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CHI STERMINA, NON PAGA – SIAMO AL PARADOSSO: ALLA FINE TOCCHERÀ ALL’ITALIA RIMBORSARE LE VITTIME ITALIANE DEL TERZO REICH PER METTERE UNA PEZZA AL FATTO CHE NON VEDRANNO MAI DUE SPICCI DALLA GERMANIA – UN DECRETO LEGGE HA IMPOSTO NON SOLO IL LIMITE AL 30 MAGGIO 2022 PER CHIEDERE IL RISARCIMENTO ALLA GERMANIA, MA COLORO CHE HANNO AVVIATO AZIONI LEGALI, RICONOSCIUTE LEGITTIME, SI VEDRANNO RIMBORSARE DA UN FONDO ISTITUITO AL MEF – LA RIVOLTA DELLA COMUNITÀ EBRAICA…

Michela Bompani per “la Repubblica”

 

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Le vittime italiane del Terzo Reich rischiano di non poter mai più chiedere, ed ottenere, alcun risarcimento dalla Germania. E le istanze dei deportati o degli eredi di chi tornò, o non tornò, dai campi di sterminio, saranno per sempre messe a tacere. E chi ha già istruito una richiesta di risarcimento alla Germania, sarà però ripagato dall'Italia, che per questo ha istituito un fondo ad hoc.

 

Lo stabilisce il testo del decreto legge 36, del 30 aprile scorso che, all'articolo 43, introduce una nuova disciplina per il "ristoro dei danni subìti dalle vittime di crimini di guerra e contro l'umanità, in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l'8 maggio 1945". Un fulmine a ciel sereno, che ha colto alla sprovvista anche i legali che si sono occupati di far valere i diritti di chi li ebbe negati, a cominciare dal diritto principale, alla vita. E molti enti, dall'Ucei, l'unione delle comunità ebraiche, all'Aned - sezione Genova, chiedono la modifica del decreto.

auschwitz

 

Il decreto legge ha imposto un limite, al 30 maggio 2022, a tutte le cause in cui le vittime di deportazioni e torture, e i loro eredi, hanno presentato istanza di risarcimento alla Germania: dopo quel termine non è più possibile agire. Poi, sempre per effetto del decreto, le azioni legali già avviate, e riconosciute legittime, per i risarcimenti attingeranno a un fondo di complessivi 55.424.000 euro istituito presso il Mef, con denari raccolti dal "Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili" e dal "Fondo per interventi strutturali di politica economica". Un'azione dell'Italia che da un lato garantisce risarcimenti che era difficile ottenere dalla Germania, dall'altra però fa ripagare allo Stato italiano responsabilità che le sentenze attribuiscono a quello tedesco.

 

Ebrei sopravvissuti ad Auschwitz

Per questo, l'Ucei ha scritto al presidente del consiglio, Mario Draghi, come conferma il vicepresidente nazionale, Giulio Disegni: «Ci siamo rivolti al primo ministro perché il decreto legge ci ha lasciati sgomenti - dice - a cominciare dallo strumento scelto, urgente, quando si parla di crimini di guerra, talmente gravi e imprescrittibili, cui invece si pone un termine definitivo. Le preoccupazioni non sono delle comunità ebraiche, ma riguardano tutta la società civile.

 

Ci preme garantire la possibilità di ricorrere contro chi ha lacerato famiglie e affetti». Ora il decreto si trova in Commissione al Senato, per la conversione in legge entro il 28 giugno: «Seguiamo l'iter attraverso gli emendamenti proposti - prosegue Disegni - per procrastinare, o eliminare, il termine entro cui presentare i ricorsi e, poi, cercando di interrogare il legislatore sulle responsabilità di fatti che, in questo modo, ricadono sull'Italia, che li risarcisce».

UFFICIALI SS DAVANTI AUSCHWITZ

 

Il decreto poi mette fine ai pignoramenti del patrimonio tedesco in Italia, che hanno incluso anche sedi del Goethe-Institut, avviati per ristorare chi ha vinto le cause di questo tipo.

 

«La Germania si è sempre opposta a risarcire i singoli cittadini italiani per danni dai crimini in questione: a favore ha una sentenza della Corte internazionale dell'Aja del 2012, contro una della nostra Corte Costituzionale del 2014», dice Filippo Biolé, avvocato, vicepresidente Aned - Genova, tra gli estensori degli emendamenti al decreto. La Germania si oppone ai risarcimenti, ricordando di aver corrisposto all'Italia, 40 milioni di marchi tedeschi. «Ora - conclude Disegni - attendiamo che gli emendamenti modifichino i passaggi che consideriamo inaccettabili».

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