1.BENVENUTI ALLA FIERA DELL’IMPUNITÀ. LA CORTE D’ASSISE DI ROMA DECIDE CHE STEFANO CUCCHI SI È LASCIATO MORIRE E HA FATTO TUTTO DA SOLO, BOTTE E LIVIDI COMPRESI 2. UNO DEGLI AGENTI ASSOLTI: “SONO STATO ACCUSATO DI BARBARIE. PARAGONATO A NAZISTI SPIETATI, IO NON AUGURO PROPRIO A NESSUNO DI SUBIRE QUELLO CHE HO SUBITO” 3 POI PASSA IL SINDACALISTA DEI POLIZIOTTI, CERTO TONELLI, E INFIERISCE SU CUCCHI: “SE UNO DISPREZZA LA PROPRIA SALUTE E CONDUCE UNA VITA DISSOLUTA, NE PAGA LE CONSEGUENZE”. 4. GRAMELLINI: “PER L’ACCUSA STEFANO CUCCHI SAREBBE MORTO IN CARCERE DI BOTTE E STENTI. PER IL PRIMO GIUDICE ‘SOLTANTO’ DI FAME E DI SETE. PER LA CORTE D’ASSISE NEANCHE DI QUELLO. NE DOVREMMO DEDURRE CHE SIA ANCORA VIVO. O CHE SI È AMMAZZATO DA SOLO"

1.«Non ci sono prove» Nessun colpevole per la morte di Cucchi

Fulvio Fiano per “Il Corriere della Sera”

 

Doveva essere un passo avanti verso la verità (in qualunque direzione andasse) è stato un passo indietro sulla comprensione di quanto accaduto. La morte di Stefano Cucchi resta senza colpevoli. Le foto giganti del suo volto livido e tumefatto mostrate nelle repliche finali dall’avvocato della famiglia Fabio Anselmo assumono a cose fatte il sapore della mossa disperata di chi aveva fiutato l’aria: «È quello che temevo — dice ora il legale —, c’era un clima omertoso da processo di mafia».

 

Stefano CucchiStefano Cucchi

La sentenza in appello cancella quelle che sembravano certezze acquisite in primo grado: i medici condannati per omicidio colposo (e che la Procura, forte di una perizia in questo senso, accusava del più grave abbandono di incapace) sono assolti perché non è raggiunta la prova della colpevolezza (l’insufficienza di prove nel vecchio codice). Sono il primario del Reparto detenuti del «Pertini», Aldo Fierro, i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo e Rosita Caponetti (condannata per la cartella clinica falsificata).

 

Quanto agli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe e gli agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici è confermata l’assoluzione in primo grado di una sentenza che pure raccontava di gravi negligenze nel non curare un paziente smagrito e sofferente per un possibile pestaggio (già fuori dall’inchiesta i carabinieri che arrestarono il 31enne). In Appello il procuratore generale chiedeva la condanna per tutti.

 

«Insieme ai miei colleghi sono stato accusato di barbarie. Paragonati a nazisti spietati, non auguro a nessuno di subire quello che abbiamo subito noi. Ma io, noi siamo innocenti. Ve la siete presa con la persona sbagliata», aveva detto in aula prima che la corte si riunisse per deliberare, l’agente Minichini. «Il punto nodale era ed è che esistono dubbi sulla causa di morte di Cucchi, e questo esclude la responsabilità del medici», ragiona l’avvocato Gaetano Scalise, difensore del primario Fierro.

Il corpo di Stefano Cucchi Il corpo di Stefano Cucchi

 

«Oggi c’è stata una giustizia vera; non era giusta la nostra assoluzione senza anche quella dei medici, sono felice», commenta l’infermiere Flauto. «L’effetto mediatico che qualcuno ha voluto portare alla ribalta non ha sortito alcun effetto — dice Corrado Oliviero, legale di uno degli agenti —. Se avessero avuto più coraggio i primi giudici avrebbero emesso questa sentenza». Soddisfatto Gianni Tonelli, segretario del sindacato di polizia: «Bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli. Se uno disprezza la propria salute e conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze».

