buco nell ozono

FERMI TUTTI: IL BUCO NELL’OZONO SI STA RIDUCENDO! - IL MERITO VA AL PROTOCOLLO DI MONTREAL SOTTOSCRITTO DA UN SEMPRE MAGGIOR NUMERO DI NAZIONI, CHE HA MESSO AL BANDO L’USO DELLE SOSTANZE CHIMICHE RESPONSABILI DELLA DISTRUZIONE DEL GAS

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Giovanni Caprara per il “Corriere della Sera”

 

IL BUCO NELL OZONOIL BUCO NELL OZONO

Il buco nello strato di ozono sopra l'Antartide contrariamente a quanto l' anno scorso i dati sembravano indicare è in drastica riduzione con una prospettiva futura rassicurante. Le misure effettuate tra settembre e ottobre indicavano un' impennata negativa con un' area distrutta che raggiungeva i 28,2 milioni di chilometri quadrati sfiorando l' annata record del Duemila, quando il valore raggiungeva i 29,9 milioni di chilometri quadrati. La realtà è per fortuna diversa perché l' estensione è comunque solo uno degli aspetti che entrano in gioco.

 

IL BUCO NELL OZONO IL BUCO NELL OZONO

«Abbiamo la conferma che la ripresa si sta consolidando bene», nota Susan Solomon del Mit di Cambridge (Usa), veterana del settore, che con i colleghi del Centro nazionale di ricerche atmosferiche di Boulder e dell' Università britannica di Leeds ha pubblicato sulla rivista americana Science i risultati di una vasta indagine. Se si considerano insieme tutti gli aspetti significativi (densità, co ncentrazione ed estensione dell' area di ozono), il bilancio adesso è positivo.

EFFETTO SERRAEFFETTO SERRA

 

«La curva risale decisa come rivelano i diagrammi - aggiunge - dimostrando che, quando si vuole, i problemi ambientali si risolvono e il merito va al coraggio del protocollo di Montreal sottoscritto da un sempre maggior numero di nazioni». Il documento presentato nel 1987 ed entrato in vigore due anni dopo, ha messo al bando l' uso delle sostanze chimiche responsabili della distruzione del gas.

 

«Ci si era resi conto - spiega Guido Visconti, fisico dell' atmosfera dell' Università de L' Aquila - che la combinazione tra ozono, cloro e la presenza delle nubi stratosferiche accelerava il danno. Bisognava dunque togliere il cloro e gli altri elementi associati, tipo il bromo e il fluoro, sostituendoli con prodotti innocui».

 

Da allora è diventata nota la sigla Cfc, che sta per clorofluorocarburi, adoperati in molti prodotti: dagli spray per i capelli ai frigoriferi, ai condizionatori. La riduzione dello strato di ozono, maggiormente concentrato tra i 15 e i 35 chilometri di altezza, consente il passaggio di elevate dosi di radiazioni ultraviolette emesse dal Sole, capaci di provocare tumori alla pelle, danni alla cataratta e pericolosi aumenti di temperatura nel corpo umano, negli animali e nelle piante.

BUCO NELL OZONOBUCO NELL OZONO

 

Il buco sull' Antartide è stato scoperto per caso da tre scienziati del British Antartic Survey nel 1985 con osservazioni da Terra e subito confermato dalle ricognizioni con i satelliti che da allora sono diventati lo strumento principe per verificare l' andamento. Già in precedenza, tuttavia, i guai all' ozono in generale erano stati segnalati, ma poco ascoltati, da scienziati illustri come il Premio Nobel Paul Crutzen.

 

INQUINAMENTO  INQUINAMENTO

Ad essere più vulnerabili erano le zone polari, dove la circolazione atmosferica concentrava la presenza delle sostanze nocive. Infatti, dopo il Polo Sud, analoghi danni furono scoperti anche sull' Artico, facendo salire le preoccupazioni perché l' emisfero Nord era più densamente abitato e quindi più a rischio.

 

«I provvedimenti adottati hanno prodotto il loro effetto anche se siamo ancora lontani dall' aver ricucito del tutto il buco - sottolinea Visconti -. Con questo andamento la ripresa richiederà cinquant' anni per tornare ai valori del 1979. Oggi con la densità rilevata di ozono intorno ai 250 Dobson siamo circa a metà strada dal valore di quasi 500 del '79, quando il problema non esisteva».

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La ricerca condotta prende in considerazione gli ultimi 15 anni, dimostrando anche come le eruzioni sulfuree dei vulcani possano peggiorare la situazione. Nel 2015, infatti, le immissioni del vulcano cileno Calbuco avevano fatto risalire l' estensione dell' area distrutta sull' Antartico. «Ma eliminando il suo apporto per l' annata specifica - conclude Susan Solomon -, il passo avanti rimane evidente».