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GENETICA E COTICA - IL GENETISTA EMILIANO GIARDINA, L’UOMO CHE HA INCASTRATO BOSSETTI: “HO SEMPRE PENSATO CHE POTESSE ESSERE CONDANNATO: IL SUO COMBACIAVA CON QUELLO DI "IGNOTO 1", CIOÈ DELLA PERSONA CHE HA LASCIATO LA SUA TRACCIA BIOLOGICA SUGLI INDUMENTI DELLA RAGAZZINA. E IL DNA SI TRASFERISCE SOLTANTO PER CONTATTO DIRETTO”

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EMILIANO GIARDINAEMILIANO GIARDINA

Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”

 

«In questi due anni ho sentito commenti che francamente si potevano evitare. Mi è dispiaciuto».

 

Erano sul suo lavoro?

«Erano parole di scienziati finite nel calderone mediatico assieme a quelle di opinionisti. Confondevano le carte in tavola e i ruoli, e invece io sono per i ruoli chiari. A ognuno il suo campo».

 

ester arzuffi bossetti avvocato bonomo ester arzuffi bossetti avvocato bonomo

Il professor Emiliano Giardina, genetista all' Università di Roma Tor Vergata, è l' uomo-chiave del caso Yara. Un visionario che ebbe l' intuizione giusta, e cioè: «Ignoto 1» era un figlio illegittimo. Fu quel passaggio a consentire l' identificazione certa di Massimo Bossetti. E oggi lui - il professore - ce l' ha con gli esperti che hanno mescolato le loro voci a quelle di chi seminava dubbi sul suo lavoro, senza saperne granché di Dna nucleare o mitocondriale.

 

Si è parlato di «strapotere» della prova scientifica.

MASSIMO BOSSETTI MASSIMO BOSSETTI

«Ognuno ha il diritto di dire o pensare ciò che vuole ma far passare il concetto che il Dna sia uno strumento per accusare qualcuno è sbagliato. Il Dna è un dato che indica la presenza e la presenza diventa responsabilità penale nei tribunali. Il mio lavoro è portare delle prove scientifiche, usarle per condannare o assolvere non è un problema mio».

 

Quindi lei non ha mai pensato che Bossetti potesse essere assolto.

«Io ho sempre creduto che il risultato più probabile fosse la condanna. Quindi questa sentenza non mi sorprende».

 

Il dettaglio scientifico più controverso è stato il Dna mitocondriale, cioè la parte di profilo genetico che ciascuno di noi eredita dalla madre. In aula non si è chiarito: è di Bossetti? Non è leggibile? È di un'altra persona? In tanti l'hanno definito un «pasticcio».

letizia  ruggeri pubblico ministero del processo yara bossettiletizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti

«La parola pasticcio sembra indicare che qualcosa andasse fatto in modo differente e questo non è vero. Vorrei ricordare che davanti a tracce biologiche così complesse come quelle trovate sugli indumenti di Yara l'esame per risalire al mitocondriale non si fa. Non succede praticamente mai. Noi lo abbiamo fatto soltanto per arrivare alla madre, non per identificare «Ignoto1». Bossetti è stato identificato attraverso il Dna nucleare. Il suo combaciava con quello di "Ignoto 1", cioè della persona che ha lasciato la sua traccia biologica sugli indumenti della ragazzina. E non mi vengano a dire che lo si può trasportare: il Dna si trasferisce soltanto per contatto diretto. Tutto questo è inconfutabile».

il furgone di bossetti analizzato dai risil furgone di bossetti analizzato dai ris

 

Nessuna possibilità nemmeno remota di errore?

«Nessuna. Un errore è assolutamente impensabile. Non è possibile».

 

Da professore le è mai capitato di parlare del caso Yara ai suoi studenti?

«Sì, è successo. Agli studenti dico sempre che per un genetista forense c'è la difficoltà di eseguire bene analisi complicate ma c'è anche quella di saperle spiegare. Penso ai giudici popolari, per esempio. Non è facile spiegare dettagli molto tecnici in modo semplice senza scalfire la valenza e solidità dei risultati. Dobbiamo essere preparati, soprattutto adesso che in Italia è cominciata una nuova era per il Dna...».

yara gambirasioyara gambirasio

 

E cioè?

«Dal 10 giugno abbiamo anche da noi la banca dati nazionale del Dna. Presto capiremo che ci sarà un prima e un dopo. Potremo utilizzare i dati della banca anche per reati minori, chiamiamoli così, come le rapine e i furti. Oppure per le violenze sessuali o per il terrorismo... Sono convinto che avremo un Paese più giusto».

 

E il rischio di una schedatura generalizzata?

«Pensi che io sarei favorevole a prendere il Dna di tutti! Chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere da una banca dati».

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