DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Fabio Amendolara per "la Verità"
Le prassi mai codificate del rito ambrosiano, in vigore nella Procura più a sinistra d'Italia, ovvero quella di Milano, procedure che in altre zone d'Italia manderebbero sulle barricate gli avvocati, sono state riassunte per la prima volta in un verbale d'interrogatorio firmato lo scorso 19 maggio dal pm Paolo Storari, indagato per rivelazione del segreto d'ufficio dopo aver maneggiato il fascicolo sulla loggia Ungheria. La storia che Storari prospetta al procuratore di Brescia Francesco Prete parte dalle indagini sul complotto Eni e dalle ritrattazioni di Vincenzo Armanna.
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E passa per le verità dell'avvocato Piero Amara, arrivato in Procura a Milano per confermare la ritrattazione di Armanna e finito a svelare l'esistenza della loggia Ungheria. Sono i primi giorni del mese di dicembre del 2019, quando, dopo l'ennesimo verbale riempito da Amara, Storari segnala alla collega, procuratore aggiunto, Laura Pedio, la necessità di affidare alcune deleghe per identificare le persone che l'avvocato siracusano indicava come appartenenti alla loggia. La comunicazione alla collega, però, stando al racconto di Storari, sarebbe caduta nel nulla: «Mai risposto».
«Ma questo», annuncia, «è un cinquantesimo di quanto ho vissuto». Storari parte da un assunto: c'erano delle dichiarazioni da approfondire. E mostra un articolo della Verità sulle chat di Luca Palamara, dalle quali era emerso che l'ex consigliere del Csm Marco Mancinetti avrebbe brigato per ottenere le tracce del test di Medicina per suo figlio. «Noi», spiega Storari, «avevamo dichiarazioni di Amara che diceva esattamente questo». Il pm sembra ragionare tra sé: «Come per dire... guarda che forse qualche riscontro fesso fesso iniziamo ad averlo... dobbiamo fare qualcosa».
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Ma anche in questo caso, lamenta la toga, «non ho mai ricevuto risposta [...] io non vengo manco considerato... un muro di gomma...». Non è finita. Arriva febbraio 2020. Storari interroga Giuseppe Calafiore, l'uomo un tempo più vicino ad Amara. «Gli viene fatta una domanda», spiega Storari, «esiste Ungheria? «Sì esiste ungheria», questa è la risposta [...] abbiamo già due soggetti che si autoaccusano e a tre mesi circa dalle dichiarazioni non si iscrive nessuno... non si fa nulla».
Ma Storari comincia a tremare quando Armanna si presenta in Procura con una foto del primo verbale di Amara sulla loggia: «Iniziano le fughe di notizie...», dice. E spiega come avrebbe agito se avesse potuto farlo a modo suo: «Il tempo non gioca a nostro favore...queste robe son da fare in un mese... giorno e notte». E siccome «questi», argomenta Storari riferendosi ai suoi capi, «si sono infrattati il fascicolo per cinque mesi», aggiungendo, «mi perdoni dottor Prete, non c'è un atto istruttorio per un anno e mezzo», comincia a preoccuparsi non poco.
«Questo (riferito ad Amara, ndr) ha cominciato a parlare a dicembre 2019, il fascicolo è andato a Perugia, con quattro sit schifose, a gennaio 2021. Le sembra una cosa ammissibile con quelle dichiarazioni?». A quel punto si è chiesto: «Ma scusate, non è che dopo ci vado di mezzo io alle mancate iscrizioni?». E ha deciso di parlare con Piercamillo Davigo, all'epoca consigliere del Csm. Il procuratore Prete gli spiega che «di fronte a una situazione del genere aveva delle strade possibili da percorrere... la prima: rinuncio alla coassegnazione... la seconda: riferisco al procuratore generale perché eserciti i poteri di vigilanza... la terza... investo il Csm ufficialmente... perché lei sceglie una quarta informale, irrituale... forze illegittima... Perché?».
