DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«La sintassi, che diavolo non dico tanto, ma almeno la sintassi. (…) Quelli avevano anche l’aroma terapia (…) e voi nemmeno un livello ba-si-co!». Che difficile mestiere deve essere quello della tenente di Vascello Francesca Mola, capo dell’ufficio contratti della Marina di Taranto, primo militare donna della storia d’Italia arrestato per una storia di mazzette. Perché a 31 anni, nonostante «il liceo classico e un 110 e lode» dei quali si vantava, deve essere assai complicato pilotare un appalto da undici milioni di euro.
Non deve essere facile soprattutto se l’imprenditore amico presenta, parole della tenente, un progetto così «sgrammaticato» e invece quello degli avversari «è dettagliato, preciso, sotto tutti i punti di vista, insomma eccezionale».
Eppure: «Sono tranquilla» rassicurava Mola, mentre insieme con il suo superiore, Giovanni Di Guardo (beccato con in tasca una tangente da 2.500 euro), capo della Maricommi della Marina di Taranto, indirizzava l’aggiudicazione alla ditta peggiore, la Teoma, società dell’imprenditore Vincenzo Pastore, della gara per il servizio di pulizia e sanificazione per i prossimi tre anni della Marina militare a Taranto e a Napoli.
Nelle ultime 72 ore il pm Maurizio Carbone ha arrestato tre persone (Mola, Di Guardo e Pastore) per tangenti. Non si tratta però di un caso isolato. Negli ultimi 18 mesi ne ha arrestati altri 11, di cui otto militari e tre civili, che a novembre siederanno sui banchi degli imputati per l’avvio dell’udienza preliminare.
E chissà che altro succederà nelle prossime settimane, visto che — scrive il gip Valeria Ingenito nell’ordinanza di custodia — «l’arresto Di Guardo e del Pastore costituisce soltanto un “momento” nell’ambito di una più complessa indagine, dalla quale sono già emersi elementi di prova circa la partecipazione degli indagati ad una vera e propria struttura associativa in grado di “pilotare” numerosi appalti».
Per spiegare bene la storia, però, bisogna tornare a marzo del 2014 quando fu arrestato in flagranza il comandante della Marina Roberto Lagioia con una mazzetta da duemila euro in tasca.
Lagioia collaborò e il vaso di Pandora si aprì: “il sistema 10 per cento”, lo definirono gli inquirenti per spiegare che da anni a Taranto, alla Marina Militare, chiunque si aggiudicasse un appalto doveva lasciare il 10 per cento di pizzo, imposto dai militari «in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia, come fa la malavita organizzata».
Dopo la scandalo la Marina (che anche ora assicura «pulizia e collaborazione») intervenne. E mandò a Taranto con l’incarico di «fare chiarezza e trasparenza » il comandante Giovanni Di Guardo, l’uomo che giovedì è stato scoperto con una mazzetta da 2.500 euro, acconto di una tangente da 200mila.
Certo la scelta di Di Guardo era stata per lo meno azzardata, visto che in passato aveva avuto una condanna per truffa militare. E così il “truffatore” c’è ricascato. Sul suo tavolo è arrivato un appalto da 11 milioni e non si è tenuto. «Non abbiamo ancora cominciato ed è venuto con questi!» diceva orgoglioso alla compagna romena, sventolando la busta, dopo aver salutato l’imprenditore. «Chiamo mia madre così impazzisce».
Ed ecco che la signora comincia a far frusciare le banconote, registrate in diretta dalla Finanza che aveva craccato l’iPhone del comandante rendendolo un microfono. L’accordo corruttivo prevedeva una tangente complessiva da 200mila euro e un suv dell’Audi.
Ma Di Guardo non poteva fare da solo. «Serve la piccinina », la ragazza. Chi? Francesca Mola, la tenente che Di Guardo aveva portato con sé da Roma per moralizzare. E per questo destinata al delicatissimo ufficio appalti. «Sono tutti convinti che sia la mia amante!» rideva con la fidanzata. «Ma io l’ho presa e l’ho messa là perché ho capito che a questa qua i soldi gli piacciono! ». E lei che ci guadagna? domanda la fidanzata. «Quaranta, cinquantamila euro (…). Su quello che guadagna quello (l’imprenditore, ndr) poi dopo facciamo le parti (…), magari le costruiscono una parte di casa invece di dargli i soldi: che so il soggiorno, la cucina, il tinello».
Di Guardo aveva invece grande esperienza su come fare circolare il denaro. Come lui stesso spiega a Pastore: «Ho una fiduciaria a Malta: da lì posso spostare i soldi sul conto corrente della piccina (la fidanzata, ndr) che c’ha in Romania, quindi faccio un’operazione estero su estero. Poi dal suo conto romeno passa i soldi a se stessa su un conto italiano ». Chiarissimo.
Mola è parte attiva del piano. Tanto che incontra in un appartamento a Taranto Pastore. E spiega, alla presenza di Di Guardo, che la situazione è difficilissima, perché la proposta concorrente è molto migliore. Trova la soluzione: consegna all’imprenditore amico l’altro progetto per copiarlo, apportando alcune modifiche. E poi ci penserà lei ad allegarlo dietro alla vecchia proposta, dove ci sono già le firme del resto della commissione. «Questa è fenomenale!», commentavano, orgogliosi, i commensali.
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