DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Alba Solaro per “il Venerdì - la Repubblica”
Perché continuiamo a tornare agli anni Ottanta? Perché non ne abbiamo mai abbastanza? Forse perché c' è ancora da scoprire, qualcosa che si può ancora mappare: Geniali dilettanti è una mostra che apre il 19 ottobre al Padiglione de l' Esprit Nouveau a Bologna (e andrà avanti fino al 5 gennaio 2020), per raccontare quella straordinaria riserva indiana che fu il sottosuolo creativo bolognese e italiano.
UNA RISERVA INDIANA
«Di quegli anni in genere si ricorda più che altro il disimpegno politico, i soldi, il Drive In, il synth pop commerciale, i paninari e la Milano da bere», spiega la curatrice della mostra, Lorenza Pignatti (con la direzione artistica di Alessandro Jumbo Manfredini). «Si conosce Francesca Alinovi per la sua tragica morte (assassinata in casa), molto, molto meno per il suo lavoro sulla performance, il fatto che avesse portato i primi graffitisti a Bologna, i testi straordinari in cui parla nel 1980 di rete, di città multietnica e ibrida. A Bologna in quegli anni transitavano il pittore Kenny Scharf e Stanley Zbigniew Strychacki, fondatore del celebre Club 57 di New York, i DNA, Arto Lindsay, i Bauhaus, Patti Smith».
Nella città del Dams e di Radio Alice c' era la celebre Italian Records di Oderso Rubini, con Skiantos e Gaznevada (a proposito, il 29 settembre si chiude al MAMbo la mostra Pensatevi liberi promossa proprio da Rubini per rievocare il concerto Bologna Rock, il 2 aprile del '79, da dove partì tutta quella straordinara stagione), «e c' era anche la Attack Punk Records» prosegue Pignatti, «che ha prodotto i primi album dei Cccp Fedeli Alla Linea. Di loro ho voluto mostrare gli scatti che gli fece Luigi Ghirri, conosciuto principalmente per i suoi paesaggi. Anche quello è uno straordinario pezzo di questa storia».
A proposito, Geniali dilettanti non arriva, come qualcuno potrebbe pensare, da un verso di Linea Gotica dei Csi. «Negli ultimi anni ho visto tante mostre sulla scena underground in Europa, a Londra, Vienna, Barcellona. Visitando Geniale Dillettanten a Monaco, un lavoro molto bello sulle sottoculture giovanili della Germania degli anni Ottanta, mi sono resa conto che anche in Italia, e soprattutto a Bologna e in Emilia Romagna dove sono cresciuta, vi erano state situazioni simili, ma che non sono mai state mostrate insieme».
GLI ULTIMI ANNI ANALOGICI
Un lungo lavoro di scavo e archivi mette in scena una sorta di cartografia sulla cultura visuale di quegli anni: musica, fumetti, moda, riviste, design, una specie di grande palestra creativa, poco ortodossa, pronta a trasformare il divertimento in lavoro. Gli anni Ottanta sono stati l' ultimo decennio prima della rivoluzione digitale, ma è come se avessero già fiutato quello che stava per arrivare. Un esempio che arriva dalla mostra è quello dei Bolidisti.
Che si chiamavano così perché amavano la velocità, l' azione in senso futurista, si scioglievano di passione per le linee aerodinamiche dello streamline americano, giocavano con i fumetti, rivendicavano il diritto alla leggerezza e al puro divertimento, senza sensi di colpa: quelli appartenevano al decennio precedente, alla gravità rivoluzionaria che considerava per esempio la disco music come una nemica del popolo (quando poi, come La febbre del sabato sera ci ha insegnato, era soprattutto la classe operaia a riempire le discoteche).
L' eccitante avventura I Bolidisti erano un collettivo di 16 giovani studenti di architettura e design (alcuni di loro, come Massimo Iosa Ghini, Guido Venturini, Stefano Giovannoni, diventeranno poi superstar), si erano conosciuti all' università di Firenze ma gravitavano su Bologna.
