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Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
Ventisette casi di Covid (9 dei quali asintomatici) in una città di 18 milioni di abitanti. E un'altra metropoli cinese torna a "chiudere". Dopo Shanghai tocca a Guangzhou, grande distretto manifatturiero della Cina meridionale, il più grosso aeroporto a nord ovest di Hong Kong, dove, secondo le autorità sanitarie, si sta espandendo la nuova ondata di Omicron che Pechino intende affrontare con misure rigidissime nonostante il numero dei positivi (26.000, la maggior parte dei quali asintomatici a Shanghai), se parametrato con quelli che si registrano ormai da mesi in Occidente, sia assolutamente modesto.
Degli appena 1.184 casi nelle ultime 24 ore registrati dalla Commissione sanitaria, i 27 di Guangzhou hanno aperto un nuovo fronte nella politica della "tolleranza zero" con cui da sempre le autorità cinesi hanno affrontato il coronavirus. E l'attuale ondata di Omicron sta comunque facendo registrare nelle regioni orientali del Paese un numero record di infezioni che non si vedeva dalla prima metà del 2020.
I 27 casi di Covid sono stati sufficienti a chiudere (intanto per una settimana) tutte le scuole primarie e secondarie di Guangzhou dove le autorità hanno subito ordinato test di massa per i 18 milioni di abitanti. Vietato entrare e uscire dalla Regione senza un tampone negativo fatto nelle 48 ore precedenti. Eventi pubblici sospesi e un centro espositivo immediatamente trasformato in ospedale per far fronte alla nuova "emergenza".
In lockdown restano i 17 milioni di abitanti della vicina Shevchenko e i 26 milioni di Shanghai, dove su 26.100 casi solo 914 presentano dei sintomi. Rigoroso isolamento (con centinaia di migliaia di persone costrette nelle strutture dedicate alla quarantena) e test di massa sono gli strumenti sui quali le autorità sanitarie cinesi non transigono nonostante le proteste a Shanghai per carenza di cibo e servizi medici anche se le autorità cittadine affermano di avere assicurato forniture giornaliere. Visto l'isolamento, molti condomini hanno deciso di fare una sorta di spesa collettiva per rifornire interi edifici dai quali è vietato uscire.
La rigida linea di contenimento del virus ha innescato una nuova polemica tra Cina e Stati Uniti. L'Ambasciata statunitense in Cina ha emesso un avviso in cui chiede ai propri connazionali di "riconsiderare" eventuali viaggi in Cina, a causa dell'ondata di contagi e delle restrizioni in atto e dell'applicazione "arbitraria" delle leggi locali. La Cina, con il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, ha ritenuto «infondate» le accuse sulla politica sanitaria.
Ma anche la Camera di commercio dell'Unione europea in Cina ha fatto le sue rimostranze per le misure che stanno costringendo molte aziende a sospendere la produzione o a ritardare le consegne per le restrizioni in atto e la difficoltà negli spostamenti.
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