DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Alessia Marani per "il Messaggero"
Aveva cercato scampo in quella solidarietà forte del coraggio che solo le donne riescono a esprimere. Sapeva che quell'amica più giovane aveva dovuto combattere con l'ira cieca di un altro uomo violento nella sua famiglia, così la scorsa estate Marjola ha bussato alla sua porta: «Che devo fare, aiutami». La donna era terrorizzata da quelle terribili minacce che il compagno, Mirko Tomkov, polacco 44 anni, continuava a rivolgerle quasi ogni giorno: «Ti ammazzo, ti brucio con la benzina».
Ma forse non era nemmeno arrivata a immaginare che quelle parole sarebbero diventate il presagio di morte per il suo bambino, il piccolo Matias, 10 anni, un angioletto ignaro. «Lui era un bimbo ingenuo e pacioccone, giocava con il suo trenino buono buono e le macchinette, nemmeno gli interessavano tanto il pc e i videogiochi. Non poteva rendersi conto fino in fondo di quello che stava avvenendo e al papà continuava a volere bene. Proprio pochi giorni fa, e ne ero rimasta impressionata, aveva cambiato la sua immagine di WhatsApp sul telefonino pubblicando una foto insieme con lui. E magari, chissà, quando martedì gli ha aperto la porta di casa sarà stato pure contento di vederlo. Quell'uomo poteva fare una strage, doveva andare in galera».
Chi parla è Milena (il nome è di fantasia, preferisce non comparire) l'amica che ha provato a tirare fuori Marjola dall'inferno di violenza e maltrattamenti in cui era precipitata. Quand'è che Marjola ha capito di non farcela più a sopportare?
«Era estate, credo che si sia confidata con me perché avevo vissuto una situazione simile. Non mi ricordo la data esatta ma era una domenica di agosto. Si è presentata all'improvviso qui ed era decisa ad andare dai carabinieri ma non sapeva come. Non aveva la macchina, non guidava e mi ha chiesto di darle un passaggio. E così ho fatto, l'ho accompagnata».
Che cosa vi siete dette nel tragitto?
«Non c'era molto da dire, voleva solo uscire dall'incubo. In auto con noi c'era anche Matias e quando lei è entrata dai carabinieri io sono rimasta fuori a giocare con lui. Non ho assistito al colloquio, non so che cosa lei abbia riferito, ma è tutto agli atti. So solo che quando siamo ripartite si sentiva più sollevata».
Poi che cosa è successo?
«Per un po' di tempo lei e Matias hanno abitato a casa della sorella di lei e del cognato, Marjola lì si sentiva più sicura e protetta. Lo zio adorava il nipotino, stava sempre con lui e anche martedì era andato a prenderlo a scuola. La zia è tornata stamattina dall'Albania. Saranno stravolti».
Ma prima che Marjola le chiedesse aiuto, si era accorta di quanto soffrisse?
«Marjola era sempre con il sorriso e non lasciava intendere che avesse dei problemi con suo marito, probabilmente si teneva tutto dentro da molto tempo e, forse, pensava che un giorno lui sarebbe cambiato, finché non ha compreso che sarebbe stato impossibile».
L'aveva rivista ultimamente?
«A un certo punto, il paese è piccolo, si era diffusa la notizia che io avessi portato Marjola dai carabinieri. Sapevo che, comunque, era aiutata dalla sorella e dai militari, allora ho preferito starne fuori per non esasperare ulteriormente gli animi per paura di ritorsioni ulteriori sia su di lei, che su di me».
Perché accanirsi su Matias, se lo è chiesto?
«Quell'uomo ieri (martedì, ndr) poteva, e forse voleva, fare una strage. Ha colpito Marjola nella cosa più cara che aveva, per annientarla. Poi chissà che altro aveva in mente di fare. Lo hanno visto fare avanti e indietro davanti la casa, avrebbe potuto ammazzare chiunque. Una persona così si poteva fermare solamente sbattendola in carcere».
Ma aveva un divieto di avvicinamento...
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«L'unica cosa che mi sento di dire è che quando una donna, o chiunque altro, chiede aiuto in questo modo deve avere la certezza che chi vuole farle del male sia allontanato da lei non solo a parole o per iscritto su un pezzo carta. È inutile che gli dai un divieto quando, poi, nei fatti, in qualsiasi momento, può girare l'angolo e colpirti».
