acido martina levato alexander boettcher

NO, IN UN PAESE IN CUI UN TRIBUNALE PUO’ TOGLIERE I FIGLI A CHI NON HA UNA STANZA PER IL PUPO, NON SIAMO PER NULLA IMPIETOSITI DA MARTINA LEVATO, MADRE - AL DIAVOLO LA PIETA’: MA COME PUO’ EDUCARE UN FIGLIO UNA CHE HA SFIGURATO VOLTO E VITA DI DUE RAGAZZI CON LANCIO DI ACIDO MURIATICO?...

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1. ECCO CHI SONO MARTINA LEVATO E ALEX BOETTCHER - SESSO, POTERE E OSSESSIONI, LA VERITÀ SUGLI AMANTI DELL'ACIDO

di Carlo Verdelli per La Repubblica - articolo del 14 febbraio 2015

 

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Il sesso, il possesso, più le conseguenze estreme e insane di un amore. La scena dei delitti è la Milano che gira intorno alle scuole più titolate, dal liceo classico Parini all'università Bocconi, e alle discoteche di tendenza, tipo Il Divina, The Beach o the Club, dove si ritrovano gli aspiranti capoclasse dell'Italia futura, impegnati a scattarsi selfie, messaggiare compulsivi, scambiarsi senza troppi distinguo brividi erotici nei privé.

L'anno scorso, in questa replica digitale della Milano da bere, succedono quattro episodi, tra metà giugno e fine dicembre, che sulle prime sembrano scollegati e adesso molto meno. Se dimostrata, una serialità criminale senza precedenti. E con una donna, non un maschio, nella parte di chi sfregia: Martina Levato, 23 anni, studentessa modello, figlia unica di due insegnanti dell'hinterland.

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È in carcere, insieme agli altri due attori variamente protagonisti: l'idolatrato fidanzato Alexander Boettcher, 30 anni, tedesco-italiano, ricco di famiglia e di selvaggio carisma, più un amico di lui, Andrea Magnani, complice e servitore nelle varie azioni. Ma chi tirava i fili tra Martina e Alexander? Chi il burattinaio e chi il burattino? E fino a che punto Magnani è solo un comprimario inconsapevole?

 

Fermata la follia con l'arresto dei folli, restano sul campo due ventenni con il volto lacerato e la certezza che non torneranno più come prima, e altri due che se la sono cavata per miracolo. Tra gli innocenti col futuro segnato, andrebbe aggiunto anche il bambino, figlio di Alex, che Martina porta dentro da tre mesi.

 

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Quindi, quando il 28 dicembre lei getta due litri di acido muriatico in faccia all'ex compagno di liceo Pietro Barbini, è già incinta di un mese. E lo sa. La sera stessa la portano in questura, prelevata dalla casa di Bollate dove vive coi genitori. Confessa subito e senza un turbamento (sì, sono stata io, certo che mi rendevo conto di quel che facevo: lui mi tampinava di messaggini, ero esasperata). L'unico gesto di fragilità che esibisce è tenersi una pancia che ancora non c'è, ripetendo come un mantra: "Qui c'è il frutto del mio amore".

Ci sarebbero altri due frutti, almeno sul corpo: un "Alexander" tatuato sotto il seno sinistro, che si è fatto incidere lei a Praga, e una piccola "A" sulla guancia destra, che gli avrebbe firmato lui con un bisturi, trovato a casa di Bottcher insieme a cloroformio, pugnali, manette, frustini, un martello, bottiglie di acido (ma quello da supermercato, al 5%, dice il suo avvocato; non quello al 37%, che brucia tutto tranne l'oro, usato negli agguati). L'acido al 37% di purezza, che è il massimo reperibile in commercio, lavora nella carne per settimane, scendendo tra i tessuti e divorandoli. Pietro, colpito un mese e mezzo fa, ha già subito sei operazioni, la ricostruzione di una palpebra e una narice e sa che lo aspettano molti altri interventi e innesti di pelle.

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Stefano Savi, 25 anni, studente alla Bocconi e "modellaro" (security nei club, autista di starlette da passerella), scempiato la notte del 2 novembre sotto casa sua, in via Quarto Cagnino, di operazioni ne ha già passate 15, e per tentare di salvargli un occhio pensano a un trapianto con le staminali. Il più di assurdo è che l'unica "colpa" di Stefano sarebbe quella di somigliare come un gemello a un altro maschio da sistemare, l'assistente fotografo Giuliano Carapelli, colpito ma non affondato il 15 novembre in via Bixio.

