paolo borzacchiello il codice segreto del linguaggio

LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO (E HO FATTO BENE) - IL GURU DELLA COMUNICAZIONE PAOLO BORZACCHIELLO NEL LIBRO “IL CODICE SEGRETO DEL LINGUAGGIO” SVELA QUALI SONO LE PAROLE DA NON USARE MAI E QUELLE UTILI PER OTTENERE TUTTO: DIMENTICATE MI SPIACE, DIFFICILE, PROVARE, SPERARE, PROBLEMA, ERRORE E ANCHE “SCUSI IL DISTURBO” - EVITATE GIRI DI PAROLE, AGGETTIVI E AVVERBI SUPERFLUI - E PUNTATE SU...

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Lucia Esposito per “Libero quotidiano”

 

PAOLO BORZACCHIELLO

Intervistare un esperto di intelligenza linguistica crea subito un grosso problema: trovare le parole giuste per non sembrare un deficiente linguistico. Da che parte cominciare? Privilegiare i convenevoli o andare al sodo? Scegliere parole ricercate o preferire quelle colloquiali?

 

«Buongiorno, scusi se la disturbo, la chiamo per l' intervista concordata l' altro giorno.

Adesso potrebbe parlare?». I saluti, le scuse, il condizionale... la frase ci sembrava perfetta ma il guru della comunicazione efficace Paolo Borzacchiello, autore de Il Codice segreto del linguaggio (Roiedizioni, 268 pp, euro 23) gentilmente spiega che sarebbe stato meglio dire: «Buongiorno, ci siamo sentiti tempo fa per l' intervista, ha tempo adesso?».

IL CODICE SEGRETO DEL LINGUAGGIO PAOLO BORZACCHIELLO

 

Scopriamo che la formula "mi scusi per il disturbo" - che usiamo mille volte per educazione o solo per rompere il ghiaccio- mette in una condizione di inferiorità psicologica chi la usa e crea tensione nella parte iniziale della conversazione.

 

Borzacchiello ha il raro pregio di dimostrare ai lettori che le parole non sono tutte uguali e che bisogna imparare a selezionarle con cura e maneggiarle con attenzione perché, come recita un detto indiano, «ci sono due cose che non possono mai tornare indietro: una freccia scagliata e una parola pronunciata».

 

Questo libro è una sorta di polizza contro le conseguenze di un uso improprio del linguaggio (quante volte avete dovuto precisare: "non intendevo dire questo", "mi spiace, hai capito male") e vi libererà dall' incombenza di dover fare telefonate riparatorie o incontri chiarificatori.

 

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 Il grande Massimo Troisi in un suo film diceva: «Io sono responsabile solo di quello che dico, non di quello che capite», ma pagina dopo pagina Borzacchiello dimostra che siamo sempre responsabili di quello che diciamo e di ciò che scriviamo. Insomma, se chi ascolta capisce male, la colpa è sempre e solo di chi parla. L' autore del libro spiega concretamente come scrivere una mail che tutti leggono, il post che attira l' attenzione sui social, ma anche come evitare spiacevoli malintesi con il proprio partner o con i colleghi.

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DA EVITARE

Segnatevi questi termini: mi spiace, difficile, provare, sperare, disturbo, problema, errore e riscontro. Ecco, evitate accuratamente di pronunciarli, trovate frasi alternative o piuttosto zittitevi perché sono tossici: mandano al cervello dei messaggi negativi e distraggono l' attenzione di chi vi ascolta. Leggere una mail che ha come oggetto le parole "errore" o "problema" genera disagio nel destinatario. E quando vi fanno una domanda, non rispondete mai: «Ci provo», o «speriamo», sono termini che lasciano trapelare insicurezza e timore.

 

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Dire: «Ho il morale a terra» demotiva chi vi sta di fronte, non genera sensazioni positive e in qualche modo scoraggia l' interlocutore. Ricordate invece queste parole: occasione, opportunità, facile, magico, incredibile, funzionale, strategico. Imparatele a memoria e usatele più che potete perché attirano l' attenzione di chi vi ascolta.

 

L' uso di termini legati alla metafora della guerra come "armi", "sussulto", "fronteggiare", "sotto attacco" sono vere e proprie iniezioni di adrenalina. Al contrario, metafore come "brancolare nel buio" o "ho il freno a mano tirato" provocano delle scosse nel sistema nervoso parasimpatico che portano all' inazione. Se ai vostri figli ordinate: «Riordinate la camera!» non otterrete alcun risultato: i giocattoli resteranno sparpagliati sul pavimento e i libri ammassati sulla scrivania. Se invece siete più precisi e gli chiedete di mettere i Lego in un determinato cassetto e i quaderni sulla mensola della libreria avrete certamente più possibilità di essere ascoltati», spiega Borzacchiello.

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Attenzione anche al verbo essere: nasconde molte insidie. Dire: «Sei un ritardatario» è diverso da «sei arrivato in ritardo». Nel primo caso io definisco un'identità in modo assoluto e, pertanto, limitante.

 

Nel secondo, invece, giudico un comportamento e non escludo che in futuro esso possa cambiare. «Quando scriviamo una mail o pubblichiamo un post sui social o semplicemente parliamo con un amico conviene ricordarsi di sfrondare le frasi dal verbo essere che è tanto affascinante quanto pericoloso», consiglia Borzacchiello.

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SINTESI E CHIAREZZA

Un' altra regola da ricordare quando si parla o si scrive è che il cervello pensa in fretta e si distrae molto velocemente, quindi cerchiamo di risparmiare tempo e fiato evitando giri di parole, aggettivi e avverbi superflui. «Bisogna stare attenti a quello che diciamo ma anche a come lo diciamo, alla sequenza delle parole», avverte l' autore.

 

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Un esempio: un novizio chiese al priore: «"Padre, posso fumare mentre prego?" E fu severamente redarguito. Un altro novizio chiese al priore: "Padre, posso pregare mentre fumo?" e fu lodato per la sua devozione». Ecco, è sufficiente spostare il verbo "fumare" perché lo stesso concetto sia percepito in modo completamente diverso. Non basta contare fino a dieci prima di parlare, ma conoscere il peso di ciascuna parola. E, se proprio non ci riusciamo, meglio praticare la sempre più rara arte del silenzio.

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