatrice di tessuti. Erica Jong si è sposata quattro volte e ha mantenuto il cognome del suo secondo marito, Allan Jong.
Ora abita, con il suo quarto consorte, l' avvocato Ken Burrows, nell' Upper East side, zona residenziale di Manhattan, in una strada non lontana da Central Park. Ieri il polmone verde della città appariva come un gigantesco scivolo bianco: bambini, slitte di ogni colore e di ogni forma, gente con i cani a passeggio. «Tra poco mi affaccio anch' io nel parco, ci vado con i miei due cani, sono due poodle, animali meravigliosi».
Ma prima della passeggiata con i due barboncini, ancora qualche riflessione: «Il giorno della grande nevicata ho letto un po' e poi mi sono messa con mio marito davanti alla televisione. Siamo stati catturati dalla copertura in diretta di Jonas. Trovo però che almeno su New York l' informazione si sia agitata troppo. Capisco che questo è il lavoro delle news. Ma mi sarebbe piaciuto ricevere messaggi meno ansiogeni, meno allarmistici.
Devo dire che a me la città nel mezzo della bufera è sembrata nello stesso tempo ostile e bellissima. Ora, però, è tempo di uscire, la tempesta è finita e c' è una meravigliosa giornata davanti. C' è il sole» .
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