 

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Quel giorno piove forte, Martina gli lancia addosso il liquido vendicatore ma lui si ripara con l'ombrello, la insegue fino alla macchina dove lei è fuggita, fotografa la targa col cellulare (l'auto, come in altri episodi, è la Punto nera di Magnani), le chiede "ma cosa ti ho fatto di male?", lei gli spruzza negli occhi dello spray al peperoncino, lui a quel punto corre via, sente qualcuno alle spalle, lo smartphone gli scivola dalla tasca, l'inseguitore, sarebbe Alexander, lo raccoglie e scompare. Cosa aveva fatto di male Carparelli? Un bacio spinto con Martina, una sera al Divina, forse qualcosa di più, se poi era lei, chissà.

Molto più grave, se la logica è la quantità del contatto, il peccato di Antonio Margarito, anche lui studente di economia ma alla Cattolica. L'estate prima, aveva avuto con Martina una breve storia con sesso a Gallipoli. La notte tra il 19 e il 20 maggio, alle colonne di San Lorenzo, i due si incontrano, sembrerebbe per caso ma quel che sembra, in questa storia, può essere un abbaglio o una menzogna.

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Fatto sta che Martina invita Antonio a fare un giro sulla macchina di lei, una 600. Chiacchierano, ridono, poi lei si ferma nel parcheggio di un hotel decentrato, invita lui a chiudere gli occhi e abbassarsi i pantaloni. Ha in mano un coltello da cucina, Antonio se ne accorge quando avverte qualcosa di freddo sulla coscia. Sventa il colpo, nove punti di sutura alla mano. Martina si precipita in ospedale dove dice di essere stata violentata da Margarito già in estate e che la cosa stava per ripetersi. Lui nega e la denuncia per "tentata asportazione del pene".

L'impressione è che quando giudici e tribunali avranno ricomposto il puzzle di questa gioventù bruciata dentro, il quadro finale resterà indecifrabile. Marcello Musso, l'ossuto magistrato che ha preso in mano la matassa dall'ultimo filo (l'agguato a Barbini) e sta provando a riavvolgere il gomitolo, sintetizza infastidito: "Oggi c'è un processo a cento mafiosi. Cento, capisce? E voi state a farmi domande sulla Levato e compagnia. Scopate incrociate tra gente per bene: ecco tutto". Tutto no, dottor Musso.

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"Beh, certo. C'è la premeditazione, una notevole capacità nell'esecuzione del crimine". Targhe rubate, cambi d'auto, pedinamenti dei bersagli, telefonate da utenze non rintracciabili, travestimenti. "E poi i futili motivi, l'estrema crudeltà, le lesioni gravissime alle vittime. La Levato che scaglia l'acido e Boettcher che subito dopo insegue Barbini con un martello e che viene bloccato lì, sul posto. Il processo va in discesa". Martina però dice che Alex non c'entra, che era lì per difenderla, che non deve stare in carcere. "Processo in discesa". È l'unico istruito per adesso: direttissima, rito abbreviato.

Il dopo, sul versante giudiziario, verrà. Il prima è una foto di classe del 2009. Seconda C del Parini, sezione Brocca, quella a massimo impegno. Martina Levato è al centro della fila alta, una camicina verde attillata, capelli tirati indietro e occhialoni scuri. Pietro Barbini, fila sotto, è l'unico dei maschi senza panama in testa, un po' staccato dagli altri, bello come un putto e l'aria di chi non vede l'ora che finisca. L'anno dopo, alla maturità, uscirà con un ottimo 80/100, poi volerà alla Northwestern University di Boston. Martina fa anche meglio: 92/100, cui seguirà una laurea triennale alla Cattolica in economia aziendale e un master in marketing alla Bocconi. Avrebbe completato anche questo con risultati eccellenti, come sempre dalle elementari in su, se non fosse finita a San Vittore per aver sfigurato Pietro.

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Increduli, oggi, quegli ex compagni, accorsi in massa al reparto Grandi Ustionati di Niguarda per confortare Barbini. Increduli i professori: "Non è l'alunna che abbiamo avuto qui: dottor Jekyll e mister Hyde". Persino Pietro, più che arrabbiato, sembra sconcertato. Parla della Levato come di una tipa simpatica, "una brava a scuola ma che non te lo faceva pesare, anzi se poteva ti aiutava". E sempre, ogni giorno d'ospedale, la domanda delle domande: "Perché è stata così crudele con me?".

