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Maria Luisa Agnese per Liberi Tutti - Corriere della Sera
Nell' epoca dell' eccesso, troppo rumore, troppe informazioni, troppe immagini, troppo cibo, troppe schifezze, c' è un piccolo vecchio strumento del passato che ci può venire in soccorso, il digiuno. Solo lui può liberarci dalle tossine killer, dal troppo di tutto che inquina i nostri corpi e le nostre menti, se lo inseriamo di nuovo con giudizio nella nostra quotidianità. È la tesi, insieme rassicurante e provocatoria, che attraversa il nuovo libro del sociologo Raffaele Morelli, «Il potere curativo del digiuno» (Mondadori), scritto a quattro mani con il figlio Michael, esperto in psicologia del cibo e alimentazione.
Perché il digiuno ci viene in soccorso sicuramente sul piano fisico, liberando il nostro intestino - considerato anche un secondo cervello dalla medicina contemporanea - dalle tossine e dall' infiammazione e stimolando il ringiovanimento delle cellule; ma soprattutto ci soccorre a livello spirituale, purificando la nostra mente e disconnettendola - con effetto solo apparentemente secondario - dal vortice illusorio dell' assedio del mondo esterno.
La mente ha bisogno di rigenerarsi nel vuoto, per ritrovare il nucleo di sé, la nostra radice di energia primordiale, e per arrivare a un' alternanza virtuosa fra nutrirsi e non nutrirsi che eviti l' ingorgo fisico ed emotivo. Come ricordava Johann Wolfgang Goethe «le piante troppo nutrite smettono di dare frutti». E Morelli, padre e figlio, avvertono: «Le pause sono il latte dell' anima, l' astensione dal cibo non viene intesa come privazione ma come allargamento del Sé, come incontro con la nostra immagine più nascosta, che ci trasforma ogni giorno allo stesso modo in cui le radici trasformano la pianta, anche se non ce ne accorgiamo».
La pratica del digiuno come ascesi è stato elemento centrale della rigenerazione dell' uomo sin dall' inizio dei tempi, presente in tutte le religioni.
Ma presto anche i filosofi hanno individuato le doti salvifiche della purificazione sulla nostra mente e così il matematico Pitagora è arrivato a digiunare 40 giorni di seguito come Cristo, per affinare le sue qualità di visione, mentre Socrate e Platone erano scesi a una decina e Plutarco affermava che «digiunare è meglio che usare medicine».
Un filone che è rimasto attivo per secoli in modi abbreviati nella quotidianità e nella tradizione (niente carne il venerdì) per declinare poi nel Novecento industriale e tornare infine a emergere a fine secolo con le cliniche della salute che lo suggerivano come pratica di purificazione e di antistress. Ricordo che da Henry Chenot, a Merano, in un clima da quasi illuminati si partiva con una sera di brodino disintossicante seguita da 24 ore di digiuno per poi riprendere con sette giorni di malinconiche verdure che navigavano solitarie nel piatto. Accompagnate da un senso di sfinito svuotamento.
Oggi nella Silicon Valley trionfa la dieta intermittente del 5:2 - si mangia per cinque giorni e si digiuna per due - predicata dai nuovi innovatori della Valle come Phil Libin, ceo di All Turtles («mi sta aiutando a essere un miglior capo, c' è un' euforia mite») e Geoffrey Woo, amministratore delegato di Hvmn che si è sottoposto a un esperimento per misurare come dopo il digiuno variassero i chetoni nel sangue.
Lo scopo come per i filosofi greci è quello di sviluppare la funzionalità cerebrale e di conseguenza la produttività, e per questo nascono in loco start up finalizzate.
La dieta veloce, messa a punto fra qualche inevitabile contestazione dal britannico Michael Mosley nel libro «The Fast Diet», è di gran sollievo anche per attrici e modelle che la praticano in occasioni pre-mondane per tornare in forma, nelle sue diverse declinazioni. Angelina Jolie è da tempo adepta (non senza qualche polemica di sospetta anoressia) della formula 5 e 2, mentre Gwyneth Paltrow nella versione 16:8, 16 ore digiuna, nelle altre 8 concentra il cibo.
Per nulla mondano invece il nuovo digiuno che si cala nella quotidianità suggerito dai due Morelli che citano nel libro una lettera arrivata a Riza Psicosomatica di cui Raffaele è direttore, dove Carlo, un lettore di 35 anni, raccontava di aver provato a sperimentare il digiuno breve, una sera a settimana, scegliendo il venerdì perché il giorno dopo non andava al lavoro. Ma il venerdì era anche il giorno delle serate con gli amici e presto - raccontava sempre Carlo - era stato sopraffatto dal senso di isolamento e di tristezza, senza contare le battute degli altri, quando diceva di stare a casa e digiunare Di fronte al dilemma fra le serate con amici e le serate con l' amico sconosciuto, che sarebbe l' altro noi, ovvero la nostra matrice più profonda, i due sociologi non hanno dubbi, e raccomandano il secondo, passaggio iniziatico che anche se è destinato a passare dalle forche caudine di uno stato iniziale di buio e di tristezza, alla fine verrà premiato dalla felicità.
Serate purificatrici dunque, al posto di serate mondane, per incontrare il vero sé dopo aver oscurato le trappole intellettuali e le illusioni del mondo esterno, quelle che la sapienza indiana chiamava le fluttuazioni della mente, Citta vritti in sanscrito. «Questo stato di lontananza dal mondo, questa mente vuota, ha capacità energetiche immense: è come un vento che spazza via le foglie secche dell' autunno. Quali sono le foglie secche? Le credenze, gli attaccamenti, le autocritiche, i giudizi, le perdite di tempo inutili».
Si scivola in queste serate tutte per sé come un rito: «Provi a immaginarlo così - suggeriscono i Morelli nella risposta al lettore Carlo -. Quando arriva a casa, prepari un bagno e accenda una candela di cera d' api e dell' incenso. Poi si immerga nella penombra, a occhi chiusi, immagini di essere una goccia nel mare dell' universo. Non è un bagno per lavarsi, pulirsi, purificarsi; serve a diventare consapevoli della percezione dell' acqua. Vada oltre la sensazione di sentirsi escluso dal mondo. Arriverà a sentirsi come una goccia d' acqua che danza nell' oceano della vita: senza volerlo, senza intenzione, si troverà sulla Via, il Tao. Per gli antichi cinesi, infatti, l' acqua è il simbolo della saggezza». E questo è solo l' inizio, il primo scalino, quello del digiuno breve.
Poi ci sono gli altri stadi, più impegnativi, dai tre giorni in su, ad libitum, ma che si possono affrontare con il tempo e con maggiori precauzioni mediche.
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