“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
PAPA IN VIAGGIO DI RITORNO DALLA COREA
Il Papa ha lasciato ieri Seul con la consapevolezza che la crescita del cristianesimo in Asia resta incerta, come la riunificazione tra le due Coree. I due obiettivi del suo primo viaggio in Oriente, dopo cinque giorni nella penisola coreana, si sono confermati difficili.
papa francesco in corea del sud 8
Sul cammino della Chiesa, oltre alla Cina e alla Corea del Nord, anche altre potenze: l’India del nazionalista indù Modi, la Malesia dell’islam e gran parte del Sudest, ma pure lo stesso Giappone, sogno missionario di Bergoglio, che non ha apprezzato l’incontro con le sopravvissute “comfort women” sudcoreane. Al centro delle difficoltà però resta Pechino, nonostante il doppio sorvolo papale della Cina e il doppio messaggio al presidente Xi Jinping, a cui i cinesi hanno scelto infine di non rispondere.
Appena di cortesia, nel giorno del congedo, l’attenzione dei media di Stato, a conferma di una spaccatura dentro il partito. L’ala riformista di Xi Jinping, che ha voluto leggere i testi letti da Francesco in Corea, preme per il disgelo, sia diplomatico che sul piano della fede. È stato lo stesso leader cinese, incontrando a Nanchino il segretario generale Onu Ban Ki-moon, sudcoreano, a rivelare che la Cina, per aspirare a diventare la super-potenza del secolo, sa di dover «risolvere la questione coreana» e di dover «aprire un confronto con le religioni».
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In cambio, a comunità internazionale e Vaticano, Pechino chiede Taiwan e Hong Kong, più «una via cinese al potere spirituale », ossia il primato assoluto del partito comunista. L’ala conservatrice del partito invece nelle ultime ore ha lanciato un vero e proprio «allarme Papa». Il Quotidiano del popolo ha definito «eccessivi ed esagerati» gli appelli di Francesco alla riunificazione tra le due Coree, osservando che «i tempi non sono maturi», che «ogni scelta va lasciata alle nazioni interessate» e che «le chiese non devono promuovere processi politici».
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Per i nostalgici di Mao, il crollo del regime di Pyongyang resta un incubo, «il primo passo verso la caduta del comunismo e l’avanzata dell’Occidente anche in Cina». Alti funzionari di Pechino, ricordando l’«effetto Wojtyla sul Muro di Berlino e sull’Urss»» rivelano che l’ostacolo non è «questo Papa», ma «l’urto storico del cattolicesimo». Uno dei dirigenti della scuola del partito ha detto ieri che «Francesco forse non è uno sponsor politico dell’Occidente, ma resta il leader della religione occidentale di riferimento, pericolosa sia per la stabilità del potere che per la cultura tradizionale della nazione».
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Tra accelerazioni e frenate, Pechino così aspetta e per ora tende la mano al Papa solo per «migliorare le relazioni diplomatiche » con il Vaticano. Resta invece solido il “Muro dell’Asia” che divide le due Coree. Nessun coreano del Nord ha potuto raggiungere il Sud per seguire il pontefice, no al permesso di sorvolo, non una notizia sui media del regime, consuete minacce contro Seul e Washington. Messaggio chiaro, indirizzato soprattutto contro le tentazioni dell’alleato cinese.
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