I due avevano avuto una relazione ai tempi del Parini, e un fugace ritorno di fiamma. Era successo quando Martina aveva già conosciuto Alexander, in una sala da ballo latino-americana nella primavera del 2013, restandone fulminata. Lui, una specie di adone biondo scuro e palestrato, era già sposato da anni con una ex modella croata, con cui viveva nello stabile di proprietà della madre, con la suocera a fare da portinaia. Non dice a Martina di avere moglie, le concede il dono di concedersi.

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E lei, allora con qualche chilo di troppo rispetto al canone di magrezza obbligatorio per "quel" mondo, ci sta. Fanatico com'è della forma fisica, lui le plasmerà il corpo, l'aiuterà a perdere peso, la porterà oltre in molti sensi (o è lei che porta oltre lui? Chi manipola chi?). L'avventura di una sera si trasforma in qualcosa di stravolgente. Alex le scrive: "Sei così racchietta, eppure mi hai fatto innamorare testa e pisello".

 

Ma è incapace di fedeltà o gli piace trasgredire. Bacia un'amica davanti a lei, anche più di un bacio. Martina risponde con piccole ritorsioni, per esempio con un ragazzo inglese a Ibiza, o confidandosi con un amorino di ritorno come Barbini. Messaggi su WhatsApp , un crescendo di intimità e allusioni, scambi di foto, magari un incontro. Poi entra nel gioco Alexander e lo spezza con violenza: "Sono io il fidanzato di Martina. So che tra voi c'è qualcosa. Se vuoi ce la scopiamo insieme. Tanto lei ubbidisce al mio volere. Ogni volere".

 

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E a rafforzare il concetto allega video umilianti. Pietro si spaventa, gira tutto a Martina: guarda con chi ti sei messa. Ma la risposta di lei è di chi ha già oltrepassato il confine: "Meglio con lui che con te, ucciditi, muori". La brava ragazza Levato, orgoglio dei genitori e del Parini, esce dal radar delle amiche e comincia una personale via Crucis. Prima stazione: confessione al Alexander di ogni suo tradimento, fin nei dettagli più scabrosi. Seconda: mea culpa ed espiazione. Terza: decontaminazione totale. Al primo interrogatorio, lui dirà: "L'uomo può tradire. La donna no, deve restare pura".

Da quando è in carcere, quinto raggio di San Vittore, Alexander Boettcher non dà segni di cedimento o di angoscia, come del resto Martina, fredda e infrangibile con l'umanità intera tranne che con lui, a cui ribadisce per ogni via concessa a un detenuto che è l'uomo della sua vita. Intanto Alex, che nella foto segnaletica aveva capelli arruffati e barba incolta, ha già ripreso i tratti levigati da lupetto di Wall Street.

 

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Nel suo curriculum, c'è anche un saltino in politica, Regionali lombarde 2013, Lista Tremonti: 0,50% dei voti, nessun seggio. Dicono sia un broker, in realtà amministra il patrimonio immobiliare di mamma Patrizia, che ha avuto questo figlio amatissimo (nato a Munster il 4 dicembre 1984) da un medico tedesco, ma si sono lasciati presto, lei è tornata in Italia col bambino e il padre passa a trovarlo un volta l'anno se va bene.

 

Unico disappunto di Alex dalla cella: un biglietto alla mamma in cui le annuncia, per l'appunto, una visita di papà. "Arriva adesso che sono dentro". A parte le nozze con la splendente Gorana, quando aveva 22 anni, con cui condivide casa e una passione per il kajak, c'è solo un'ombra oscura nel passato di Alexander: un tentativo di suicidio quando aveva 14 anni, mamma lo sgrida perché non si impegna a scuola, lui minaccia di buttarsi da una finestra. Lo ferma la polizia, che per questo episodio, tempo dopo, gli negherà il porto d'armi.

 

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Ha detto di lui la signora Patrizia: "Mi ha regalato una vita piena di magia. Ma nell'ultimo periodo era cambiato. Irascibile, forti sbalzi d'umore, ossessionato dal fisico. Sarà un caso ma coincide con l'arrivo di Martina. Era lei quella forte e dominante". Ha detto il padre di Martina: "La nostra gioia, da sempre. Poi si è innamorata di Alex, si è chiusa, ha smesso di pensare con la sua testa, si consumava di gelosia, si imbottiva di anabolizzanti per dimagrire".