 

stefano cucchistefano cucchi

Sul fronte opposto Amnesty International-Italia parla di «Verità e giustizia ancora più lontane». «Ha prevalso lo spirito di corpo. Nei casi di tortura e di violenze istituzionali, nel nostro paese, perseguire i responsabili è operazione tragicamente impossibile», accusa Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Vicinanza alla famiglia Cucchi arriva anche da Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi («È un dolore molto grande, che si somma a tutti gli altri») e Giorgio Sandri, il papà del tifoso della Lazio ucciso da un agente della Polstrada nel 2007 sull’A1 («Ci si sente abbandonati. Ci si porta dietro un lutto che non passerà mai»). «Senza parole» il sindaco Ignazio Marino: «Massimo rispetto per i giudici, ma questa sentenza è dissonante rispetto alle conclusioni formulate dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato».

 

Tre giorni fa l’assemblea capitolina ha votato a favore dell’intitolazione di una piazza a Stefano Cucchi. La famiglia donerà un casale al Campidoglio per farne un centro di assistenza ai tossicodipendenti. Dopo la sentenza di primo grado il Pertini ha risarcito con un milione e 340 mila euro la famiglia del 31enne. A fare appello erano stati da fronti opposti la procura e i medici.

 

 

2. “Lo sfogo della sorella in lacrime: ‘Giustizia malata. Chi canta vittoria deve solo vergognarsi’”

Maria Novella De Luca per “la Repubblica”

 

ILARIA CUCCHIILARIA CUCCHI

«Ieri mattina avevo paura, temevo che le cose potessero andare male, per darmi coraggio continuavo a pensare a Stefano, al suo sorriso, alla sua dolcezza, e poi a quei segni atroci sul suo corpo, e mi dicevo avremo la verità, lo Stato troverà chi l’ha ucciso. Invece no. Stefano è stato massacrato, ma questa giustizia malata non ha saputo dare un volto a chi l’ha portato alla morte ». Ilaria Cucchi è stanca, stremata, ha pianto più volte durante la lettura della sentenza, ma non c’è poi un filo di cedimento in lei, e nemmeno in Giovanni e Rita, i suoi genitori, oggi soltanto un po’ più curvi di cinque anni fa, era l’ottobre del 2009, e Stefano morì da solo in un letto dell’ospedale Pertini di Roma.

 

Ilaria, cosa temeva di questo processo d’appello?

«Nonostante il clima fosse cambiato, grazie al grande lavoro del procuratore generale, sapevo quanti dubbi aveva la corte, quanto le indagini fossero state fatte male, e comunque quanta resistenza c’è quando lo Stato deve giudicare se stesso. Mi aspettavo però, al peggio, la restituzione degli atti, non che fossero tutti assolti».

 

In aula avete di nuovo mostrato le gigantografie dove si vede il corpo di Stefano pieno di ferite...

Ilaria Cucchi candidata con IngroiaIlaria Cucchi candidata con Ingroia

«Infatti, mentre l’avvocato le mostrava pensavo che nessuno avrebbe potuto più negare l’evidenza. E cioè il selvaggio pestaggio subito da Stefano proprio nel Palazzo di giustizia di Roma, esattamente nello stesso luogo dove si è svolto il processo. Sevizie accertate, ma il paradosso è che per i giudici sono senza colpevoli».

 

Si ritorna a cinque anni fa allora? Stefano morto di morte naturale nel reparto protetto di un ospedale?

«No, perché dopo due processi è evidente che la verità è un’altra. Ed è proprio per dimostrare che quel certificato di morte era falso, e che Stefano è morto in seguito a violenze subite nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma, che da cinque anni portiamo avanti questa battaglia che ci ha logorati e stremati».

 

Battaglia che continua.