I tribunali, purtroppo, sono pieni di storie di minacce e maltrattamenti...
«So che le forze dell'ordine, come anche in questo caso, fanno tutto quello che possono e i giudici, dal canto loro, dicono di applicare le leggi. E allora, cambiamole queste leggi».
2 - IL BIMBO ERA NEL CASSETTONE DEL LETTO Giorgio Renzetti,Maria Letizia Riganelli per "il Messaggero"
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Il coltello, gli indumenti impregnati di benzina e un piano diabolico. E' servito un nuovo sopralluogo nella casa dell'orrore, ieri pomeriggio, per raccogliere altre informazioni indispensabili a completare l'indagine (e per portar via la gabbia con il coniglio bianco del bambino). Ma gli inquirenti sono convinti di avere un quadro chiaro su cosa e come sia accaduto nell'abitazione in Stradone Luzi, a Cura di Vetralla, in cui ieri l'altro è stato ucciso dal padre il piccolo Matias Tomkow. Mentre la madre Marjola Rapaj di 32 anni è tornata in paese, dai parenti, dopo aver lasciato l'ospedale di Viterbo in cui era stata trasferita, sotto shock, dopo aver scoperto la tragedia.
L'ABITAZIONE La scena del delitto, la casa in cui il bambino di 10 anni viveva con la madre, dopo che al padre Mirko era stato vietato di avvicinarsi per i maltrattamenti nei confronti della donna, è sotto sequestro. Lì, martedì scorso tra le 13,30 e le 15,30 arriva il polacco di 44 anni, dopo esser stato dimesso da un Covid hotel di Roma. Era risultato positivo dal 9 ottobre e da Viterbo era stato trasferito nella Capitale per la quarantena.
Chi a Cura lo ha incrociato l'altra mattina, anche davanti alla scuola del figlio, ha riferito di averlo visto confuso e disorientato. Forse a causa dell'alcol, forse a causa dell'insano gesto che aveva architettato. La campanella della scuola suona, Matias esce dal suo istituto, ma ad accompagnarlo a casa lo zio. Vuole andare nell'appartamento, vuole andare dalla mamma. Ma la madre ancora non c'è. Ad attenderlo trova il padre che non dovrebbe essere lì. Quel che succede in quella manciata di minuti è ormai un punto fermo.
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Mirko Tomkow aggredisce il figlio e con un coltello, trovato nel cassetto delle posate, gli recide la gola. Poi lo lascia esanime nel cassettone del letto. Verrà trovato con del nastro adesivo su bocca e naso. Completamente fuori di testa Tomkow tenta di gettare liquido infiammabile su un lenzuolo. Forse si intossica, forse è troppo ubriaco per proseguire nel suo piano e perde conoscenza. A scoprire la drammatica scena è la mamma Marjola una volta rientrata in casa. Trova l'ex compagno incosciente e il figlio di 10 anni già morto.
A lanciare l'allarme sono i vicini di casa: le urla della donna allarmano tutti, alcuni accorrono e chiamano il 112. I carabinieri ci mettono un secondo a collegare la casa con quella dell'uomo straniero allontanato con una misura cautelare del pm Paola Conti dalla famiglia. E si precipitano in forze, allertando anche i vigili del fuoco da prassi. Ma arrivati sul posto, anche con il personale del 118, non possono che accertare la morte del piccolo, per poi affidare Mirko Tomkov, incosciente, all'eliambulanza che lo trasferisce all'ospedale di Viterbo.
INCOSCIENTE stato di arresto per l'omicidio del figlio. Non è in pericolo di vita, ma non è ancora stato possibile interrogarlo a causa del suo stato di semi incoscienza. Gli inquirenti sperano di ottenere una ricostruzione da parte dell'indagato prima della convalida del fermo, che verrà esaminata dal Gip del tribunale nei prossimi giorni. Intanto gli è stato fornito un avvocato di ufficio. Oggi sulla salma del piccolo Matias sarà effettuato l'esame autoptico: alcune risposte, e conferme, potrebbero arrivare anche dagli accertamenti del medico legale.
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