DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Emmanuel Macron ha assistito dall'altra parte dell'Oceano alla prima manifestazione dal suo arrivo all'Eliseo, al primo «No» della piazza contro la riforma del codice del lavoro. Gli oppositori per le strade a Parigi, Tolosa, Marsiglia; il giovane presidente alle Antille, vicino alle vittime dell'uragano Irma. Il primo round di Macron con la Francia che protesta non si è concluso con un KO. La Cgt, il sindacato che ha invitato a manifestare contro un Jobs Act considerato come l'imposizione del liberalismo in Francia, ha contato ieri sera circa 400 mila persone scese per le strade della Francia, 60 mila a Parigi. Come al solito, la Prefettura ne ha viste la metà, intorno alle 220 mila, di cui 24 mila tra la Bastiglia e la Place d'Italie.
Se la contabilità è difficile, di sicuro i manifestanti di ieri sono stati meno di quelli che un anno fa sfilarono contro la legge El-Khomry, la riforma del codice del lavoro voluta da Hollande e che Macron ha confermato e amplificato, semplificando i licenziamenti e limitando il potere negoziale dei sindacati nelle piccole e medie imprese. «Era un primo test, è stato un successo» ha commentato il leader della Cgt Philippe Martinez. Il governo ha comunque tirato un sospiro di sollievo. Se il 57 per cento dei francesi si dice preoccupato dalla riforma, per il momento non si sente nascere un movimento di rabbia dalla piazza, anche se ieri si sono visti momenti di tensione, soprattutto a Parigi. Circa «trecento giovani incappucciati» secondo la polizia, ha cominciato a rompere vetrine e lanciare sassi vicino alla Place d'Italie.
Gli agenti hanno risposto con lacrimogeni. Gli scontri sono durati qualche decina di minuti. Bilancio: un ferito leggero e quattro fermati. Certo la protesta non è finita ieri sera: il 21, alla vigilia della presentazione dei cinque decreti del Jobs Act in Consiglio dei Ministri, la Cgt ha già organizzato una nuova giornata di manifestazioni, mentre il 23 sarà il giorno del no della sinistra radicale della France Insoumise. Molti politici hanno scelto di scaldarsi i muscoli già ieri. A Marsiglia si è fatto vedere accanto ai sindacati Jean-Luc Mélenchon. «I francesi non vogliono un paese liberale ha detto Mélenchon Questo deve capire Macron, la Francia non è l'Inghilterra». A Parigi ha invece sfilato l'ex candidato socialista alle presidenziali, oggi leader del nuovo movimento M1717, Benoit Hamon.
Né Macron né il Governo hanno intenzione di deviare dalla rotta fissata. La riforma del lavoro ripetono era stata annunciata durante la campagna per le presidenziali ed è stata ampiamente discussa e negoziata con le parti sociali durante l'estate. Il fronte sindacale è spaccato. Ieri non hanno sfilato (anche se ci sono state bandiere dissidenti nei cortei) né i moderati di Force Ouvrière né quelli della Cfdt. Dalle Antille, Macron ha parlato soprattutto di ricostruzione. Per il presidente la riforma del lavoro è già roba vecchia, adesso si passerà alla riforma della formazione professionale e soprattutto a quella delle pensioni. E poi alle leggi sulla sicurezza.
Ieri le Monde ha annunciato che il governo sta preparando una «estensione massiccia» dei controlli di identità con una «ridefinizione delle zone di frontiera» che consentirà di derogare alle regole di Schengen sulla libera circolazione. L'obiettivo è la lotta al terrorismo, ma anche all'immigrazione clandestina. Alla prima prova di forza con l'opposizione, il Presidente ha mostrato di non voler esitare, anzi, di preferire l'attacco alla difesa. Tre giorni fa da Atene ha accusato la Francia dei «fannulloni e dei cinici» di voler ostacolare le riforme. Se si è sottratto ai cortei francesi, alle Antille non si è sottratto alle critiche sulla mancata prevenzione: «sono favorevole all'istituzione di una commissione d'inchiesta» ha detto, precisando però che «non era possibile avere un anticipo superiore a quello che abbiamo avuto».
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