Il padre di Andrea Magnani, il terzo uomo, il complice più o meno succube, si chiama Giorgio, ha 69 anni, la quinta elementare, una vita onorata all'Atm, l'azienda tramviaria, da bigliettaio a impiegato di prima categoria. È un uomo mite, scosso, spezzato come gli altri genitori dalla sventura imprevedibile di ritrovarsi davanti un figlio che non immaginavi. Anche in questo caso, l'unico figlio.

 

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Andrea è un marziano rispetto al giro della Milano rampante. Laureato pure lui (Lingue straniere) ma alla Statale, impiegato alla filiale di Basiglio della Mediolanum, così solerte da meritarsi un premio per il monte di straordinari effettuati, sposato da due anni con una bielorussa, Yuliya (dottore in economia europea, 4 lingue parlate e scritte), un mutuo da 60mila euro per comprarsi casa, è stato l'ultimo ad essere arrestato e il primo a fornire a chi indaga, sia pure con una montagna di contraddizioni, una versione che lega tutta la saga dell'acido e la ascrive a vario titolo alla responsabilità del terzetto.

 

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La Punto nera del 2007 che compare sui luoghi di molti delitti è quella del padre, che gliel'ha passata in dono perché Andrea aveva la patente ma non la macchina. "Mio figlio è buono come il pane", dice il signor Giorgio, con gli occhi bassi. "Non fuma, non beve, mai andato in discoteca. Le sue uniche sue passioni sono la musica e la Juve, mai stato un ultrà, figurarsi". A Opera, dove l'hanno rinchiuso, non mangia, passa i giorni in branda sotto le coperte perché ha freddo, sembra smarrito a se stesso.

E se Stefano Savi, la seconda vittima, confermerà quello che sembra stia mettendo a fuoco, e cioè che la secchiata d'acido gliel'avrebbe tirata uno che, come corporatura, somiglia più ad Andrea che ad Alex o Martina, la situazione per Magnani figlio diventerà pesantissima. Il signor Giorgio fa un respiro lunghissimo, a buttar fuori l'ansia. "Da ragazzo Andrea era obeso, 120 chili, e per lui dimagrire è un'ossessione. Si allenava come un matto ma non scendeva, non abbastanza. Un anno e mezzo fa ha incontrato al parco Ravizza, dove ci sono gli attrezzi ginnici, questo Alexander, una specie di dottore a livello corporeo, che l'ha messo sotto di brutto: esercizi, diete, corse anche di notte, sotto l'acqua.

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Mio figlio vedeva i miglioramenti, e così si è legato a quel tipo lì, ma credo che fosse un'amicizia a senso unico. Andrea lo seguiva, l'altro guidava. Ti manca l'autostima, glielo dico sempre". Da solo, il signor Giorgio capisce che non è questo, adesso, il problema. "Ma i giudici, secondo lei, terranno conto del fatto che Andrea è sempre rigato dritto, la psicologia

insomma?". Poi tira fuori da una cartellina tre fogli un po' sbiaditi da troppe fotocopie. "È il curriculum della moglie di mio figlio. Una in gamba. Adesso, con la crisi e il marito in galera, bisogna per forza...". E piegando la testa sul petto, non finisce la frase.

 

2. "RACCONTO A TUTTI COSA FAI A LETTO. SEI UNA MANGIAM…". IL TRIANGOLO PERVERSO ROTTO CON L’ACIDO, LA MINACCIA HA FATTO ESPLODERE LA RABBIA DEI RAGAZZI-BENE

di Marinella Rossi http://www.ilgiorno.it/milano/ragazzo-acido-1.549661

 

«Sei una mangiam...». E dopo l’insulto, che contiene un riferimento a deviate pratiche sessuali, la minaccia di rivelare tutto a quel piccolo grande circolo reale e virtuale di ex compagni di classe, pariniani come loro, sparsi in università e mondi per bene. Un movente per buttare addosso acido all’ex compagno di scuola, ex filarino, con cui nei primi mesi del 2014 si era ritessuta una relazione, che non era amicizia? Almeno un movente plausibile.

