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        PER BACCO, CADE L’ULTIMO TABÙ DEL CHIANTI! – IL CONSORZIO VINO CHIANTI ACCOGLIE SOTTO IL SUO BRAND IL ROSÉ: UN “SACRILEGIO” PER GLI AMANTI DI UNO DEI VINI ROSSI PIÙ FAMOSI D’ITALIA – LA “RIVOLUZIONE” È DETTATA DALLA VOLONTÀ DI ACCONTENTARE I MERCATI ESTERI: “IL CANADA CI HA GIÀ DETTO D'ESSERE MOLTO INTERESSATO A QUESTO NUOVO PRODOTTO” – A DIFFERENZA DAL ROSSO, CHE VIENE PRODOTTO CON IL 70% DI UVA SANGIOVESE, PER LA NUOVA DOCG ROSÉ NE BASTERÀ IL 50%, A CUI POTRANNO AGGIUNGERSI…
Estratto dell’articolo di Michele Bocci per “la Repubblica”
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2025/10/30/news/chianti_rose_enologia-424946714/
Sono stati secoli di rosso profondo, rubino o granata a seconda dell'invecchiamento. […] Un identikit ben noto a tutti i consumatori, che adesso però dovranno aggiornarsi, perché il vino italiano più conosciuto ha deciso di accogliere sotto il suo brand un nuovo figlio dell'uva Sangiovese: il Chianti rosé.
La rivoluzione ha certamente fini commerciali, di apertura verso un mercato che cambia, ed è stata ufficializzata prima dal Consorzio dei produttori e da poco, il 20 di ottobre, da una delibera della giunta della Regione Toscana, che dà il via libera alla nascita di una nuova docg. […] Manca l'ok del ministero dell'Ambiente, che però ha già discusso della richiesta dei produttori insieme alla Regione e si dovrebbe esprimere a breve. Positivamente.
«Se ce la fanno per la metà di dicembre metteremo in commercio il Chianti rosé 2025. Il Canada ci ha già detto che è molto interessato a questo nuovo prodotto», dice il presidente del Consorzio Giovanni Busi. Il Consorzio vino Chianti non va confuso con quello del Chianti Classico. Il secondo, con il simbolo del gallo nero, raccoglie aziende nelle colline tra Firenze e Siena, che mettono sul mercato meno bottiglie ma più costose.
Il primo, quello di cui si parla qui, riunisce invece i produttori di sei province […] e mette in commercio etichette come "Chianti", "Chianti superiore" o dei colli aretini, fiorentini, senesi, delle colline pisane, del Montalbano, di Montespertoli, di Rufina. In un anno sono ben 80 milioni le bottiglie vendute, almeno un quinto delle quali finiscono negli Usa. Il giro d'affari per i 2.500 produttori è tra i 400 e i 500 milioni di euro.
Per fare un Chianti "tradizionale", dice il disciplinare, ci vuole almeno il 70% di Sangiovese. Per la nuova docg rosé ne basterà il 50%, «a cui potranno andare ad aggiungersi vitigni a bacca rossa e/o bianca autorizzati alla coltivazione nella regione Toscana», è scritto nella delibera approvata dieci giorni fa.
Un duro colpo alla tradizione? Non per Giovanni Busi e i membri del Consorzio vino Chianti.
«Siamo stati tutti d'accordo sulla novità — dice il presidente — Se non ci fossero stati i numeri non saremmo andati da Regione e ministero. Del resto, i consumi del rosé stanno crescendo e ci siamo detti: perché non andare incontro al mercato? In certi contesti, in particolare all'estero, il nuovo vino avrà appeal, perché abbinerà il nome Chianti a un colore molto richiesto dai consumatori». Come fa osservare sempre Busi, già oggi la gran parte dei produttori del Consorzio producono anche dei vini rosé. Adesso però potranno chiamarli Chianti.
 
						
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