«E come possiamo fermarci? In questi cinque anni ho sentito una feroce ostilità verso la mia famiglia, al processo di primo grado una valanga di fango ha coperto il ricordo di Stefano, un ragazzo che aveva sbagliato certo, ma che stava provando a rialzarsi. Anche arrivare al primo processo è stato un miracolo. Ho sofferto in modo indicibile ma lo rifarei. Andremo in Cassazione, e avanti ancora, lo dobbiamo a Stefano».

Stefano CucchiStefano Cucchi

 

Suo padre ha detto che lo Stato si è dimostrato incapace di trovare i colpevoli che sono al suo interno.

«Ho visto quanto le istituzioni facciano muro attorno a se stesse in processi come quelli per mio fratello, o per Federico Aldrovandi, o Giuseppe Uva. Prima di tutto lo Stato si protegge, anche a costo di negare verità conclamate».

 

Fabio Anselmo, il vostro avvocato, ha parlato di omertà, come in un processo di mafia.

«È così, è andata così, a cominciare dalle indagini fatte male fin dall’inizio. Con la voglia di liquidare in fretta la pratica, per i medici, per la polizia, Stefano era un tossico morto in ospedale, uno dei tanti. Invece no. Stefano era mio fratello, e in ospedale ci era arrivato perché massacrato mentre era in carcere e dunque sotto la tutela della Giustizia».

 

In primo grado, durante il processo, i parenti degli imputati vi fecero il segno del dito medio alla lettura della sentenza. Ieri il Sap, il sindacato di polizia, ha dichiarato che chi abusa di droghe ne paga le conseguenze. E che non è giusto che queste responsabilità vengano scaricate su servitori dello Stato.

«A Tonelli, che di quel sindacato è segretario generale, dico soltanto di vergognarsi. E di ripensare al corpo di mio fratello devastato dalle ferite».

 

Ilaria, lei sa che per avere giustizia potrebbero volerci ancora molti anni. Non siete stanchi?

«Siamo stanchissimi, esausti, ma abbiamo intorno anche una solidarietà incredibile. È questa la forza della mia famiglia. E poi lo dobbiamo a Stefano e a quanti sono morti vittime dello Stato ».

 

 

Stefano CucchiStefano Cucchi

3. “Chi è Stato?”

Massimo Gramellini per “La Stampa”

 

Recita il ritornello: le sentenze si rispettano. Però non possono diventare lotterie, come accade quando sugli stessi fatti il giudizio d’appello smentisce, ribaltandolo, il processo precedente. Per l’accusa Stefano Cucchi è morto in carcere di botte e di stenti. Per il primo giudice «soltanto» di fame e di sete. Per la corte d’assise neanche di quello. Ne dovremmo dedurre che sia ancora vivo. O che si sia ammazzato da solo. E infatti è questa la versione che ci vogliono apparecchiare: Cucchi si sarebbe lasciato morire di inedia. Se medici e infermieri hanno una colpa, è di non avere insistito con la forza per nutrirlo. Una «responsabilità morale» ammette persino Giovanardi.

 

E le fratture? E gli occhi pesti? E il corpo preso in consegna vivo dallo Stato e restituito cadavere alla famiglia? Una famiglia che ha sempre rispettato e aiutato le istituzioni, al punto di fornire prove a carico del figlio sul possesso di droga. Toccherà alla Cassazione mettere il timbro su questa storia allucinante, dove il latinorum dei giudici è contraddetto dalla potenza persuasiva delle foto. Purtroppo abbiamo fin d’ora una certezza: che quando una delle due sentenze risulterà sbagliata, nessun magistrato pagherà per il suo errore.?

 

Stefano CucchiStefano Cucchi

P.S. Solidarietà ai poliziotti e agli agenti penitenziari che accettano di farsi odiare dal prossimo per 1200 euro al mese. Ma il portavoce di un loro sindacato che - di fronte alla morte impunita di un uomo - dichiara: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute e conduce una vita dissoluta, ne paghi le conseguenze», dovrebbe fare soltanto una cosa. Vergognarsi.