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Dal corriere.it
Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani
A troncare le velleità patrimoniali della ex compagna di cella di Patrizia Reggiani a San Vittore, installatasi a titolo di «assistente» contrattualizzata e convivente nella favolosa villa milanese dell’ex moglie dello stilista Maurizio Gucci - fatto uccidere da Reggiani nel 1995 - è stato alla fine il loro domestico cingalese.
Il quale ha portato al nuovo amministratore di sostegno della Reggiani due audio con la prova sonora di come Loredana Canò - ex compagna di reclusione nel 2012 di Reggiani quando l’una era in cella per detenzione d’arma modificata e ricettazione, e l’altra per l’omicidio Gucci costatole 26 anni di condanna - stesse ora «sfruttando la fragilità psichica» dell’amica milionaria; e «attraverso vessazioni, violenze, ossessivo controllo e manipolazioni» stesse volgendo «a suo esclusivo vantaggio le importanti possibilità economiche della Reggiani», segnata dal 1992 dalle conseguenze neurologiche dell’asportazione di un tumore al cervello.
Per questo la IX sezione del Tribunale civile di Milano ha emesso nei confronti di Canò - senza che sia emerso nelle scorse settimane - un «ordine di protezione» di Reggiani: cioè una misura con la quale la giudice tutelare Piera Gasparini ha intimato all’assistente di Reggiani (una volta licenziata dall’amministratore di sostegno) di allontanarsi dalla lussuosa abitazione dell’ereditiera, di non avvicinarsi più ai luoghi abitualmente frequentati da Reggiani, e di «cessare la condotta pregiudizievole» con la quale avrebbe sinora «indebitamente condizionato la vita privata» di lady Gucci «al fine di manipolarla e orientarne la volontà».
patrizia reggiani con madre e figlie
La misura non va confusa né con l’inchiesta penale iniziata in aprile dalle pm Tiziana Siciliano e Michela Bordieri, che per l’ipotesi di «circonvenzione di incapace» avevano indagato Canò assieme al precedente amministratore di sostegno e all’avvocato a capo della Fondazione beneficiata dal testamento della madre di Reggiani, Silvana Barbieri; né con la misura cautelare dell’«allontanamento dalla casa familiare», che richiede gravi indizi di reato. È invece un istituto civile che argina un «grave pregiudizio all’integrità morale» di un convivente, qui per la prima volta utilizzato su rapporti non affettivi ma di lavoro.
Tra gli elementi valutati, il fatto che Reggiani nel maggio scorso obiettasse all’amministratore di sostegno temi che leggeva (senza capire) da un bloc notes vergato da una grafia diversa dalla sua; e la perquisizione della Finanza che ha trovato e sequestrato «telecamere, registratori, microfoni finalizzati al controllo degli ambienti e delle registrazioni».
Da ultimo è arrivato il domestico: prima a raccontare come l’assistente trattava Reggiani, e poi a consegnare gli audio «dal cui ascolto emergeva la dettatura, da parte della Canò, di un comunicato nel quale Reggiani avrebbe dovuto riferire ai giornalisti il malcontento per l’operato del giudice tutelare e del nuovo amministratore di sostegno».
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