Storari risponde: «Io a Greco (il capo della Procura di Milano, prosciolto dalle accuse, ndr) l'ho detto e la risposta che ho avuto [...] «ti faccio il procedimento disciplinare»... seconda cosa, non lo dico a Greco perché è la stessa persona che mi ha detto "teniamo questo fermo"». Inoltre, «il procuratore generale in quel momento non c'era». E spiega anche perché non ha scelto di rinunciare al fascicolo: «Non volevo dargliela vinta e lasciarli da soli. Io ho sempre cercato di portare avanti questo fascicolo... In pieno Covid andavo in giro come un coglione, da solo, per l'Italia... cercando riscontri e smentite».
Poi si sfoga: «E l'unica volta, cazzo, in cui mi sono permesso di dire facciamo i tabulati, questi mi volevano aprire un disciplinare... di fronte a un fascicolo di questa portata. Non stiamo parlando di una truffa alle assicurazioni... stiamo parlando di robe devastanti per il Paese... e gliel'ho detto 200 volte... facciamo veloce che ci esplode tra le mani... e così è successo. Ma non per colpa mia. Perché è rimasto un anno e due mesi nel cassetto».
Quando Prete gli chiede lumi sulla competenza territoriale, Storari scatta: «Ma ha visto chi c'è in questa loggia? Asseritamente chi ne fa parte? Il dottor Luigi De Ficchy. Cosa faceva? Il procuratore di Perugia. Allora... Perugia poteva essere competente? Dottor Prete lo chiedo a lei?». Prete all'improvviso, per un attimo, deve essersi trovato in una situazione scomoda, a ruoli invertiti. E bofonchia: «Ma io...». Storari lo toglie dall'imbarazzo: «Mi perdoni... la mia domanda è retorica ovviamente».
Ma rilancia: «E allora di che cosa stiamo parlando? Roma non è competente perché ci sono due aggiunti... ma nemmeno Perugia perché c'è De Ficchy. Perché se vogliamo proprio fare i precisini sulla competenza li facciamo... neanche Perugia è competente e sa qual è il grande stratagemma trovato per mandarla a Perugia? Grande, fantasioso... si separa De Ficchy, si manda a Firenze... e tutto il resto si manda a Perugia».
Con questo principio avrebbero dovuto spacchettare e inviare fascicoli per mezza Italia con le posizioni di tutte le toghe citate da Amara. «A fine agosto», ricorda Storari, «si decide: va a Perugia, punto. Con quel mastruzzo di De Ficchy [...] da settembre altri quattro mesi questo fascicolo rimane fermo». A gennaio 2021 cominciano le riunioni a Perugia. Ma Storari le vede così: «Scusate... che qui si sta vendendo fumo... sì, facciamo le riunioni... vediamo gente... questo ha iniziato a parlare a dicembre 2019... e siamo di fronte a un fascicolo in grado di far cadere il Paese. Lì dentro ci sono i massimi vertici delle forze dell'ordine, componenti del Csm... prelati... questa roba è stata gestita una merda...».
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Storari non le risparmia anche alla Pedio, per un documento inviato al Tribunale di Sorveglianza di Roma: «E poi quella scrive... «ha fornito ampia collaborazione (riferendosi ad Amara, ndr)»... e poi non fa un cazzo... è questo che mi dà fastidio». A Brescia però a un certo punto devono avere avuto l'impressione che qualche indagine, invece, era stata compiuta.
Ma Storari precisa: «Ho l'impressione, ma posso sbagliarmi, che vi hanno venduto delle attività di un altro procedimento (indicando intercettazioni che riguardavano personaggi citati da Amara, ma provenienti da un altro fascicolo, ndr). Voi dovreste essere in grado di vedere se quello che loro dicono di aver fatto si riferisce o meno a Ungheria, perché se non si riferisce a quello è l'ennesima truffa che vi stan facendo».
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