Il loro motto era: «Il Bolidista considera la Storia non magistra vitae bensì un' eccitante avventura». E avventura fu. Si riunirono il 16 luglio 1986 in una sala del Palazzo di Re Enzo a Bologna per fondare ufficialmente il Bolidismo, uno degli ultimi movimenti del Novecento, movimento inteso in senso estetico, culturale, con tanto di Manifesto programmatico dove si affermavano cose come «Il Bolidista odia l' immobilismo, le cosucce, la vigliaccheria, la frigidità espressiva», «Il Bolidista è l' avanguardia di se stesso» e «Il Bolidista è un Bolidista ma se ne frega di esserlo».
Critici verso il postmodernismo alla Memphis, parlavano di concetti come la città fluida, dove «il contatto fisico perde importanza a favore del contatto elettronico» (Massimo Iosa Ghini), e la comunicazione «porta ad essere simultaneamente in ogni luogo». Vi ricorda qualcosa?
lavori in corso massimo iosa ghini
«ll Bolidismo, teorizzando una società caratterizzata dall' accelerazione delle tecnologie dell' informazione, aveva preconizzato l' avvento dell' immaterialità di internet» sintetizza Lorenza Pignatti. Per la rete e la rivoluzione digitale ci sarebbero voluti altri dieci anni, ma il movimento aveva buone antenne. La poltrona Otello di Iosa Ghini, la Bolid Case di Giovannoni, sono esempi dell' arte bolidista, che puntava tutto sulla comunicazione e per farlo usava linguaggi inconsueti, come il fumetto.
CI VUOLE PAZIENZA
Andrea Pazienza era tra i fumettisti che il gruppo frequentava. Anche qui, racconta la curatrice, ci sono storie meno note che la mostra vuole illuminare. «Nel 1984 la Volvo commissiona a Massimo Osti l' ideazione di nuove tute da lavoro per i suoi operai. E Osti, per disegnare le toppe che avrebbero identificato i diversi reparti, chiama Andrea Pazienza».
Per lo stilista bolognese (morto troppo presto, nel 2005, a 61 anni) fondatore di Stone Island e C.P. Company, il fumetto valeva più di mille ispirazioni; aveva chiamato uno dei suoi marchi Chester Perry, come l' azienda dove lavorava l' impiegato dell' ufficio acquisti delle strisce di Bristow. Veniva dalla grafica, non dalla moda, il movimento studentesco a Bologna, il cambiamento, il lavoro.
«Abbiamo voluto mostrare progetti meno conosciuti di Osti» aggiunge la curatrice «come quando nel 1987 fu invitato a presentare la sua ultima collezione a Berlino Ovest, in occasione delle celebrazioni del 750° anniversario della fondazione della città e del 150° anniversario della nascita dell' industria tessile. Decise di far indossare i suoi abiti a performer invece che a modelli professionisti. Voleva reinventare i codici stilistici di quel mondo, attraverso lo sportswear e l' urbanwear, e lo ha fatto. Come ha scritto il padre della fantascienza cyberpunk William Gibson, Osti era "il più grande disegnatore di moda maschile meno conosciuto dal consumatore medio"».
la sedia born in flames di giovanni tommaso garattoni
Il filo conduttore di Geniali dilettanti, ci tiene a sottolineare Pignatti, non è però la nostalgia. «Piuttosto mi hanno incuriosito i miei studenti della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, ragazzi che mi parlano di vaporwave, steampunk, che leggono Un weekend postmoderno di Tondelli ma che magari non conoscono Osti, né Frigidaire. E allora mi è sembrato necessario, anche per loro, fare questa mappatura. Che è volutamente incompleta: perché non vuole essere una voce Wikipedia sugli anni Ottanta, ma un atlante eclettico».
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…