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Ma in che fuoco si è andata a bruciare Martina, che cerca Pietro come toccasana, come rivalsa, come leva per solleticare le gelosia del suo amante Alexander, e che dal gioco resta schiacciata. E brucia e schiaccia Pietro. Fino a macerare per mesi una vendetta che, seppure alla minaccia di sfigurarla virtualmente su quel che succedeva su e fuori dal letto con Alexander Boettcher non sia mai stato dato seguito, si rappresenta fisicamente con l’acido muriatico buttato in faccia a Pietro Barbini, attirato il 28 dicembre in via Giulio Carcano, col tranello di un pacco regalo, dai due amanti complici ricomposti in team. Martina con l’acido e Alexander col martello.

Non ci sono storie semplici, questa lo è meno di altre. Di ancor più difficile lettura attraverso la filigrana di chat e sms che si succedono nella trentina di pagine di atti d’indagine depositate per la convalida delle direttissime del 29 dicembre. Chat e messaggi si snodano in linee interrotte, riprese, sospese, e non disegnano un’amicizia incompresa fra Pietro e Martina, ma un intricato perverso circolo da cui nessuno dei protagonisti si tira fuori.

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Cosa raccontano quelle chat. Martina prende l’iniziativa. Cerca e trova Pietro in uno dei suoi momenti di crisi nella relazione con Boettcher, 30enne di ricca famiglia, “Alexander the King“ (autonominatosi nel suo profilo Facebook), quello che incide le iniziali del nome col bisturi sulle facce delle girls, sposato da sette anni con una ex modella croata, Gorana Bulog, con cui condivide la passione del kayak (ma mentre Gorana nella sua pagina sportiva inneggia «alla coppia Boettcher-Bulog in cerca di “brivido puro“», Alexander riempie di brivido i week end di Martina con la scusa di una spalla dolorante che lo tiene lontano dalle cascate). 

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Martina e Pietro si incontrano tra il gennaio e il febbraio 2014: in uno dei messaggi di marzo si fa riferimento a un rapporto sessuale precedente. Un rapporto che poi, e probabilmente per l’evolversi della relazione con Boettcher, è visto in modo ambivalente: Pietro pare dargli un valore, Martina pare negarlo o sminuirlo.

E si arriva all’estate e a settembre, quando qualcosa innesca un’esplosione fra i due. Una lite violenta da cui emerge che Pietro ha contatti paralleli con Boettcher (che lui fisicamente non conosce) e che questi gli ha raccontato cosa fa fare a Martina. Nella lite partono gli insulti: «Sei una mangiam...», le sputa addosso Pietro, e la minaccia di riferire a tutti ciò che lei fa con quel tipo «fuori di testa».

 

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Quello che a Pietro aveva scritto «Coalizziamoci contro Martina» e che Pietro le gira nel momento in cui infuria la lite. Una frase che, nella logica di Boettcher, andava letta come un’attività sessuale da imporre alla ragazza. Poi, da settembre-ottobre, silenzio. Pietro e Martina non si parlano più. Martina e Alexander sobbollono odio e vendetta. Fin quando in novembre è Pietro che, sbollito, invia un messaggio pacificatore: «Spero tu stia bene. Mi spiace per come siano andate le cose». Silenzio. Poi gli auguri, ancora, di Pietro: «Buon Natale, un bacio». Certo lui non pensava più di svergognarla, se mai l’avesse davvero pensato. Ma non è bastato a salvargli la faccia dall’acido.

 

"GLI AGGRESSORI CON L'ACIDO VOLEVANO PURIFICARE GLI EX DI MARTINA"

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da Repubblica - Per capire il tipo di rapporto morboso fra la bocconiana e il broker e che coinvolgeva anche gli ex ragazzi di lei (volgari ed esplicite le chat acquisite agli atti) è rilevante la testimonianza di una ragazza. Lo scorso settembre Alexander le avrebbe raccontato "che Martina di lì a breve avrebbe dovuto fare qualcosa di grave che le avrebbe comportato un lungo periodo in carcere per cui io avrei dovuto accettare, per questa ragione, un rapporto a tre". La testimone, inoltre, ha spiegato agli inquirenti che "se il nostro rapporto fosse andato avanti, lui mi avrebbe richiesto la lista dei miei ex fidanzati".

