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Estratto dell’articolo di Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Dell’amore tra Annie Ernaux e un ragazzo di trent’anni più giovane esisteva finora il racconto della futura Nobel: Frammenti attorno a Philippe V. , breve testo pubblicato in una rivista nel 1996, poi L’occupazione (2002) e soprattutto Il ragazzo (editi in Italia da L’orma, come pressoché tutta l’opera di Ernaux), scritto nel 2022 pochi mesi prima di ricevere il più ambito premio della letteratura mondiale.
Ma di quella relazione durata cinque anni ora esiste anche la versione dell’ex studente, Philippe Vilain, ormai 55enne docente di Letteratura francese all’Università Federico II di Napoli. Vilain ha deciso di venire allo scoperto scrivendo Mauvais élève , «Cattivo allievo», che giovedì arriverà nelle librerie francesi pubblicato da Robert Laffont.
E il suo racconto non è lusinghiero per la donna che lo trattava da plouc , «tamarro», quando lei aveva 53 anni e lui 24 e la scrittrice esibiva fieramente al ristorante quell’amante «che avrebbe potuto essere mio figlio», come Ernaux stessa scrive nel Ragazzo prendendosi gioco delle convenzioni borghesi. Cattivo allievo lui, cattiva maestra lei, sembra voler dire con quel titolo Philippe Vilain.
Perché accanto alle pagine piene di gratitudine per il ruolo di «iniziatrice» che Ernaux ha svolto per lui, per i libri fatti scoprire e per i viaggi condivisi alla scoperta del mondo, Vilain sembra non avere apprezzato il tono con il quale Ernaux lo descrive, e neanche quell’atteggiamento di dominazione che lei nel Ragazzo rivendica come gesto femminista.
«Nei tre testi che le ho ispirato, il giovane uomo non è un essere pensante — dice Vilain in un’intervista all’ Express —; non sono più che un corpo, è un processo violento... Capovolgiamo le cose per un istante: se oggi, a 55 anni, io scrivessi La ragazza usando gli stessi termini che Annie Ernaux ha usato per me, quel libro sarebbe apprezzato? O verrebbe invece messo all’indice?».
[...]
Vilain racconta delle manifestazioni della sinistra di Jean-Luc Mélenchon alle quali Ernaux partecipa gridando «Siamo tutti figli di immigrati», ma anche del suo infastidito silenzio quando poi si trova a dover condividere un pranzo con un sans-papiers algerino.
L’ex studente racconta della «vita lussuosa» della sua mentore nella villa borghese di Cergy, delle sue «numerose indagini per comprare una residenza secondaria» e della «raffinatezza bizantina per il cerimoniale della cena», e potrebbe sembrare il solito processo a chi non può dichiararsi di sinistra se non poverissimo, pena l’accusa di radical chic . [...]
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