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Francesco Alberti per il “Corriere della Sera”
Potrà dire, ma difficilmente gli sarà di consolazione, di essere il primo destinatario in Italia del cosiddetto «reato di arruolamento», nuova fattispecie (articolo 270 del Codice penale) prevista dal pacchetto antiterrorismo varato dal governo, come ha tenuto ieri a sottolineare il ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Le forze dell’ordine erano da tempo sulle tracce di Nouassir. Intercettazioni e conversazioni su Facebook sembrano non lasciare dubbi sulla sua volontà di trasformarsi in foreign fighter della guerra santa. Nella foto sul suo profilo compare con una maglietta nera dai colori dell’Isis e la frase: «Non ci distruggeranno, noi siamo la Umma di Maometto». Sul web commenti del tipo: «Se Dio vuole conquistiamo Roma e vengo a liberare mia figlia». E ancora: «Se combattere in nome di Dio è terrorismo, allora io sono il primo terrorista».
Un’ossessione, la sua. Tale da trascurare anche le minime precauzioni. In febbraio, come lui stesso ha scritto in chat, si è recato a Milano, nel centro islamico di via Jenner, alla ricerca di finanziamenti per il suo viaggio in Siria. Ma le cose hanno preso una brutta piega. «L’imam egiziano — ha riferito Nouassir in chat — stava per chiamare la polizia, giuro che mi hanno tirato via dalla moschea...». Qualcosa però poi si è sbloccato.
A metà marzo, in una telefonata (intercettata) con un palestinese che gli avrebbe dovuto fare da sponda dal campo profughi di Yarmouk, alle porte di Damasco, Nouassir annunciava radioso: «Sto arrivando, se Dio vuole voglio fare il jihad per Dio». E in effetti, tutto pareva pronto. I soldi, in parte frutto dell’attività di spaccio (in passato è stato anche arrestato), erano pronti. Il contatto con il palestinese pareva funzionare («Oh, fratello, mi aiuti per arrivare da voi, non ce la faccio più...»).
sostenitori di isis festeggiano in siria
Il primo tentativo di raggiungere la Siria, il 26 marzo scorso, è però fallito. Il piano, che prevedeva un viaggio aereo di sola andata da Bergamo ad Istanbul, si è arenato contro il rifiuto del consolato tunisino di Genova di rilasciargli il passaporto. Nouassir non l’ha presa bene. Ha dato in escandescenze e minacciato gli impiegati, prendendosi anche una denuncia, per poi sfogarsi al telefono con la moglie, alla quale però ha raccontato di voler andare in Germania per lavoro. Il secondo tentativo avrebbe dovuto concretizzarsi ieri. Ma a quel punto i pm bolognesi Antonella Scandellari e Antonio Gustapane hanno deciso di chiudere il cerchio.
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