Stessa cosa era accaduta a Martina. Alex, ha raccontato un amico della bocconiana, "aveva cominciato a pretendere che lei gli indicasse tutti i nomi dei ragazzi con cui aveva avuto delle storie (...) e secondo lei era giusto così".Ciò perché, come ha riassunto il gip, Alexander "è colui che inocula in Martina l'idea del pentimento e della purificazione", mentre Martina, "vestale del fatuo culto di Boettcher, s'ingegna in ogni modo per rintracciare i suoi obiettivi, recuperandoli dal suo turbolento passato sessuale". Lei che non esitò nemmeno nel maggio 2014 ad accoltellare "a sangue freddo" un altro studente, A.M., nel tentativo di evirarlo.

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3. "SONO IL PADRE DI ACHILLE, VOGLIO VEDERLO"

Fabio Poletti per “la Stampa

 

Ricapitolando: Martina ha rivisto ieri mattina suo figlio per 40 minuti - «Un' emozione fortissima poterlo abbracciare» - ma non ha potuto allattarlo se non indirettamente con il tiralatte; il padre di Achille che non è il marito ma solo il compagno vorrebbe vedere suo figlio ma per ora per un intoppo burocratico non solo non glielo hanno ancora fatto incontrare ma non ha nemmeno potuto firmare l' atto di riconoscimento formale.

 

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Dove finiranno Martina Levato e suo figlio - in una struttura protetta o chissà dove - lo si saprà tra qualche giorno e nell' attesa rimangono alla clinica Mangiagalli, uniti e separati per 23 ore e 20 minuti al giorno. Dove finirà il piccolo Achille - con quale mamma e con quale famiglia - lo si saprà invece tra mesi, alla fine delle indagini sulla pratica di adottabilità aperta dal tribunale dei minori di Milano.

 

Il paradosso Sta diventando grottesca la querelle giudiziaria di Martina Levato e Alex Boettcher, la studentessa bocconiana di 23 anni e il broker di 31, condannati a 14 anni di carcere per le aggressioni con l' acido e puniti da un insieme di cavilli e di codicilli di cui si fa fatica a venire a capo. L' ultima situazione paradossale riguarda proprio Alex Boettcher.

acido e martello le armi di alexander boettcher e martina levatoacido e martello le armi di alexander boettcher e martina levato

 

«Voglio lo status di padre per poter vedere mio figlio», scrive dal carcere di San Vittore. Ha scritto al sindaco Giuliano Pisapia, ai magistrati che si occupano del caso, al Tribunale dei minori che dopo il riconoscimento da parte di Martina e il suo parere favorevole al riconoscimento di Alex ha dato il nullaosta alle pratiche burocratiche.

 

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Basterebbe una firma ad Alex Boettcher per riconoscere suo figlio, che all' anagrafe è registrato solo come Achille Levato. Il problema è che non esiste una normativa sulle missioni dei messi comunali in carcere per espletare questi atti. In teoria il broker dovrebbe andare negli uffici comunali di via Larga ma ovviamente non può farlo fino al 2029, a fine pena. Avvocati e magistrati si stanno dannando per capire come fare. Ma è forse l' ultimo dei problemi di questa storia che si è ingarbugliata da subito, da quando Achille è nato, proprio a Ferragosto, con il solo magistrato di turno festivo e gli uffici giudiziari chiusi.

 

ALEXANDER BOETTCHER E MARTINA LEVATO ALEXANDER BOETTCHER E MARTINA LEVATO

Il primo problema da affrontare è dove finiranno Achille e sua madre, una volta dimessi dalla clinica Mangiagalli. Potendo vedersi tutti i giorni, Achille glielo portano a orari concordati in una culla termica coperta da un lenzuolino per evitare troppa curiosità in ospedale, sarebbe normale collocarli nella stessa struttura. Ma non è detto che finisca così.

 

Il futuro La soluzione più semplice sarebbe mettere madre e figlio all' Icam la struttura a custodia attenuata di Milano dove vengono rinchiuse le madri con i figli fino a tre anni, data in cui si spera che il Tribunale dei minori abbia deciso se Achille è adottabile o meno e risposto a tutte le obiezioni e le impugnazioni. O potrebbero andare in carcere a Como, la struttura più vicina con un asilo nido.

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Oppure Achille potrebbe finire in una casa comunale e sua madre in carcere, complicando ancor di più i loro incontri. In attesa di sapere se il piccolo Achille trattato come un pacco postale potrà stare con sua madre. O con i nonni già pronti a fare domanda di affido. Cosa possibilissima ma solo tra mesi, alla fine dell' iter del Tribunale dei minori.