famiglia nel del bosco

OGNI SCUSA È BUONA PER DIVIDERSI: ANCHE LA FAMIGLIA DEL BOSCO SPACCA IL PAESE – ALESSANDRA GHISLERI: “QUASI UN CITTADINO SU DUE (49,8%) SI SCHIERA APERTAMENTE A FAVORE DELLA FAMIGLIA ANGLOSASSONE A CUI SONO STATI ALLONTANATI I FIGLI. SUL FRONTE OPPOSTO TROVIAMO IL 35,2% DEGLI INTERVISTATI, CONVINTI CHE LA TUTELA DEL MINORE DEBBA PREVALERE SU TUTTO” – “UN ITALIANO SU DUE RITIENE CHE I GENITORI SIANO ‘PARZIALMENTE’ LIBERI DI ADOTTARE UNO STILE DI VITA ALTERNATIVO PER I FIGLI (49,7%).  INTERESSANTE IL DATO DEL TARGET TRA I 24 E I 44 ANNI, LA PERCENTUALE SALE AL 59,7%; E TRA I 18 E I 24 ANNI DOVE LA PERCENTUALE SFIORA L'80% (78,9%)...”

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Estratto dell’articolo di Alessandra Ghisleri per “La Stampa”

 

SONDAGGIO SULLA FAMIGLIA NEL BOSCO BY ALESSANDRA GHISLERI

Il caso della famiglia anglo-australiana che da anni viveva nei boschi di Palmoli, in Abruzzo, ha acceso un dibattito nazionale come poche volte accade. La decisione del Tribunale dei minori di allontanare i tre figli - e temporaneamente la madre - dal padre, collocandoli in una casa protetta, ha polarizzato l'opinione pubblica su due fronti che sembrano inconciliabili: da una parte la libertà di scelta e di stile di vita alternativo, dall'altra la protezione e i diritti del minore.

 

Secondo l'ultimo sondaggio di Only Numbers, quasi un cittadino su due (49,8%) si schiera apertamente a favore della famiglia e contro la decisione dei giudici. [...]

 

Nathan e Catherine Trevallion - la famiglia nel bosco

Tra i sostenitori di questa posizione ci sono i difensori dell'educazione «rurale», fatta in casa, modellata sui ritmi naturali e non su quelli standardizzati della scuola e della società.

 

A rendere la famiglia ancora più «simpatica» agli occhi di una parte dell'opinione pubblica è la percezione [...] che si trattasse non di un contesto di miseria, ma di una scelta consapevole: bambini curati, genitori presenti, vita essenziale, ma non degradata. Un esperimento di autosufficienza più che un caso di abbandono.

 

nathan e catherine trevallion 1

Sul fronte opposto troviamo il 35,2% degli intervistati, convinti che la tutela del minore debba prevalere su tutto. È la parte del Paese che guarda ai fatti con occhi pragmatici: la casa giudicata fatiscente, priva di servizi essenziali; l'assenza di elettricità, acqua corrente e sicurezza strutturale comporta possibili e facili rischi concreti per la salute e l'incolumità dei bambini.

 

 [...] Il vulnus se vogliamo è proprio l'interpretazione del «come» questi bambini siano stati educati, curati, istruiti e inseriti nella società dai loro genitori Nathan e Catherine. Il Paese, insomma, è profondamente diviso: il 44,1% ritiene che il Tribunale dei Minori abbia oltrepassato i propri limiti; il 37,7% sostiene che abbia semplicemente applicato le norme, come previsto dalla legge.

 

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[...] Tuttavia questa storia - al di là della cronaca - ci mette davanti a domande più profonde, che interpellano il nostro rapporto collettivo con la genitorialità, la libertà individuale e il ruolo dello Stato. Dove finisce il diritto dei genitori di educare secondo i propri valori e dove comincia il diritto del minore a condizioni di vita sicure e conformi agli standard sociali?

 

È una domanda senza risposte immediate, perché tocca la sfera più delicata dell'esperienza umana: crescere ed essere cresciuti. Non stupisce, dunque, che un italiano su due ritenga che i genitori siano «parzialmente» liberi di adottare uno stile di vita alternativo per i figli (49,7%).

 

Interessante il dato del target tra i 24 e i 44 anni, cioè tra chi oggi ha figli piccoli o potrebbe averli, la percentuale sale al 59,7%; e tra i 18 e i 24 anni dove la percentuale sfiora l'80% (78,9%). Segno che la generazione che si confronta ogni giorno con l'educazione è quella più sensibile alla necessità di trovare un equilibrio.

 

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Nel campione nazionale solo il 26% sostiene invece la libertà totale dei genitori, mentre il 14,1% ritiene che debba prevalere la norma sociale, l'insieme delle regole condivise che definiscono ciò che consideriamo accettabile per un minore nella nostra società.

 

[...] Nel giudicare questa vicenda, ciascuno di noi finisce per interrogare la propria idea di infanzia, di comunità, di responsabilità. Non è - e non sarà mai - una questione di «giusto» o «sbagliato». È una questione di confini: quelli tra autodeterminazione e tutela, tra scelta personale e bene collettivo, tra natura e società. E i confini, si sa, sono sempre i luoghi più difficili da abitare; tuttavia, sono anche quelli in cui una comunità, se vuole crescere, è chiamata a guardarsi dentro - senza slogan e senza polarizzazioni - e a capire chi desidera essere «da grande».

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